La solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria

Icona e maestra di bellezza

Carlo Crivelli «Immacolata Concezione» (1492)
07 dicembre 2020

La Madonna, ideale supremo della perfezione


La solennità dell’Immacolata, mentre ci incita a glorificare Dio per la bellezza riserbata a Maria, madre di Cristo e nostra, ci aiuta anche a confrontarci sul nostro stato di bellezza spirituale. Si tratta di cosa assai seria, perché la verifica della nostra autenticità cristiana passa anche per tale controllo, se è vero che la bellezza è essenziale per decifrare e realizzare la verità dell’uomo.

La Donna piena di bellezza


L’immacolata concezione c’invita, in modo del tutto particolare, ad andare a Maria per la via della bellezza; Maria immacolata si offre al nostro sguardo credente nello splendore della grazia redentiva di Cristo e ci attrae: «Maria è la creatura tota pulchra: è lo speculum sine macula; è l’ideale supremo della perfezione che in ogni tempo gli artisti hanno cercato di riprodurre nelle loro opere; è “la Donna vestita di sole” (Apocalisse, 12, 1), nella quale i raggi purissimi della bellezza umana si incontrano con quelli sovrani, ma accessibili, della bellezza soprannaturale» (Paolo vi, Discorso per la chiusura del vi congresso mariologico e l’inizio del xiv congresso mariano, Roma, 16 maggio 1975). L’Immacolata, la bellezza di Dio riflessa sul volto umano. Nessuna creatura, neppure Maria, è bella da sé: è Dio «l’autore della bellezza» (Sapienza, 13, 3) che crea la «bellezza delle creature» (ibidem, 13, 5). Dio, il Santo e il Vivente, è la Bellezza suprema e le sue opere sono «belle-buone» (cfr. Genesi, 1, 9, 12, 25, 31): fra queste spicca Maria, alla quale il Figlio — immagina nella fede un beato medievale — si rivolge in lode: «Tu sei bella, le dice: bella nei pensieri, bella nelle parole, bella nelle azioni; bella dalla nascita fino alla morte; bella nella concezione verginale, bella nel parto divino, bella nella porpora della mia passione, bella soprattutto nello splendore della mia risurrezione» (Amedeo di Losanna, Huit homélies mariales: Hom. vii, 234-239). Maria è irradiata dalla luce di Dio che traspare liberamente attraverso la sua persona: lei non è un prisma che devia la luce, ma, completamente trasparente, non trattiene nulla della luminosità che porta. Nella bellezza dell’Immacolata è contemplabile la bellezza dell’intera umanità: in essa l’umanità viene restituita all’originaria innocenza e alla bellezza primigenia, e si compie realmente il simbolo della «vergine terra».

L’Immacolata, «la faccia che a Cristo più si somiglia»


Maria è immacolata perché Cristo è santissimo; è piena di grazia perché Cristo con la sua redenzione è la causa di ogni santità; è “Tutta bella” perché è la madre del Re messianico, che è «il più bello tra i figli degli uomini» (Salmi, 44, 3): «È come la luna; se si spegnesse il sole non la vedremmo più, se invece è splendente, lo è perché i raggi del sole battono su di lei. Così, se la Madonna ha tutte le grazie, le bellezze, la santità, la virtù, le ha perché è unita a Cristo come nessun’altra creatura: Cristo è la sorgente di tutte le bellezze e le grazie di cui rifulge Maria» (Giovanni Battista Montini, Sulla Madonna. Discorsi e scritti [1955-1963], Brescia-Roma, 1988, pagina 170). Grazie alla sua immediata vicinanza a Cristo, prospettiva trinitaria dell’intero creato, ella è creatura profondamente santificata, che il peccato dell’umanità non riesce ad attingere. Maria è immacolata perché Cristo è santissimo; è piena di grazia perché Cristo con la sua redenzione è la causa di ogni santità. Ma siamo, per caso, ad avere nei confronti della bellezza di Maria immacolata una passiva contemplazione? Certamente no: siamo piuttosto invitati a imitare quella bellezza.

Figlia innocente di Adamo Madre bellissima di Cristo


In Maria immacolata la Trinità ha iniziato una nuova fase della storia salvifica, inaugurando una creazione nuova all’insegna della fedeltà e dell’integrità. Maria è essa stessa la creatura nuova, anche se, per la sua nascita immacolata, si rivela la figlia più umana di Adamo. In essa conosciamo l’inizio della storia di grazia (ci ricorda Adamo prima del peccato); per essa entriamo nel frattempo dei tempi nuovi (da lei è nato il Cristo, nuovo Adamo); attraverso lei intravediamo il futuro della gloria (profetizza la condizione di beatitudine dei redenti).

