Indagine sulla salute dei preti francesi

Una sfida che riguarda tutti

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02 dicembre 2020

«Concretamente, di cosa ha bisogno un prete? Del Vangelo meditato instancabilmente, della fraternità con i confratelli, della fiducia del suo vescovo, di stimolanti progetti missionari, ma soprattutto di preghiera e amicizia, stima e indulgenza da parte dei fedeli. Tutti debbono porsi delle domande»: a suonare il campanello d’allarme è monsignor Benoît Bertrand, vescovo di Mende, presentando l’indagine sulla salute dei sacerdoti realizzata dalla Conferenza dei vescovi francese (Cef). «Ci sono stati dei segnali inquietanti riguardo alla salute psicologica dei sacerdoti — indica il presule, alla guida del comitato direttivo di questo studio — ed è stato necessario consacrare del tempo per fare il punto su questo aspetto e su quello della salute fisica».

Un dato tra i più rilevanti di questa indagine inedita di 126 pagine, infatti, è che mentre la maggioranza degli sacerdoti si considera in discreta o addirittura ottima salute globale, più del 17 per cento di loro presenta sintomi di depressione. Una cifra significativamente superiore al 5,2 per cento osservato negli uomini della popolazione generale di età pari o superiore a 15 anni. Lo studio della Cef rivela che il 24 per cento ha un grado di esaurimento professionale alto o moderato. Si nota inoltre un punteggio basso di realizzazione personale per quattro intervistati su dieci. Una percentuale significativa di sacerdoti è anche in sovrappeso e soffre di malattie croniche, più del resto della popolazione.

Alla base vi sono molti problemi. In primo luogo, c’è il sovraccarico di lavoro pastorale, dovuto anche alla scarsità delle vocazioni. La media settimanale è di 58 ore e metà degli intervistati ammette di lavorare tra le 9 e le 12 ore al giorno. La questione della solitudine emerge rapidamente nelle testimonianze di chi confessa un malessere, a maggior ragione per quei sacerdoti inviati in territori rurali con assemblee domenicali disseminate, lontani dai circoli familiari e amichevoli. Oltre a questa solitudine, a volte c’è la sensazione di essere fraintesi. Perché la figura del sacerdote è in crisi. Scosso da scandali di pedofilia. Provato dalla sfiducia o dall’indifferenza della società. Infine, resta la spinosa questione del riconoscimento all’interno dell’istituzione. Il 34 per cento dei sacerdoti ritiene che il suo ministero non sia mai o solo a volte valutato al suo giusto valore dal proprio superiore. Molti auspicano la generalizzazione di una vera politica delle risorse umane.

Il documento propone un elenco di raccomandazioni per migliorare la prevenzione dei mali che minacciano il clero. Tra le vie: un piano per combattere la solitudine, in particolare concentrandosi sul tema degli alloggi, la creazione in ogni diocesi di un Centro socio-sanitario per preti in attività, o l’istituzione di un mediatore in grado di intervenire in caso di difficoltà relazionali tra colleghi o con la gerarchia. «La questione della salute dei sacerdoti non è soltanto una preoccupazione dei vescovi — insiste monsignor Bertrand — questa è una questione a cui tutto il popolo di Dio deve prestare attenzione». Di solito, aggiunge il vescovo di Mende, «i preti, uomini di ascolto e di scambi, sono estremamente restii a parlare di se stessi. Uno dei sintomi della generosità missionaria è dimenticare se stessi. Ci sono, come sappiamo, delle patologie legate alla generosità e il burnout è una di queste».

L’indagine della Cef è il frutto di un lavoro ambizioso: su un totale di 6.313 sacerdoti selezionati, provenienti da 105 diocesi, sono state registrate 3.593 risposte, di cui 2.656 utilizzabili (gli altri questionari erano incompleti).

di Charles de Pechpeyrou