MUSICA POPOLARE
Una leggenda ripresa nei canti di diverse zone italiane

La spada di Giuseppe

Luca Mombello «Pala di San Giuseppe» (1580)
18 dicembre 2020

Continuiamo il viaggio attraverso i personaggi, i luoghi e gli oggetti che caratterizzano il repertorio della Chiarastella con alcuni canti dedicati a san Giuseppe, una figura che a differenza delle parziali notizie riportate nei vangeli di Matteo e Luca, è protagonista di molte leggende e narrazioni popolari. Alcune di queste sono dedicate al suo bastone che viene spesso rappresentato ornato da gigli. Secondo alcune leggende l’origine del bastone fiorito è da collegare al suo matrimonio con Maria. La leggenda vuole che in quella occasione il bastone secco che Giuseppe portava in mano sarebbe fiorito all’improvviso. E sempre all’improvviso in uno dei canti più originali del repertorio della Chiarastella, conosciuto come La spada di san Giuseppe e diffuso in molte aree del Meridione, Giuseppe, spinto dall’ira, chiede di trasformare il suo bastone in spada per colpire Maria, allorché ritornato dopo un viaggio la scopre incinta. Ma visitato in sogno dall’Angelo, viene rassicurato e incaricato di assumere la paternità vicaria di Gesù, così come è riportato in questo canto siciliano raccolto a Calascibetta (Enna) in cui Giuseppe di fronte alla chiamata di Dio si pente umilmente e bacia con dolcezza la Vergine.

«Oh quant’è duci sapurita / e bedda l’ancili la vosiru fari zita / un c’era nuddu ccu ccui apparintari / sulu Giuseppe ccu varba sciurita / Giuseppe si nn’annau ppi li paisa / e la lassau la rosa culurita / quannu fici ritornu a li sei misa / stunau la truvau gravita cumpita / Ma comu fu stu dannu un sacciu diri / chista unn’è opra d’ omu naturali / Ah Diu s’avissi ‘na spata ‘nmaculata / a mmenzannotti la vurria ammazzari / Calau di ‘ncelu ‘nagilu d’amuri / cchi fai Giuseppe chi ti voi dannari / ti la voi pigghiari ccu Diu celestiali / chiddu ca t’ha sciurutu lu vastuni / Sintennu ancora sta vuci parlari / a la Madonna ci desi un vasuni». Ne La spada di san Giuseppe così come in tutti gli altri canti della Chiarastella il legame con le narrazioni evangeliche costituisce l’asse fondante attraverso cui questo genere di repertorio si è generato e diffuso nel corso dei secoli. Un esempio significativo è il racconto dell’annuncio della nascita di Gesù bambino dato ai pastori mentre erano alla custodia delle greggi: l’Angelo li chiama e indica loro come segno divino il Bambino avvolto in fasce nella mangiatoia. Questo annuncio è riportato in tutti i canti della Chiarastella: ognuno segnato da caratteristiche dialettali specifiche come riscontrabile in questo esempio largamente diffuso in Italia centrale.

«Venite pastorelli alla capanna / venite a visità Gesù Bambino / È nato senza oro e senza panni / scaldato da nu bove e n’asinello». I pastori sono i protagonisti di tutte le storie popolari cantate che ancora vengono eseguite in tante regioni italiane e che fanno da corona alle narrazioni evangeliche. Rappresentano i poveri, destinatari privilegiati della buona novella portata dal Messia bambino. Ricevono un annuncio e rispondono ad una chiamata. Non hanno nulla di speciale, sono gente comune in cui tutti si possono identificare. Ecco perché nel gergo presepiale “pastore” è qualsiasi personaggio rappresentato nel presepe. Nella tradizione napoletana alcuni hanno un nome particolare come «Niniello lo sbantuso» (“il meravigliato”), il pastore inginocchiato con le braccia aperte e il cappello in mano, che nelle rappresentazioni presepiali è collocato su un punto alto della scena rivolto verso la stella cometa e, dopo il 24 dicembre, viene posizionato accanto alla grotta.

Come i Re Magi anche i pastori hanno ricevuto il dono dell’annuncio: i pastori per mezzo degli Angeli, i Magi tramite il dono dell’illuminazione che ha consentito loro di leggere i segni dei tempi. Gaspare porta in dono l’oro, simbolo del riconoscimento della regalità di Cristo; Melchiorre la mirra, sostanza aromatica vegetale utilizzata nelle mummificazioni che rappresenta il valore salvifico del Figlio di Dio e Baldassarre l’incenso, omaggio alla natura divina del Bambino Gesù. I pastori invece portano agnelli, caciotte, uova, verdure, pane, musica e canti esprimendo così il desiderio di unire la propria vita a quella del Dio bambino avvolto in una mangiatoia. Questa loro partecipazione al mistero dell’Incarnazione è ampiamente descritta in molti canti che parlano dei doni portati dai pastori a Gesù bambino. fra cui spicca questa bellissima versione siciliana di Leonforte (Enna).

«Ora veni lu jardinaru nenti avia chi cci purtari / cci purtau n’aranciteddu ppi jucari lu picciriddu / Ora veni lu picuraru nenti avia cchi ci purtari / porta latti ‘nta na cisca cascavaddu e tuma frisca / Ha vinutu lu lignarolu nenti avia chi cci purtari / porta ligna un fasciu ranni pp’asciucarici li panni / Ha calatu la susanedda ha scinnutu di li muntagni / porta ‘ntesta ‘na cascitedda china di mennuli e castagni / Ha vinutu lu sunaturi nenti avia chi ci purtari / na sunata i ciaramedda pi Gesù e Mariuzza bedda».

di Ambrogio Sparagna