«Maria immacolata, figlia innocente del primo Adamo». Maria è la figlia più umana di Adamo. Essendo la creatura su cui è stampata nel modo più perfetto l’immagine del Cristo, l’Adamo vero, è l’icona della creazione nuova. C’è una condizione della persona e dell’esistenza di Maria che esprime la novità della creazione realizzata in lei ed è la sua condizione immacolata. «Maria non è un pezzo a sé nel cosmo della creazione e della grazia ma fu da Dio inserita organicamente e armoniosamente nell’insieme della rivelazione, posta nel punto d’incontro dei misteri più centrali della economia divina» (Guillermo Baraúna, La SS. Vergine al servizio dell’economia divina, in aavv, La Chiesa del Vaticano ii. Studi e commenti intorno alla Costituzione dogmatica Lumen gentium, a cura di Guillermo Baraúna, Firenze, 1965, pagina 1141). Maria è, pertanto, l’umanissima figlia di Adamo: in lei Dio inaugura in Maria, una giovane donna fragile e delicata, il dono della misericordia per tutta l’umanità. Maria immacolata si rivela la figlia più umana di Adamo. L’innocenza originale ricorda lo stato nel quale è stata creata l’umanità, solo che in lei l’innocenza è stata innalzata a un punto tale di densità che il peccato non è potuto sopravvenire. La prima grazia concessa da Dio a Maria è un mistero di evidente attualità antropologica; essa ci aiuta a rispondere alle domande più cruciali di oggi, soprattutto a quella circa il mysterium hominis.

«Maria, la madre immacolata del secondo Adamo». Maria è creata in Cristo e in vista di lui come tutti gli uomini (cfr. Colossesi, 1, 15-17), ma in lei la relazione con il Cristo è di tale immediatezza che il peccato non ha potuto incunearsi fra lei e il Salvatore. Grazie alla sua immediata vicinanza a Cristo, nel quale e in vista del quale tutto è creato, ella è creatura profondamente santificata, che il peccato dell’umanità non riesce a toccare e a macchiare. In quanto piena di grazia, Maria è posta nel cuore più profondo della creazione e in special modo dell’umanità. Nella sua immacolatezza Maria appartiene all’umanità creata nell’innocenza e destinata al Cristo. Questo non la separa dal resto dell’umanità: la sua non è grazia di separazione, ma anzitutto di pienezza. La sua grazia originaria è anzitutto grazia di pienezza e non di separazione. Maria è santificata non solo in previsione dei meriti futuri di Cristo, ma in ragione della sua relazione immediata con suo Figlio, fonte di grazia, in vista del quale tutto è stato creato. In quanto piena di grazia, Maria è posta nel cuore più profondo della creazione e in special modo dell’umanità. Maria immacolata è l’umanità integra, pura, buona, armonica, di nulla mancante, di tutto ricca e adorna. La causa di questa pienezza di umanità santa è data dalla sua vicinanza a Cristo: Maria è Eva più di Eva perché Cristo è Adamo più di Adamo.

L’Immacolata maestra di bellezza


La via della santità coincide con la via della bellezza. L’esperienza cristiana della bellezza è quella che nasce nell’orizzonte della santità e della contemplazione: la bellezza è sperimentata nella serenità e nel distacco, nella semplicità e nella gratitudine. La bellezza è percepita come un riflesso dello splendore divino; perciò è bellezza da contemplare, bellezza di cui ringraziare, bellezza da imitare. C’è una causalità a catena: l’ascetica fa santi, la santità fa belli. L’esercizio ascetico, pur così severo e affaticante, sbocca nella bellezza. «L’ascetica — scrive Florenskij — crea non l’uomo “buono” ma l’uomo bello e il tratto distintivo dei santi non è affatto la “bontà”, che può essere presente anche in persone carnali e molto peccatrici, bensì la bellezza spirituale, la bellezza accecante della persona luminosa e luciferente, assolutamente inaccessibile all’uomo grossolano e carnale» (Pavel Florenskij, La colonna e il fondamento della verità, Roma, 1974, pagine 140-141). Da tutta l’esperienza neotestamentaria s’evince che la santità consiste nell’essere immacolati nell’amore (cfr. Efesini, 1, 4), cioè nell’essere belli agli occhi di Dio. La santità è la più alta esperienza della bellezza, perché in essa Dio esprime la sua bellezza, a esempio la bellezza del suo canto. «Il santo — scrive Enzo Bianchi — è il canto innalzato dalla misericordia del Dio tre volte santo e tre volte misericordioso» (Lessico della vita interiore. Le parole della spiritualità, Segrate, Rizzoli, 2004, pagina 141). La santità rende graditi a Dio perché fa belli e amabili ai suoi occhi. Infatti, come scrive Angelus Silesius, «la fede tende a Dio, la speranza lo coglie, l’amore l’abbraccia: devozione ne fa suo cibo» (Il pellegrino cherubico, Cinisello Balsamo, 1989, pagina 246, iii, 230). L’affermazione di questo primato di Dio mediante le virtù teologali irradia una lucente dimensione estetica: «La Bellezza […] — scrive Cristina Campo — è teologica; sì, è una virtù teologale, la quarta, la segreta, quella che fluisce dall’una all’altra delle tre palesi. Ciò è evidente nel rito, appunto, dove Fede, Speranza e Carità sono ininterrottamente intessute e significate dalla Bellezza» (Sotto falso nome, a cura di Monica Farnetti, Milano, 1998, pagina 215).

di Michele Giulio Masciarelli