Si celebra oggi la giornata internazionale

La solidarietà antidoto
al populismo

(FILES) In this file photo taken on August 15, 2011 Somali people living in nearby camps for ...
19 dicembre 2020

La solidarietà, in questo 2020 così travagliato, è stata evocata come non mai. Si è giustamente parlato di solidarietà per il lavoro estenuante di medici e infermieri che hanno fatto fronte all’ondata travolgente di malati negli ospedali e si è parlato di solidarietà anche per i gesti di chi, in tempo di lockdown, ha cantato sui balconi o ha esposto striscioni consolatori con l’ormai famosa frase “tutto andrà bene”. Poi, però, in troppi continuano a non rispettare le regole per contrastare la diffusione del virus, a rifiutarsi di portare la mascherina, a dichiarare che non si sottoporranno alla vaccinazione, a negare l’esistenza del covid-19, che ha già mietuto così tante vittime, a spingere perché si torni presto ad una vita normale, costi quel che costi. Forse è il caso dunque di fermarci un attimo a pensare sul vero significato della parola.

L’occasione ci viene offerta dalla Giornata internazionale della solidarietà che l’Onu celebra ogni 20 dicembre, a ridosso del Natale. Non a caso è sul concetto di solidarietà che si basa il lavoro delle Nazioni Unite fin dalla sua nascita. Con l’obiettivo di promuovere la pace, i diritti umani e lo sviluppo economico e sociale, l’Onu si fonda su un principio di sicurezza collettiva e di solidarietà tra i suoi membri. È in questo spirito che le Nazioni Unite utilizzano la cooperazione per risolvere i problemi economici, sociali, culturali o umanitari internazionali. Nella Dichiarazione adottata dagli Stati membri nel 2000, la solidarietà è definita come uno dei valori fondamentali che devono sostenere le relazioni internazionali nel xxi secolo, insieme alla libertà, all’uguaglianza, alla tolleranza, al rispetto della natura e alle responsabilità condivise. I problemi globali devono essere gestiti a livello multilaterale e in modo tale che i costi e gli oneri siano distribuiti in base ai principi fondamentali di equità e di giustizia sociale. Coloro che soffrono o sono particolarmente svantaggiati meritano l’aiuto dei privilegiati. A questo scopo l’Assemblea generale dell’Onu ha istituito nel 2003 il Fondo globale di solidarietà, con l’obiettivo di eliminare la povertà e promuovere lo sviluppo umano e sociale nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto nelle fasce più povere della popolazione. E molto è stato fatto se i tassi di povertà globale si sono dimezzati dal 2000 ad oggi e milioni di persone vivono ogni giorno con un po’ di più. Ciò nonostante, in molti Paesi una persona su dieci continua a sopravvivere con meno di 1,9 dollari al giorno, considerata la soglia di povertà internazionale, e nell’Africa subsahariana vive in povertà estrema il 42 per cento della popolazione.

Milioni di persone sono ancora senza reddito e nessuna risorsa che garantisca loro mezzi di sussistenza, piagati dalle carestie, dalla malnutrizione, con un accesso limitato all’istruzione e ai servizi sanitari, discriminati socialmente e totalmente esclusi dai processi decisionali. Secondo i dati più recenti, si tratta di oltre 736 milioni di persone, il 10 per cento della popolazione mondiale che lotta per soddisfare i bisogni fondamentali come salute, istruzione, accesso all’acqua pulita e ai servizi igienico-sanitari. E le donne soffrono questa condizione più degli uomini: sono povere 122 donne, di età compresa tra i 25 e i 34 anni, ogni 100 uomini. E ancora, 160 milioni di bambini rischiano di continuare a vivere in condizioni di estrema povertà entro il 2030. Dunque, mentre si lavora per raggiungere l’obiettivo “povertà zero” entro i prossimi 10 anni, la solidarietà, come avverte l’esperto Onu per i diritti dell’uomo e la solidarietà internazionale Obiora Okafor, è messa a rischio dalla minaccia crescente del populismo. Nel suo recente rapporto all’Assemblea delle Nazioni Unite, l’esperto ha sottolineato l’impatto negativo di questo fenomeno sulla costruzione e sul mantenimento della solidarietà internazionale. La crisi economica (principalmente in Europa e Nord America) iniziata nel 2008, così come la continua recessione, gli sviluppi tecnologici che hanno portato all’automazione e alla perdita di posti di lavoro in molti Paesi, hanno esacerbato il populismo già esistente in entrambi i continenti. La sua retorica, insiste Okafor, è riuscita a incanalare la disillusione di coloro che sono rimasti indietro. Le minacce al tessuto sociale hanno aumentato la preoccupazione di molti. Questa angoscia è stata intercettata dal vento populista, rafforzato dal razzismo, ancora profondamente radicato nel mondo. Dunque, mentre la solidarietà internazionale cerca di affrontare crisi e sfide globali, il populismo cerca di alzare muri tra i popoli e di separarli sulla base di distinzioni come la razza, la religione e l’etnia. Inoltre, l’ideologia del “primato delle Nazioni” è contraria alla cooperazione e considera la solidarietà internazionale solo un problema. È dunque questa la più grave minaccia alla solidarietà basata sui diritti umani per tutti.

A peggiorare la situazione è arrivata poi la pandemia da covid-19, la cui lunga durata ha portato con sé un ridimensionamento di pratiche solidali. È, invece, in momenti come questo, in cui le disuguaglianze aumentano, e cresce il rischio che i più deboli siano messi da parte, che ci si deve impegnare nella solidarietà per garantire a tutti pace, dignità, uguaglianza in un mondo sano.

di Anna Lisa Antonucci