Lettere dal direttore

Una breccia sempre aperta

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05 dicembre 2020

Questa lettera più che dal direttore si dovrebbe chiamare “dal professore”. Voglio infatti raccontare un episodio che risale ad una lezione di molti anni fa, quando insegnavo religione nei licei. Era primavera e mi trovavo in una classe dell’ultimo anno di un liceo classico nella zona Parioli di Roma e la discussione era andata a scivolare sul tema della morte quando ad un certo punto, Giulia, forse la più brava della classe, mi disse, quasi sbottando: «Professore, ma perché lei viene qua a turbare il mio equilibrio?». Non ricordo più se disse “mio” o “nostro” ma di fatto la maggior parte dei suoi compagni concordavano con lei. Per un attimo fui colto in contropiede, poi le feci presente che anche se non fosse stata un “argomento” da lezione scolastica, la morte sarebbe rimasta una realtà con cui fare i conti, sempre.

Mi colpì molto la domanda di Giulia così protettiva del suo intimo stato di benessere e quell’atteggiamento mi è tornato alla mente ieri mattina quando, in qualità di direttore de «L’Osservatore Romano», ho ascoltato nell’Aula Paolo vi la prima predica di Avvento pronunciata dal neo-cardinale padre Raniero Cantalamessa, Predicatore della Casa pontificia. Una predica molto bella, pronunciata con una intensità che ha toccato l’anima di tutti gli ascoltatori, tutta incentrata sul fatto che noi uomini abbiamo una sorella maggiore, molto saggia, che è “sora nostra morte corporale”. Nella sua acuta, a tratti ruvida, meditatio mortis padre Cantalamessa ha avuto un passaggio che mi ha riportato subito a quello scambio di battute con la brava Giulia: «Il pensiero della morte — ha detto il predicatore — è quasi l’unica arma rimasta per scuotere dal torpore una società opulenta», perché del resto, ha spiegato, «l’interrogativo sul senso della vita e della morte svolse un compito notevole nella prima evangelizzazione dell’Europa e non è escluso che possa svolgerne uno analogo per una sua rievangelizzazione», infatti «fu l’interrogativo posto dalla morte che aprì la strada al Vangelo, come una breccia sempre aperta nel cuore dell’uomo». Con un’avvertenza: Gesù «è venuto a liberarci dalla paura della morte, non ad accrescerla. Bisogna però avere conosciuto questa paura per esserne liberati».

Come insegnante di religione ogni volta che entravo in classe mi chiedevo quali potessero essere le parole giuste per trovare quella “breccia sempre aperta nel cuore dell’uomo” e spesso in effetti le trovavo nel discorso sulle cose ultime, un tema urticante che molti tra i miei studenti cercavano di evitare, rimuovere. E ricordo ancora il volto rabbuiato e triste di Giulia mentre mi chiedeva di cambiare argomento e non posso non confrontarlo con il volto sorridente, con cui ieri padre Cantalamessa ci parlava di temi terribili come quelli che ha trattato, quasi cercasse a stento di contenere una gioia zampillante pronta a sgorgare dall’angolo più profondo del suo cuore. Un confronto stridente, che ancora sta lavorando nella mia mente.

A.M.