Digitalizzato l’archivio della nunziatura in Corea

Nel cuore della Chiesa

Archivio apostolico vaticano, Arch. Nunz. Corea, busta 1, fasc. 1, f. 22r
03 dicembre 2020

Sotto il segno del martirio, vissuta a lungo senza sacerdoti attraverso la testimonianza fedele di generazioni di laici, la Chiesa coreana ha cercato nel Novecento un sempre più intenso rapporto con la Chiesa universale e con la sede di Roma. Le visite di Giovanni Paolo ii nel 1984 e nel 1989, di Papa Francesco nell’agosto 2014 hanno dato risposta a questo anelito ma i fili delle relazioni sono secolari. Invano si cercherà la Corea nel classico repertorio su Le nunziature apostoliche dal 1800 al 1956 di Giuseppe De Marchi (1957), mentre essa compare con rilievo nell’aggiornamento «dalla seconda metà del secolo xx» curato nel 2006 da Antonio G. Filipazzi. Eretta infatti nel 1949, la Delegazione apostolica in Corea divenne Internunziatura nel 1963 e Nunziatura tre anni dopo, il 5 settembre 1966. Dal primo delegato apostolico, Patrick James Byrne (preso prigioniero durante la guerra fra nord e sud e morto il 25 novembre 1950 in un campo di concentramento), si sono succeduti sino a oggi quattordici rappresentanti pontifici in Corea che hanno definitivamente radicato la Chiesa locale, stategicamente collocata fra Cina e Giappone, in quella universale.

Si è recentemente concluso in Archivio apostolico vaticano il programma di digitalizzazione di tutti i documenti dell’archivio della Nunziatura dal 1949 al 1958, voluto e realizzato dalla Conferenza episcopale coreana che ha finanziato l’acquisto di due scanner di ultima generazione e il lavoro di due fotografi che per sei mesi, dal marzo scorso, in concomitanza con l’apertura alla consultazione dei documenti del pontificato di Pio xii, si sono dedicati alla riproduzione digitale della documentazione dell’Archivio vaticano dal 1953 al 1958: diverse migliaia di fogli in una decina di contenitori. La documentazione anteriore, del Vicariato apostolico e poi della Delegazione apostolica, fu largamente perduta al momento dell’invasione di Seoul nel giugno 1950 da parte delle truppe comuniste. Negli ultimi giorni della sua prigionia, monsignor Byrne affermò di ritenere la sofferenza patita per Cristo il più grande privilegio della sua vita dopo quello del sacerdozio. Di questa storia parlano i documenti dell’Archivio vaticano riprodotti per volere del presidente della Conferenza episcopale coreana, Hyginus Kim Hee-joong, e del suo segretario generale, Thomas Aquinas Kim Joon-chul. E se il sangue dei martiri è il seme dei cristiani, alla storia testimoniata da questi documenti i vescovi e i cattolici coreani potranno attingere per rafforzare il sorprendente dinamismo di una Chiesa — circa cinque milioni di fedeli su una popolazione di cinquanta milioni di abitanti — che è la terza in Asia, dopo quelle filippina e vietnamita, e va assumendo un ruolo sempre più rilevante nell’evangelizzazione del continente.