Dieci anni dallo scoppio
della “primavera araba”

Un francobollo ricorda le proteste in Tunisia
18 dicembre 2020

Il gesto estremo di Mohamed Bouazizi, un giovane laureato tunisino costretto a fare il venditore ambulante di frutta e legumi, che il 17 dicembre di dieci anni fa a Sidi Bouzid si diede fuoco in segno di protesta contro le angherie subite ad opera della polizia e le difficili condizioni economiche del suo Paese. Fu questo episodio a dare il via a un movimento che in Tunisia prese il nome di “Rivoluzione dei gelsomini” e che secondo i giovani tunisini, “con il suo profumo”, fece da battistrada alla cosiddetta “Primavera araba”.

Il binomio venne coniato per la prima volta il 6 gennaio 2011 da Marc Lynch in un articolo sulla rivista americana «Foreign Policy». Riconosciuto anche a livello mondiale con l’assegnazione nel 2015 del Nobel per la Pace al Quartetto del Dialogo nazionale tunisino «per il suo contributo decisivo alla costruzione di una democrazia pluralistica in Tunisia, sulla scia della Rivoluzione del Gelsomino del 2011».

Una scintilla che portò a una sollevazione popolare, caratterizzata dallo slogan “lavoro, pane, libertà e dignità”, prima appunto in Tunisia e che poi si estese negli altri Paesi della regione nordafricana, in Egitto e Libia in primis, e del Medio Oriente.

In Tunisia un mese dopo, il 14 gennaio 2011, il presidente Zine el-Abidine Ben Ali lasciò il Paese rifugiandosi in Arabia Saudita e a quasi un anno di distanza si svolsero le prime elezioni libere dall’indipendenza dalla Francia del 1956. Nel febbraio 2011 fu costretto a lasciare anche il presidente egiziano, Hosni Mubarak e un anno dopo quello yemenita, Ali Abdullah Saleh; in Libia il 20 ottobre 2011 Mu’ammar Gheddafi, dopo una lunga fuga da Tripoli a Sirte, venne catturato e ucciso; in Siria le proteste, iniziate pacificamente nel marzo del 2011 si tramutarono presto in un sanguinoso conflitto. Disordini e manifestazioni ci furono anche in Bahrein, Algeria, e negli altri Paesi del Medio Oriente.