La settimana di Papa Francesco

Il magistero

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03 dicembre 2020

Giovedì 26 novembre

Memoria  del futuro

È un’edizione diversa dal solito, perché siamo alle prese con la pandemia... [e] per la prima volta, don Adriano Vincenzi non c’è a sostenere questo momento formativo giunto alla decima edizione.Il tema  è Memoria del futuro. Per noi cristiani, il futuro ha un nome: speranza... la virtù di un cuore che non si chiude nel buio, non si ferma al passato, non vivacchia nel presente, ma sa vedere il domani. Senza cedere alla tentazione della nostalgia, che è una  patologia spirituale.Un pensatore russo, Vjačeslav Ivanovič Ivanov, afferma che solo ciò che Dio ricorda esiste veramente. Ecco perché la dinamica dei cristiani non è quella del trattenere nostalgicamente il passato, quanto di accedere alla memoria eterna del Padre; e questo è possibile vivendo una vita di carità. La nostalgia blocca la creatività e ci rende persone rigide e ideologiche anche nell’ambito sociale, politico ed ecclesiale.Solo ciò che è amore non cade nell’oblio, perché trova la propria ragione d’essere nell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. La nostra vita dev’essere  una liturgia, una anamnesis, una memoria eterna della Pasqua di Cristo.Superare la tentazione dell’utopia, di ridurre l’annuncio del Vangelo nel semplice orizzonte sociologico o di farci ingaggiare nel “marketing” delle varie teorie economiche o fazioni politiche.

Economia  inclusiva

Nel mondo con la forza e la creatività della vita di Dio in noi: così sapremo affascinare il cuore e lo sguardo delle persone al Vangelo di Gesù, aiuteremo a far fecondare progetti di nuova economia inclusiva e di politica capace di amore.A imprenditori, professionisti, esponenti del mondo istituzionale, della cooperazione, dell’economia e della cultura: continuate a impegnarvi seguendo la strada che don  Vincenzi ha tracciato. Costruttori di ponti: coloro che qui si incontrano non trovino muri ma volti.

(Videomessaggio al Festival della Dottrina sociale della Chiesa)

Domenica 29

All’inizio  dell’Avvento

Oggi comincia un nuovo anno liturgico. In esso la Chiesa scandisce il corso del tempo con la celebrazione dei principali eventi della vita di Gesù e della storia della salvezza.
Così  illumina il cammino della nostra esistenza, ci sostiene nelle occupazioni quotidiane e ci orienta verso l’incontro finale con Cristo.
Il primo “tempo forte” è questo dell’Avvento, che prepara al Natale. Tempo di attesa, di speranza.
La cosa più importante è l’incontro continuo con il Signore.
Egli viene ogni giorno, perché, con la sua grazia, possiamo compiere il bene nella nostra vita e in quella degli altri.
Il nostro è un Dio che viene, continuamente: non delude la nostra attesa! Mai.
Ci farà aspettare, forse, qualche momento nel buio per far maturare la nostra speranza, ma mai delude.
Sempre è accanto a noi. Alle volte non si fa vedere, ma sempre viene... a visitare il suo popolo, ogni uomo e donna che lo accoglie nella Parola, nei Sacramenti, nei fratelli e nelle sorelle.
State attenti, guardate cosa sentite nel cuore quando il Signore bussa.
La vita è fatta di alti e bassi, luci e ombre. Ognuno sperimenta delusione, insuccesso e smarrimento.
La situazione che stiamo vivendo, segnata dalla pandemia, genera preoccupazione, paura e sconforto.
Reagire [con] l’anima in attesa, un’attesa fiduciosa del Signore fa trovare conforto e coraggio nei momenti bui.

Richiamo  alla speranza

L’Avvento è un incessante richiamo alla speranza. Dio è presente nella storia... non è lontano, sempre è con noi... cammina al nostro fianco per sostenerci. Non ci abbandona, ci accompagna per aiutarci a scoprire il senso del cammino, il significato del quotidiano, per infonderci coraggio nelle prove e nel dolore. In mezzo alle tempeste della vita, ci tende la mano e ci libera dalle minacce.

