MUSICA POPOLARE
Canti, “cunti” e filastrocche della Chiarastella

Vita quotidiana

David Gerard, «Madonna della pappa» (1510 -1515)
09 dicembre 2020

Fra il repertorio dei canti della Chiarastella un genere particolare è quello costituito dalle filastrocche che con il loro andamento ritmato e divertente servono ai bambini ad imparare parole, numeri, coordinamento e, in questo caso, a richiamare l’attenzione su contenuti religiosi. Questo particolare repertorio giocoso è ancora largamente diffuso in tutta la Penisola italiana e ricco di esempi dialettali. Qui ne presentiamo tre versioni che appartengono ad aree geografiche e dialettali diverse ma che conservano tratti connotativi comuni.

Il primo canto è in dialetto lombardo, Santa Clara, e inizia con una curiosa scenetta di santi in cui viene invocata santa Chiara per avere in prestito una scala con cui raggiungere il Paradiso, dove sono gli angeli che cantano la gloria per la nascita di Gesù. Ecco poi che inizia una lunga enumerazione in rima: uno è il bambino nella culla, due l’asino e il bue, tre i re magi, quattro gli evangelisti, cinque le piaghe del Signore... fino al dodici che sono gli apostoli.

«Santa Clara / imprestemm’ la vostra scala / per andà in Paradis / per andà in Paradis / a trovà san Dionis / I angioi che cantava / la Madonna la sospirava / sospirava rosa e fior / l’è nassuu noster Signor / L’è nassuu in Bettelemm / senza fassà né pattej / per fassà quel Gesù bell’ / oh che bella compagnia / U ‘l Bambì ‘n da cuna / Dù l’asén e ‘l bo / Tri e re maisge / Quater e evangelisti / Zich e piaghe dol Signor / Sès san Zaccaria / Sèt e allegrezze d’la Madonna / O ol pòrto di Roma / Nof la còrte de àngei / Dès e comandamenti / Ondes e lamenti / Dodés e apòstoi».

Riportata nelle raccolte di canti popolari milanesi curate da Carlo Tenca (1816-1883), letterato, giornalista e politico risorgimentale, così come anche in numerose altre raccolte di canti popolari lombardi, questa filastrocca allegra e ritmicamente accattivante è ancora largamente in uso nel repertorio infantile.

Un’immagine assai consuenta nei canti del Natale è quella di Gesù bambino con la Madonna e san Giuseppe ritratti in atteggiamenti umili e quotidiani. Il più conosciuto e diffuso in tante versioni dialettali è Maria lavava. Nella scena descritta in questo canto Gesù piange per il freddo e la fame e la Madonna non sa come consolarlo dopo che gli ha già dato del latte, mentre la neve scende sui monti e imbianca tutto.

«Maria lavava / Iuseff stendiva / Bambèin pianziva / dla fama ch’aviva / sta zètt puttèin / che ‘dessa èt turrò / dàl latt e g n’è / dal pan e n’eg n’ho / L’è gnùu mo l’invèren / e tgnemma andar via / la Vergin Maria / con tanta pietèe / sta zètt puttèin / che ‘dessa èt turrò / dàl latt e g n’è / dal pan e n’eg n’ho».

In questa commovente versione emiliana, raccolta a San Pellegrino (Reggio Emilia) da Giuseppe Ferraro e pubblicata nel 1896, colpisce l’immagine della sacra famiglia colta nel suo vivere giornaliero. Forse questa particolarità, così unica e originale, di considerare il Bambinello tanto indifeso, perché affamato e infreddolito, come lo possono essere tanti bambini poveri al mondo, ha da sempre suscitato l’interesse di tanti pittori che hanno rappresentato molte scene di questo tipo e richiamato l’attenzione anche da parte di importanti musicisti. Alcuni in particolare hanno realizzato delle splendide elaborazioni utilizzando vari dialetti. Fra queste spiccano quelle composte da Nino Rota per voce e quintetto d’archi, quella per coro di Giorgio Ghedini e recentemente anche una singolare reintrepretazione di Lucio Dalla, che ha proposto proprio questo esempio in dialetto emiliano in uno dei suoi ultimi concerti natalizi a Roma all’Auditorium.

Il terzo esempio di questa breve “fiorita” di canti, cunti e filastrocche della Chiarastella appartiene al repertorio in dialetto salentino ed è stato raccolto a Marine, un piccolo paese in provincia di Lecce. Ni manca pane evoca la povertà del Bambino a cui mancano pane e fuoco. È nato senza casa e senza niente come la mamma e il padre, ma tante sono le cose destinate a cambiare in terra con la sua venuta. Questo piccolo gioello di catechismo popolare si chiude con un’immagine di straordinaria bellezza poetica spesso ricorrente in molti canti popolari: «intru llu core te sta notte santa lu Patreternu l’omo a ‘mpiettu ‘nzerra» (“nel cuore della notte santa Iddio stringe a sé tutta l’umanità”).

«Ni manca pane fuecu e focalire / è natu senza casa e senza nienti / perieddhi suntu mamma e sire / nu n’hannu tatu l’ecu li putenti / Gesù se chiama e dicenu le carte / ca mute cose a ‘nterra a sci cangiare / e prima a ‘mparaisu se ‘nde parte / ha dire mute cose bbone e mare / E n’ Angelu te cielu scinde e canta / allu Signore gloria e pace a ‘nterra / intru llu core te sta notte santa / lu Patreternu l’omo a ‘mpiettu ‘nzerra».

di Ambrogio Sparagna