La natività nel pensiero del fondatore dei Redentoristi

Il Natale di Alfonso

Il presepe minimo realizzato in un guscio d’uovo da don Antonio Maria Esposito
18 dicembre 2020

Predicatore e autore spirituale di gran vaglia, fondatore dei Redentoristi, vescovo di Sant’ Agata dei Goti, canonizzato da Gregorio xvi nel 1839 e proclamato dottore della Chiesa da Pio ix nel 1870, Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787) può essere considerato a buon diritto una delle vette più alte della santità di tutti i tempi, una personalità di straordinario valore che merita di essere conosciuta assai più di quanto già non sia. Ne è pienamente convinto il cardinale José Tolentino de Mendonça che, nelle densa introduzione al recente volume Il Santo Natale. Nella Novena di Alfonso Maria de’ Liguori e nei presepi di Antonio Maria Esposito (Firenze, Leo S. Olschki, 2020, pagine 134, euro 18) scrive: «L’importanza e la monumentalità del contributo di sant’Alfonso, tanto in campo religioso come in quello culturale, non hanno forse ancora trovato nei libri di storia il posto che spetta loro. Lo storico Jean Delumeau lo definisce “un gigante non solo della storia della spiritualità, ma della storia tout court”. Un gigante da rivelare alla contemporaneità».

Questo libro va proprio in tale direzione e, dunque, deve essere accolto col massimo favore, perché permette al lettore di incontrare il grande santo napoletano su uno dei suoi terreni preferiti, quello che riguarda il mistero dell’Incarnazione, che ha il proprio vertice nel Natale, al quale egli non per caso dedicò — e ciò è fortunatamente noto a molti — le tanto semplici quanto luminose strofette del celeberrimo canto Tu scendi dalle stelle. I Discorsi sulla Novena del Santo Natale, che vengono qui riproposti per la prima volta dopo l’edizione del 1766 con un accurato apparato delle fonti a cura di Giacomo Jori e Laura Quadri, offrono l’opportunità di gustare la felicissima vena espressiva di Alfonso posta in questo caso al servizio della profonda verità della kénosis del divino, «al suo restringersi alle umane fattezze», come annota con particolare sensibilità Carlo Ossola nella bella e illuminante postfazione.

Il presepio stesso, tanto amato dal santo Dottore, è fonte radiosa di luce e di gioia, ma non perde la sua dimensione decisamente e umilmente terrena, come si legge nel Discorso vii: «Nel presepio tutto dà pena: tutto dà pena alla vista, perché non si vede che pietre rozze e oscure; tutto dà pena all’udito, perché altro non si sente, che voci d’animali quadrupedi; tutto dà pena all’odorato, per la puzza che vi è di letame; e tutto dà pena al tatto, perché la culla non è altro che una piccola mangiatoia, ed il letto non è composto che di sola paglia». Non v’è dubbio che «il presepe di Alfonso Maria de’ Liguori — scrive Ossola — è la più profonda meditazione della realtà dell’Incarnazione che il secolo xviii ci abbia offerto».

Proprio per queste ragioni risulta davvero convincente la scelta di aver riprodotto nella parte finale del libro le tavole fotografiche di presepi minimi realizzati da don Antonio Maria Esposito (1917-2007). Le fotografie sono state eseguite da Giorgio Cossu e vengono precedute da alcune belle pagine introduttive di Silvia Corsi, coordinatrice del Museodivino di Napoli, ove questi presepi minimi sono conservati.

di Maurizio Schoepflin