Vicinanza  ai popoli  dell’America centrale

Desidero esprimere nuovamente la mia vicinanza alle popolazioni dell’America Centrale colpite da forti uragani, in particolare ricordo le Isole di San Andrés, Providencia e Santa Catalina, come pure la costa pacifica del nord della Colombia.

Sobrietà  e attenzione

Auguro un buon cammino di Avvento. Cerchiamo di ricavare del bene anche dalla situazione difficile che la pandemia ci impone: maggiore sobrietà, attenzione discreta e rispettosa ai vicini che possono avere bisogno, qualche momento di preghiera fatto in famiglia con semplicità.

(Angelus in piazza San Pietro )

Lunedì 30

A Istanbul  la festa di s. Andrea

Nostro Signore benedica lei, i suoi fratelli nell’episcopato e i membri del Santo Sinodo, e tutto il clero, i monaci e i laici riuniti per la Divina liturgia nella Chiesa patriarcale di San Giorgio al Fanar.
Richiamare alla mente la carità, lo zelo apostolico e la perseveranza di sant’Andrea, è una fonte d’incoraggiamento in questi tempi difficili e critici.
Rendere gloria a Dio rafforza la nostra fede e la nostra speranza in colui che accolse nella vita eterna il santo martire Andrea, la cui fede resistette nell’ora di prova.
Ricordo con grande gioia la presenza di Sua Santità all’Incontro internazionale per la pace tenutosi a Roma il 20 ottobre.
Oltre alle sfide poste dall’attuale pandemia, la guerra continua ad affliggere molte aree del mondo, e nuovi conflitti armati emergono per rubare innumerevoli vite.

Dovere del dialogo

Le Chiese cristiane, insieme con altre tradizioni religiose, hanno un dovere primario di offrire un esempio di dialogo, mutuo rispetto e cooperazione. Ho sperimentato questa fraternità in prima persona nei vari incontri che abbiamo condiviso.  Riconosco che il desiderio di una sempre maggiore vicinanza e comprensione tra cristiani si è manifestato nel Patriarcato ecumenico di Costantinopoli prima che la Chiesa cattolica e altre chiese s’impegnassero nel dialogo.  Ciò si può  vedere nella lettera enciclica del Santo sinodo del Patriarcato ecumenico rivolta alle Chiese in tutto il mondo esattamente cento anni fa.Rendere grazie a Dio per il fatto che le relazioni tra la Chiesa cattolica e il Patriarcato ecumenico  sono cresciute molto nell’ultimo secolo, anche se continuiamo ad anelare alla restaurazione della piena comunione espressa attraverso la partecipazione allo stesso altare eucaristico. Sebbene gli ostacoli rimangano, sono fiducioso che camminando insieme nell’amore reciproco e perseguendo il dialogo teologico, raggiungeremo l’obiettivo. Tale speranza è basata sulla nostra fede comune in Gesù Cristo, inviato da Dio Padre per riunire tutti gli uomini in un corpo, e pietra d’angolo della Chiesa una e santa, santo tempio di Dio, nella quale tutti noi siamo pietre viventi, ognuno secondo il proprio  carisma o ministero conferitogli dallo Spirito.(Messaggio al Patriarca ecumenico Bartolomeo I)

Giudici e poeti

Alla pari dei movimenti sociali, anche voi [siete] poeti.
Il poeta ha bisogno di contemplare, pensare, comprendere la musica delle realtà e plasmarla con parole.

Nessuna  norma  è legittima  se genera  disuguaglianza

Voi, in ogni decisione, in ogni sentenza, siete di fronte alla felice opportunità di fare poesia: una poesia che curi le ferite dei poveri, che integri il pianeta, che protegga la madre terra e tutta la sua discendenza. Una poesia che ripari, redima, nutra.
Quando una giustizia è realmente giusta,  rende felice i paesi e degni i loro abitanti.
Nessuna sentenza può essere giusta, nessuna legge legittima se genera è maggiore disuguaglianza,  perdita di diritti, indegnità o violenza.
Fate della vostra poesia una pratica e sarete  giudici migliori.
Una poesia che non trasforma, è solo una manciata di parole morte.

