Multilateralismo

Che cosa imparare
dall’annus horribilis

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30 dicembre 2020

La paura ci ha accompagnato per gran parte del 2020, il virus, la crisi economica, lo stravolgimento delle nostre abitudini di vita, il lockdown, la chiusura delle scuole, la lontananza dagli altri, i tanti morti. Un annus horribilis che sta finendo e che ricorderemo con angoscia. Ma perché non rimanga solo una stagione di gravi danni è importante fare tesoro degli insegnamenti che ogni pandemia porta comunque con sé. È un po’ quello che fa Renzo Tramaglino nell’ultimo capitolo dei Promessi sposi quando elenca ciò che ha imparato dalla sua travagliata vicenda: «Ho imparato a non predicare in piazza; ho imparato a guardare con chi parlo…». Il primo e forse più importante insegnamento che questo 2020 ci lascia è che il male che abbiamo fatto e facciamo all’ambiente, alla natura che ci circonda, ci si ritorce contro immancabilmente.

La quasi certa trasmissione del covid-19 da animale a uomo, ci ha dato un esempio di quale potrebbe essere il futuro che pesa sul pianeta. In solo pochi mesi la pandemia ha messo in crisi lo sviluppo umano, e fatto luce sulle debolezze dei regimi sociali, economici e politici, sulle carenze della sanità nel mondo e sul senso di onnipotenza che attraversa tutti noi. Gli eventi climatici estremi, il crollo della biodiversità, l’acidificazione degli oceani, lo sfruttamento intensivo del suolo, l’inquinamento dell’aria, dimostrano quanto gli esseri umani stiano modificando intenzionalmente il pianeta.

L’Ufficio Onu per la riduzione del rischio di catastrofi (Unsdir) ha rilevato che dal 2000 ad oggi sono state registrate 7.348 calamità naturali (per un costo stimato in quasi 3 mila miliardi di dollari) che hanno ucciso più di 1,2 milioni di persone. Inondazioni, tempeste, periodi di siccità estrema ed incendi, sono raddoppiati negli ultimi due decenni e da qui al 2030 il rischio maggiore, secondo gli esperti, potrebbe derivare dalle ondate di calore. E se tra il 2000 e il 2019 le persone coinvolte in questi disastri sono state 4 miliardi, nei prossimi 10 anni si stima che il clima impazzito possa costare 20 miliardi di dollari ogni anno e causare danni gravi a milioni di persone.

Dunque, se non vogliamo perdere questa sfida, se vogliamo invertire la rotta, prima di arrivare al punto di non ritorno, il 2021 dovrà necessariamente essere un anno di cambiamento, a cominciare dai piccoli gesti e abitudini di ognuno di noi. Così come è indispensabile che la tanto agognata ripresa parta dalla green economy. Lo ha dichiarato più volte, e con forza, il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres: «L’umanità sta dichiarando guerra alla natura, questo è un suicidio». Il 2021, secondo Guterres, è l’ultima spiaggia per arrestare la distruzione del pianeta e iniziare la guarigione. «La ripresa dal covid e il risanamento del nostro pianeta devono essere due facce della stessa medaglia» ha insistito.

Strettamente legati alle emergenze climatiche ci sono poi i conflitti mai sanati nel mondo e la fame che ne deriva, così come l’aumento delle popolazioni costrette dalla violenza e dalla povertà a fuggire dalla loro terra per mettersi in viaggio lungo strade drammaticamente pericolose. Gli sfollati e i rifugiati nel mondo hanno superato la soglia degli 80 milioni e nell’ultimo anno, nonostante le restrizioni di movimento introdotte nel mondo a causa del virus, milioni di persone sono state costrette a lasciare la loro casa a causa di persecuzioni, conflitti e violazioni dei diritti umani. Nonostante l’urgente richiesta di un cessate il fuoco globale durante la pandemia, fatta a marzo dal numero uno dell’Onu, i conflitti e le persecuzioni continuano, soprattutto in Paesi come Siria, Mozambico, Somalia, Repubblica Democratica del Congo o Yemen ma anche in tutta la regione centrale africana del Sahel, dove i civili subiscono violenze indicibili, tra cui stupri ed esecuzioni.

Si potrebbe pensare che tutto ciò, l’inquinamento, le guerre, la fame, sia storia antica. Una storia che la pandemia ha esacerbato aumentando le disuguaglianze, e fomentando i discorsi di odio e il razzismo. Ed è qui che arriva il grande insegnamento di questo annus horribilis: l’importanza dell’educazione, della scuola, dell’apprendere per conoscere, per migliorarsi, per acquisire una coscienza critica che ci consenta di riconoscere le false notizie, di capire l’assurdità della tesi complottiste, del virus che non esiste, inventato da chi «ci vuole far stare buoni». La conoscenza per riconoscere chi parla senza sapere, come ha imparato Renzo Tramaglino sulla sua pelle, chi dubita degli scienziati e della ricerca, chi mette in discussione il vaccino, chi «nega» per principio. Dunque, si riaprano le scuole quanto prima, in sicurezza, e se non sarà ancora possibile si faccia in modo da garantire a tutti la didattica a distanza e internet ovunque perché in qualsiasi parte del mondo possano arrivare informazioni e conoscenza.

di Anna Lisa Antonucci