Mauro Cianni e il gruppo scout Agesci Diamante 1

Chi arricchisce chi?

Riera_.jpg
03 dicembre 2020

«Mi sono emozionato e la cosa mi ha reso felice. Quando i miei amici scout mi hanno invitato a recitare insieme il Rosario, mi hanno pure rivelato che pregavano affinché potessero affrontare la pandemia come ho fatto io: senza perdere mai la voglia di partecipare agli eventi della vita, senza mai far sfiorire la speranza». Mentre Mauro Cianni — ragazzo con disabilità, poco più che ventenne — racconta l’episodio dalla sua casa di Diamante (Cosenza), il borgo calabrese dove vive, non si può proprio fare a meno di concordare col gruppo del Rosario. Tornare a osservare il mondo con quella stessa purezza nello sguardo e con quel sorriso pieno di significato, potrebbe essere per tutti miracoloso. O, almeno, un autentico modello di tenacia da seguire. Il ragazzo, del resto, da tutta una vita, e quindi da molto prima che l’emergenza sanitaria si manifestasse, s’è messo in gioco. Nonostante tutto e tutti, nonostante una sedia a rotelle e tanto altro. In particolare, s’è aperto al mondo (e continua a farlo) attraverso il gruppo Scout Agesci Diamante 1: una realtà sempre più inclusiva, accogliente, aperta, di contrasto ai tabù, alle disparità e alle discriminazioni, che aiuta a non chiudersi, a non isolarsi rispetto al resto dell’universo. «Non lascerò mai gli scout — spiega Cianni deciso — perché sono parte della mia famiglia, i miei fratellini, la mia casa e, lì, con loro, riesco a essere davvero me stesso».

E ora più che mai — ora che è entrato nella cosiddetta Branca Rover-Scolte e ha partecipato a innumerevoli campi organizzati dall’Agesci e dal suo gruppo — il giovane è pienamente se stesso, non si arrende. Perché chi crede che una persona paraplegica o con disabilità, non possa immergersi con la propria squadriglia nella natura selvaggia, partecipare alle attività come una qualsiasi altra persona, si sbaglia di grosso. Nel gruppo Scout Agesci Diamante 1, che lo ha visto crescere sin dalla sua apertura, nel 2004, c’è chi, ad esempio, ricorda l’episodio in cui gli scout, nel corso di un campo notturno, iniziarono a spingere Mauro sulla carrozzina, mano nella mano, per non escluderlo e farlo giocare, come tutti, attorno al fuoco («Sembrava come se le gambe degli altri ragazzi fossero le gambe di Mauro», chiosano i capigruppo). Poi, c’è chi racconta di quando gli amici, per simboleggiarne il passaggio al noviziato, «presero Mauro in braccio per condurlo in cima alla lunghissima e ripida scalinata della Chiesa del posto». O chi, ancora, ci tiene a spiegare l’idea di ulteriori suoi amici — i più grandi che sarebbero successivamente diventati ingegneri — «in base alla quale si sarebbe potuta progettare e, al contempo, costruire una tenda sopraelevata, una sorta di rigida impalcatura in legno da inserire sotto la tenda stessa, in modo da consentirne, a Mauro, un facile accesso sulla sua sedia a rotelle».

Così, i momenti di gioco e, soprattutto, di integrazione, libertà e coinvolgimento si accumulano nei ricordi di tutti: sono tantissimi e al giovane, la vita, l’hanno trasformata, arricchendola di colore, amicizie, affetto e continui stimoli. «Ho partecipato a molteplici campi, ritiri, eventi promossi dal mio gruppo Scout o — aggiunge il ragazzo — Posso dire che a tutti mi sono divertito un sacco, grazie alla conoscenza di nuove persone e di veri amici. Ricordo con molto piacere l’uscita al santuario del Pettoruto, a San Sosti, sempre nel cosentino, e vuoi sapere perché? Ecco, qualcuno aveva preparato delle ciambelle gustose, con lo zucchero sopra, e io ne mangiai un bel po’».

Sorride Mauro e chi è suo interlocutore non può che fare lo stesso; il ragazzo ha una risata brillante, contagiosa e si fa fatica — nel senso che è quasi un dispiacere interromperla per l’allegria che suscita — a porre nuove domande, fino a quando non ci pensa lui a riprendere a parlare. Con naturalezza riprende, cioè, il filo del discorso, la storia sul ritiro e sul campo scout preferiti, ambientati in quel posto sacro, il santuario-basilica della Madonna del Pettoruto per l’appunto, che, oltre per i dolciumi, è importante per la storia leggendaria che vi è legata, sul pastorello sordomuto che, nel Quattrocento, vide scolpita nella roccia l’immagine della Vergine Maria e, da allora, riprese a parlare, rivelando al resto del villaggio montano l’apparizione. Una storia, pertanto, di disabilità e di bellezza, che il giovane ascolta con meraviglia e stupore e che è un po’ come la sua, che, l’amore salvifico lo ha trovato in famiglia, a scuola, nella passione per l’informatica, negli scout e nella parrocchia di San Biagio e della Chiesa Gesù Buon Pastore, dove, con i compagni, prende parte al coro e anima la messa domenicale.

Non hanno difficoltà nel sottolinearlo, nuovamente, i capigruppo di Mauro. «È stata una fortuna conoscerlo; lui, col suo esempio, ci arricchisce giorno dopo giorno: se non può montare una tenda, solo per dirne una, di certo non si rabbuia, ma rimane parte integrante del gruppo. Non si abbatte per niente e, a quel punto, mentre gli altri costruiscono quanto necessario per il campo, Mauro rimane accanto a loro e, magari, gli passa il picchetto». Dopodiché, proseguono: «Col metodo attivo, proprio allo scoutismo, s’impara facendo e, nel fare, s’impara anche il sapore della sconfitta, a non mollare. Non è un caso se Baden Powell diceva che per gli scout nulla è impossibile. Perciò tutti noi, attraverso il lavoro di squadra, tutto questo lo mettiamo in pratica, aiutando ciascun ragazzo, senza compiere alcuna differenza di sorta; oltre a Mauro, ci sono altri giovani con disabilità e sono tutti perfettamente integrati e coinvolti nel gruppo, così come dovrebbero essere, sempre integrati e coinvolti, nella società, nel mondo là fuori».

Nel frattempo, ritornando alla storia del Rosario, Mauro Cianni dice: «Se i miei amici pregano per me e per avere la mia stessa forza, io prego per Papa Francesco e per incontrarlo, un giorno». È proprio in tal modo, con queste parole e un breve, personale aneddoto, che il giovane scout saluta: «Da piccolo riuscii ad assistere a un’udienza pubblica nell’aula Paolo vi ma c’erano tante persone e un continuo vociare, fu normale spaventarmi. Ecco perché il mio desiderio più grande sarebbe quello di incontrare Papa Francesco a Santa Marta». Conclude così, lo scout, con lo sguardo puro negli occhi, il sorriso sempre in volto.

di Enrica Riera