Il diritto alla vita nella «Fratelli tutti»

Proteggerlo da ogni attacco

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18 dicembre 2020

In questi giorni in Argentina, sia alla Camera dei deputati sia al Senato, è in corso un dibattito, che proseguirà fino alla fine dell’anno, su un nuovo disegno di legge per l’interruzione volontaria di gravidanza, più nota come legge dell’aborto legale. È indubbiamente singolare e preoccupante che, al momento della chiusura dell’anno legislativo e nel bel mezzo di una pandemia di una gravità inaudita, nell’agenda si anteponga questo tema ad altre urgenze sociali e umane.

Questa legge, che sta dividendo il Paese, è anzitutto una questione che coinvolge i diritti umani, le conoscenze scientifiche e l’ordinamento giuridico nazionale con i suoi trattati internazionali. La Chiesa e le altre confessioni religiose hanno fatto un uso legittimo del loro diritto di pronunciarsi, ognuna dalla propria prospettiva, su un tema in cui è in gioco nientedimeno che la vita nel suo significato più profondo e fragile. Non potevano non farlo. Si constata tuttavia con preoccupazione come da diverse parti si stia cercando di creare un clima di contrapposizione binaria tra religione e scienza, tra fede e conoscenze, tra credenze e politica, tra dogmi e ideologie. In un certo senso, questa visione deliberatamente manipolata è funzionale a quanti preferiscono prendere decisioni fondamentaliste semplicistiche che poco contribuiscono a un dibattito all’altezza dell’argomento trattato.

Inoltre risulta assai sconcertante, dal punto di vista di una sana comunicazione, che si stia falsamente insinuando come in Argentina non siano stati pubblicati testi che riportino l’opinione di Papa Francesco su questo tema. Al contrario, innumerevoli sono state le occasioni nelle quali il Santo Padre ha espresso la propria opinione sul tema dell’aborto nell’edizione quotidiana di questo giornale, e anche e soprattutto nell’edizione settimanale in lingua spagnola diffusa in Argentina.

Infine, questo dibattito si sta svolgendo in piena fase di diffusione dell’enciclica Fratelli tutti. Vorrei pertanto concludere citando questo documento, con la speranza di illuminare quanto detto finora in questa analisi della realtà argentina, nell’attuale tempo di speranza quaresimale e di dolorosa pandemia.

«Il modo migliore per dominare e avanzare senza limiti è seminare la mancanza di speranza e suscitare la sfiducia costante, benché mascherata con la difesa di alcuni valori. Oggi in molti Paesi si utilizza il meccanismo politico di esasperare, esacerbare e polarizzare. Con varie modalità si nega ad altri il diritto di esistere e di pensare, e a tale scopo si ricorre alla strategia di ridicolizzarli, di insinuare sospetti su di loro, di accerchiarli. Non si accoglie la loro parte di verità, i loro valori, e in questo modo la società si impoverisce e si riduce alla prepotenza del più forte. La politica così non è più una sana discussione su progetti a lungo termine per lo sviluppo di tutti e del bene comune, bensì solo ricette effimere di marketing che trovano nella distruzione dell’altro la risorsa più efficace. In questo gioco meschino delle squalificazioni, il dibattito viene manipolato per mantenerlo allo stato di controversia e contrapposizione» (n. 15).

«Certe parti dell’umanità sembrano sacrificabili a vantaggio di una selezione che favorisce un settore umano degno di vivere senza limiti. In fondo, “le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se povere o disabili, se ‘non servono ancora’ — come i nascituri —, o ‘non servono più’ – come gli anziani. Siamo diventati insensibili a ogni forma di spreco, a partire da quello alimentare, che è tra i più deprecabili”» (n. 18).

«La mancanza di figli, che provoca un invecchiamento della popolazione, insieme all’abbandono delle persone anziane a una dolorosa solitudine, afferma implicitamente che tutto finisce con noi, che contano solo i nostri interessi individuali» (n. 19).

Che la vita dei più deboli, quale diritto umano fondamentale, venga protetta piuttosto che discussa, in un contesto in cui l’informazione contribuisca a seminare verità, bontà e bellezza, anziché sconforto, controllo e sfiducia.

di Marcelo Figueroa