Ripensare la giustizia  sociale

In un momento tanto critico, il fatto che le donne e gli uomini che lavorano per dispensare giustizia si riuniscano per  costruire la nuova giustizia sociale è un’eccellente notizia.
Non perdere di vista l’angosciante quadro in cui una piccola parte dell’umanità vive nell’opulenza, mentre a un numero sempre maggiore la dignità è sconosciuta e i diritti umani più elementari sono ignorati o violati.
Non possiamo pensare sconnessi dalla realtà.
Quanti intendono costruire una nuova giustizia sociale [devono]  aggiungere all’approccio  una riflessione storica.
Nel passato ci sono le lotte, i trionfi e le sconfitte. Lì si trova il sangue di quanti hanno dato la vita per un’umanità piena e integrata.
Al momento di ripensare l’idea di giustizia sociale, [occorre] mostrarsi solidali e giusti.
Solidali, lottando contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, di terra e di alloggio... contro quanti negano i diritti sociali e lavorativi... contro quella cultura che porta a usare, a schiavizzare gli altri.

Restituire ai poveri  ciò che è loro

Giusti, sapendo che, quando, risolvendo nel diritto, diamo ai poveri le cose indispensabili, non diamo loro le nostre cose, né quelle di terzi, bensì restituiamo ciò che è loro. Costruiamo la nuova giustizia sociale ammettendo che la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata e ha sottolineato sempre la funzione sociale di ciascuna delle sue forme.

(Videomessaggi alla Conferenza internazionale  dei giudici membri dei Comitati per i diritti sociali di Africa e America)

Martedì 1 dicembre

Messale per l’Africa

A un anno  dalla celebrazione della  Messa che ho presieduto in Rito Congolese nella Basilica di San Pietro, la Libreria Editrice Vaticana pubblica un volume sull’evento, curato da suor Rita Mboshu Kongo.
Il sottotitolo «Un rito promettente per altre culture» indica il motivo  di questa pubblicazione: la testimonianza di una celebrazione vissuta con fede e con gioia.
Il significato spirituale ed ecclesiale e la finalità pastorale della celebrazione eucaristica in Rito Congolese sono stati alla base  del volume.

Un rito promettente per altre  culture

I principi della necessità dello studio scientifico, dell’adattamento e della partecipazione attiva alla Liturgia, voluti dal Concilio, hanno guidato gli autori.
Essendo il primo e unico rito inculturato della Chiesa latina approvato dopo il  Vaticano ii , può servire da esempio e modello per altre culture.
Vi esorto a impegnarvi allo stesso modo per l’insieme del rituale dei Sacramenti e i sacramentali che avete in vista per completare tale Rito.
In Querida Amazonia abbiamo detto di raccogliere nella liturgia molti elementi proprio dell’esperienza degli indigeni nel loro intimo contatto con la natura e stimolare espressioni native in canti, danze, riti, gesti e simboli.

Pochi progressi  dal Vaticano II  a oggi

Il Concilio  aveva richiesto questo sforzo di inculturazione della liturgia nei popoli indigeni, ma sono trascorsi più di 50 anni e abbiamo fatto pochi progressi.
Il Rito Congolese  valorizza i diversi linguaggi, colori, movimenti del corpo, che interagiscono facendo leva su tutte le dimensioni della personalità dei fedeli, sempre tenendo conto degli specifici valori di ogni popolo.
Questa pubblicazione ci ricorda che il vero protagonista del Rito Congolese è il Popolo che canta e loda Dio.

(Videomessaggio per la presentazione di un volume sul Rito Congolese)

Mercoledì  2

Dimensione essenziale  della preghiera

Ci soffermiamo su una dimensione essenziale della preghiera: la benedizione. Dio benedice, ma anche gli uomini benedicono, e presto si scopre che la benedizione possiede una forza speciale, che accompagna per tutta la vita chi la riceve, e dispone il cuore dell’uomo a lasciarsi cambiare da Dio.
Dio non ha sbagliato con la  creazione dell’uomo. La speranza del mondo risiede completamente nella benedizione di Dio: Lui continua a volerci-bene.

