Iniziativa ecumenica del Wcc contro ogni forma di violenza

Nel nome del Vangelo

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17 dicembre 2020

Contro ogni forma di violenza: questo è stato l’impegno ecumenico che ha condotto anche quest’anno a dedicare sedici giorni (25 novembre - 10 dicembre) alla denuncia e alla lotta della violenza, in ogni sua forma. Questo periodo, che inizia con la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e si conclude con la Giornata mondiale dei diritti umani, vuole essere un segno concreto della testimonianza ecumenica per la giustizia, così come è stata formulata da organismi e Chiese cristiane tra cui, in prima fila, va ricordato il Consiglio ecumenico delle Chiese che ha rilanciato, anche attraverso una serie di interviste, l’idea di quanto sia prioritario vivere l’appello ecumenico di una lotta quotidiana contro la violenza per rafforzare la credibilità dell’annuncio dell’evangelo. Un appello che ha costituito il punto di partenza di questi giorni, suscitando multiformi iniziative in tanti luoghi dal momento che era stata lasciata la massima libertà di espressione sul tema nei singoli contesti. Come è capitato in Italia, dove si è deciso di concentrarsi sulla denuncia delle violenze nei confronti delle donne, formulando delle proposte per rafforzare gli strumenti con i quali accompagnarle e sostenerle.

Forte è stato il richiamo, dagli Stati Uniti al Brasile, al Sud Africa, alla Svezia, all’Australia, a trovare sempre nuove strade per favorire una conoscenza di quanto i cristiani stanno facendo per combattere la violenza, rilanciando l’idea che molto deve essere ancora fatto, soprattutto nei tempi di pandemia. È stato ricordato, infatti, in queste settimane come si siano ampliate le discriminazioni e differenze sociali erodendo i diritti delle donne, come testimoniano i casi nei quali si è venuta accentuando la precarietà del lavoro femminile. Nei sedici giorni dell’evento non sono mancate iniziative ecumeniche che hanno coinvolto anche altre tradizioni religiose, rilanciando la prospettiva per un’azione comune delle varie fedi contro la violenza, con una serie di proposte concrete per modificare prassi delle comunità e leggi dello Stato; esemplare da questo punto vista è stato il caso della città di Edmonton, in Canada, dove il programma delle iniziative ha testimoniato questa dimensione interreligiosa, proseguendo una collaborazione che si è venuta arricchendo di piani di assistenza e solidarietà nel tempo della pandemia. Vanno segnalate, inoltre, veglie di preghiera pensate e vissute insieme, nella condivisione di tradizioni cristiane diverse: in molte circostanze, centrali sono state le parole di Gesù contro la violenza, l’oppressione e il degrado proprio perché è parso importante ricordare la radice biblica della testimonianza ecumenica. In diversi casi si è partiti da alcune pagine dell’Antico Testamento, coma la storia di Ester o l’esperienza del profeta Osea, per riaffermare come i cristiani devono operare per rimuovere la violenza di genere, contestando i principi che la determinano. Ampio spazio è stato dedicato alla condivisione di esperienze e di riflessioni sulla violenza in ambito familiare. Per questo si è raccomandato di seguire l’esempio di Gesù in modo da offrire a tutti la possibilità di aprire il loro cuore con una narrazione utile a farli uscire dal tunnel della sofferenza, anche psichica, che spesso impedisce alle vittime della violenza di vivere appieno la dimensione del perdono e della riconciliazione. Di fronte ai casi che emergono, alla luce delle dichiarazioni delle Chiese per fare sempre più chiarezza su di essi, tanto più quando riguardano la vita delle comunità cristiane, è stato detto che non è il momento di offrire “grazia a buon mercato”. È importante invece muoversi con grande cautela nell’affrontare il tema del perdono, con il quale i cristiani sono chiamati a confrontarsi in un tempo nel quale è chiesto, come è emerso anche in questi giorni, di essere testimoni credibili della Parola di Dio, che dona giustizia e pace a uomini e donne.

di Riccardo Burigana