L’unica strada per uscire dalla crisi

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10 dicembre 2020

Il diritto al lavoro e a guadagnare almeno il salario minimo, a non avere fame, a non dover abbandonare la propria casa e migrare, a non subire violenza dal proprio partner, a non patire discriminazioni di genere, a non essere costrette a matrimoni e gravidanze precoci, ad un’istruzione di qualità, a vivere la propria infanzia senza dover essere sfruttati, vittime della tratta o ridotti a bambini soldato. Il diritto ad un ambiente sano, all’acqua potabile, all’accesso ai servizi sanitari, ad avere una toilette in casa. Il diritto ad esprimere il proprio pensiero e a seguire la propria religione. Questi, solo alcuni, dei diritti umani che continuano a non essere garantiti nel mondo e che la pandemia da covid-19 ha pericolosamente messo in discussione.

Le disuguaglianze sono aumentate, la sfida ambientale rischia di essere persa e l’obiettivo fame zero mancato. Il 2020 ha messo in discussione la difesa dei diritti in molte parti del mondo. Le tensioni e i conflitti hanno fatto il resto. Attivisti per i diritti umani arrestati e detenuti illegalmente, lo stupro come arma di guerra, le manifestazioni pacifiche sciolte con la violenza dalle forze dell’ordine, i giornalisti uccisi perché con le loro inchieste avevano smascherato ruberie e malversazioni, le violazioni dei diritti dei lavoratori, ma anche la deforestazione selvaggia e lo sfruttamento intensivo del suolo. In questo ultimo anno il mondo sembra aver riavvolto il nastro. Il virus, per la prima volta da decine di anni, ha spinto indietro lo sviluppo umano. La crisi ha alimentato la povertà, la fame, aumentato le disuguaglianze, e indebolito la protezione degli esseri umani. Nella prefazione all’edizione 2020 del «The Global Rights Report», che ogni anno fa il punto sullo stato dei diritti umani nel mondo, Maria Arena, presidente della commissione dei diritti umani del Parlamento europeo, sottolinea come «l’ascesa di partiti politici apertamente xenofobi, la proliferazione di demagoghi autoritari, la banalizzazione e lo sdoganamento di discorsi razzisti, misogini e omofobi, sembrano indicare che le nostre società sono entrate in una fase di regressione e de-civilizzazione portata avanti da governi aggressivi e brutali, che mostrano senza inibizioni il disprezzo per lo Stato e per i diritti umani».

Per questo, l’edizione 2020 della Giornata mondiale dei diritti umani, che l’Onu celebra ogni 10 dicembre, assume un significato particolare. In questo giorno si ricorda l’adozione, avvenuta nel 1948, da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, documento fondatore che proclama i diritti inalienabili di ogni individuo come essere umano. Il primo riconoscimento universale che siamo tutti nati liberi e uguali in dignità e diritti. Il tema di quest’anno della Giornata mondiale, «Ricostruire meglio. Difendere i diritti umani», è evocativo di un impegno che deve essere di tutti, dalle istituzioni al singolo individuo. «I diritti dell'uomo devono essere al centro della ricostruzione post pandemia», avverte l’Onu. «Solo misure volte ad affrontare queste disuguaglianze e a promuovere i diritti ci permetteranno di recuperare e ricostruire pienamente un mondo migliore, più resiliente, più equo e più sostenibile». Uguaglianza e non discriminazione, dunque, sono i requisiti fondamentali per rialzarci dopo questa pandemia. A tal fine, dobbiamo promuovere e proteggere i diritti economici, sociali e culturali.

L’Onu sottolinea come abbiamo bisogno di un nuovo contratto sociale per una nuova era. Siamo tutti sulla stessa barca e dunque vinciamo la crisi solo con la partecipazione e la solidarietà, ha detto più volte il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres. Dagli individui ai governi, dalla società civile al settore privato, tutti hanno un ruolo da svolgere nella costruzione di un mondo post covid, migliore per le generazioni attuali e future. I diritti umani, l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e l’accordo di Parigi, secondo le Nazioni Unite, sono la pietra angolare di una ripresa che non lascia indietro nessuno. E tutto ciò non può prescindere da un’attenta analisi dei fallimenti evidenziati dal covid, come il divario digitale che lascia al buio milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo. Popolazioni intere prive dell’accesso a internet che significa impossibilità per i ragazzi di seguire le lezioni a distanza, difficoltà ad essere raggiunti dalle informazioni sanitarie e dalla telemedicina.

Dunque il 10 dicembre è un’occasione per ricordare che senza diritti non c’è dignità e non possiamo sperare di generare uno sviluppo sostenibile. Ma soprattutto che il primo passo deve essere il vaccino per tutti, non il privilegio di pochi.

di Anna Lisa Antonucci