Reportage

Proteste per il salario
nel Kurdistan iracheno

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18 dicembre 2020

Sembrano essersi momentaneamente placati, dopo più di una settimana di durata, gli scontri fra i manifestanti e le forze dell'ordine che hanno destabilizzato diverse province del Kurdistan iracheno.

Le proteste della popolazione contro il Governo Regionale del Kurdistan iracheno (Krg) sono iniziate lo scorso 2 dicembre, quando numerosi dipendenti statali, in gran parte insegnanti, sono scesi in strada nella città di Sulaymaniyya per reclamare i loro stipendi, in ritardo di alcuni mesi. Il numero dei partecipanti al corteo è aumentato rapidamente, portando così i manifestanti a continuare la protesta nei giorni successivi e a occupare piazza Saray Azadi, il centro della città.

Da Sulaymaniyya il movimento popolare si è allargato fino a raggiungere molte altre province della regione. Particolarmente intense sono state le proteste nella piccola città di Piramagroon, dove il 6 dicembre i manifestanti hanno organizzato dei blocchi stradali e successivamente appiccato un incendio alla sede locale dell'Unione patriottica del Kurdistan (Upk).

In seguito a questi avvenimenti, il governo regionale ha mobilitato le forze armate per riportare l'ordine sul territorio, ma la situazione è peggiorata ulteriormente: in diverse città si sono infatti verificati violenti scontri tra i manifestanti e le forze dell'ordine, che hanno causato a oggi 10 vittime e oltre 65 feriti.

Il 9 dicembre, il Krg ha imposto un coprifuoco di 48 ore nel governatorato di Sulaymaniyya, ma la misura non ha sortito gli effetti sperati e gli scontri sono continuati. In tutta la regione, numerosi edifici governativi, fra cui sedi di partiti e stazioni di polizia, sono stati dati alle fiamme dai manifestanti. Fonti locali riportano che anche alcuni deputati del Krg si sarebbero uniti alle proteste dei cittadini.

La situazione sembra essersi progressivamente placata a partire dallo scorso fine settimana, quando si è aperto un dialogo fra il Krg e il governo iracheno di Mustafa al-Kadhimi per far fronte alle gravi condizioni economiche del Kurdistan. La visita di al-Kadhimi in territorio curdo in questo frangente è stata definita dai media locali come «estremamente positiva». Infatti, una delle cause della crisi sono i disaccordi con Baghdad

Il governo regionale di Masrour Barzani accusa le autorità centrali del mancato versamento dei fondi dovuti alla regione, che per altro non sono sufficienti a coprire interamente il bilancio del territorio.

Barzani ha infatti dichiarato che il Krg si trova costretto a fronteggiare una crisi dovuta «a eventi esterni». Le difficoltà economiche della regione si sono inoltre aggravate in modo significativo a causa del crollo dei prezzi del petrolio causato dalla pandemia di covid-19.

Il malcontento della popolazione curda irachena ha però radici più profonde: già nel 2014 si erano infatti verificati disordini a causa del ritardo nei pagamenti dei dipendenti pubblici. La situazione si è aggravata a partire dal 2017 a causa del Referendum per l’indipendenza che ha acuito le tensioni con il governo centrale di Bagh-dad, che ha successivamente imposto pesanti restrizioni.

La gestione della crisi da parte del Krg non è stata esente da critiche, in particolare per quanto riguarda accuse di cattiva amministrazione, corruzione e nepotismo, e non per ultimo il rapporto con i media. Un esempio significativo a questo riguardo è stata la chiusura del network indipendente nrt avvenuta il 7 dicembre. La rete, che aveva seguito molto attentamente le proteste, è stata obbligata dalle autorità regionali a sospendere le trasmissioni con l'accusa di non rispettare le normative sulla messa in onda.

Inoltre, tutti i media locali sono stati dissuasi dal mostrare immagini delle manifestazioni per non fomentare i disordini e diversi giornalisti sono stati arrestati e trattenuti in stato di fermo durante i giorni degli scontri.

Il presidente iracheno Barham Salih ha criticato le autorità regionali, dichiarando che «la volontà e le richieste dei manifestanti pacifici vanno rispettate» e chiedendo che le forze dell'ordine locali «agiscano nel rispetto della legge e si astengano dall'uso della violenza».

di Giovanni Benedetti