Benedetti tutti

La grande benedizione di Dio è Gesù Cristo, il suo Figlio. È una benedizione per tutta l’umanità, che ci ha salvato tutti.
Non c’è peccato che possa cancellare completamente l’immagine del Cristo presente in ciascuno di noi.
La può deturpare, ma non sottrarla alla misericordia di Dio.
Un peccatore può rimanere nei suoi errori per tanto tempo, ma Dio pazienta fino all’ultimo, sperando che alla fine quel cuore si apra e cambi.
Mi viene in mente quelle tante volte che ho visto la gente fare la fila per entrare in carcere.

Più importanti dei peccati  fatti  perché figli

Tante mamme in fila per vedere il loro figlio carcerato: non smettono di amare il figlio... non hanno vergogna; o meglio, hanno vergogna, ma vanno avanti; perché è più importante il figlio, della vergogna. Noi per Dio siamo più importanti di tutti i peccati che possiamo fare, perché Lui è padre, è madre, è amore puro, ci ha benedetto per sempre. E non smetterà mai di benedirci.Leggere i testi biblici di benedizione in un carcere, o in una comunità di recupero. Far sentire a quelle persone che rimangono benedette nonostante i loro gravi errori. Se perfino i loro parenti più stretti li hanno abbandonati perché ormai li giudicano irrecuperabili, per Dio sono sempre figli. A volte si vedono  dei miracoli: uomini e donne che rinascono. Perché trovano questa benedizione che li ha unti come figli. La grazia di Dio cambia la vita: ci prende come siamo, ma non ci lascia mai come siamo.A Dio che benedice, anche noi rispondiamo benedicendo: è la preghiera di lode, di adorazione, di ringraziamento.  La preghiera è gioia e riconoscenza. Dio non ha aspettato che ci convertissimo per cominciare ad amarci, ma lo ha fatto quando eravamo ancora nel peccato.Dobbiamo benedire tutto in Lui, tutta la gente, benedire Dio e benedire i fratelli, benedire il mondo: questa è la radice della mitezza cristiana, la capacità di sentirsi benedetti e la capacità di benedire. Se tutti facessimo così,  non esisterebbero le guerre.

Il mondo  ha bisogno  di benedizione

Questo mondo ha bisogno di benedizione. E a noi resta la gioia di imparare da Dio a non maledire, ma benedire. [C’è] gente che è abituata a maledire,  che sempre ha in bocca una parola brutta.

No alle  maledizioni

Chiedere al Signore la grazia di cambiare questa abitudine perché noi abbiamo un cuore benedetto e da un cuore benedetto non può uscire la maledizione.

Aiuto  alle Chiese  dell’est

Domenica prossima in Polonia sarà celebrata la Giornata di Preghiera e di Aiuto alla Chiesa dell’Est. Ringrazio tutti coloro che si impegnano a favore delle Chiese confinanti.

Per la Nigeria

Desidero assicurare la mia preghiera per la Nigeria, purtroppo ancora insanguinata da una strage terroristica. Sabato scorso, nel nord-est del Paese, sono stati brutalmente uccisi più di cento contadini. Dio  converta i cuori di chi commette simili orrori, che offendono gravemente il suo nome.

Anniversario dell’uccisione di quattro  missionarie  in Salvador

Oggi è il quarantesimo anniversario della morte di quattro missionarie del Nord America, uccise in El Salvador: le suore di Maryknoll Ita Ford e Maura Clarke, la suora orsolina Dorothy Kazel e la volontaria Jean Donovan. Il 2 dicembre 1980 furono rapite, violentate e assassinate da un gruppo di paramilitari... nel contesto della guerra civile. Con impegno evangelico e correndo grandi rischi portavano cibo e medicinali agli sfollati e aiutavano le famiglie  povere. Queste donne vissero la loro fede con grande generosità. Sono un esempio.

 (Udienza generale nella Biblioteca privata  del Palazzo apostolico vaticano)