La fiaba natalizia di Simona Baldelli che ci parla del presente

L’uomo sul filo

Jean-Michel Folon, «Acquarello» (1988)
01 dicembre 2020

Una piccola città di provincia, alla vigilia di Natale. Un ultrasessantenne, anziano funambolo molto noto da giovane per le sue mirabolanti imprese, e per questo chiamato l’Uomo dell’aria, torna dopo anni nella città dove ha vissuto e decide di compiere un’ultima spericolata impresa: camminare, sospeso nel vuoto, su un cavo lungo 170 metri, teso saldamente tra la croce di un vecchio campanile e il balcone dell’edificio che ospita la Biblioteca comunale.

È notte, le strade sono deserte, l’Uomo dell’aria fa i primi timidi passi sul cavo. Tutta la fiaba si snoda nel tempo che all’uomo occorre per compiere la traversata e non solo. Mentre ondeggia, con saldo equilibrio, sull’esile struttura di metallo, pensa, ricorda, sogna, prova sensazioni di fame, di freddo, sempre più deciso a vincere quest’ultima sfida.

Nel frattempo con un veloce passaparola si è radunata sotto di lui una piccola folla. In molti tentano di farlo desistere tanto appare pericoloso il suo gesto. Ci provano un pompiere, un poliziotto, un medico, un prete. Arrivano anche una presentatrice televisiva con tanto di cameraman, un’astrofisica, la bibliotecaria, un generale. Molti, fra il pubblico, stanno registrando dei filmati e li stanno condividendo. Tra coloro che parlano con l’Uomo dell’aria ci sono la figlia, che lui non vede da decenni, e un suo ex allievo di scuola di nuoto, due giovani che mettono in moto nel funambolo ricordi intensi e struggenti di un tempo passato, quando lui era giovane e pieno di ardimento mentre ora deve misurarsi con un’età fragile, piena di dubbi e rimpianti.

La narrazione prosegue con la cronaca in diretta della traversata del funambolo, una cronaca punteggiata di dialoghi, discussioni, sproloqui anche comici tra la gente che in basso è cresciuta sempre più. Resta però sospesa nel lettore una domanda: perché lo fa? Se lo chiede anche il funambolo e si dà qualche risposta. Vuole sfidare la paura, imparare il volo dagli uccelli, più di tutto raggiungere l’Uomo a colori che gli era apparso una volta, miraggio di un tempo e luogo incantato e armonioso.

A un certo punto un temporale violento, nel cuore della notte, interrompe e mette a rischio la traversata. Tra la folla c’è un fuggi fuggi generale, solo alcuni restano, imperterriti. L’uomo dell’aria conta le persone che si sono riunite attorno al lampione. «Otto anime vagabonde nella notte, a osservare un vecchio smarrito su un filo. Perché siete venuti? Chiese». Nelle risposte che daranno c’è tutto il senso che ognuno di loro dà alla sua vita. Alla vita.

Questa Fiaba di Natale (Palermo, Sellerio, 2020, pagine 120, euro 13) di Simona Baldelli è parente stretta del Piccolo Principe per delicatezza di toni, atmosfere incantate, densità di linguaggio poetico. Più che mai adatta a questo tempo perché possiamo trovare nel racconto, simbolicamente rappresentati, i nostri smarrimenti, le nostre paure ma anche e soprattutto la nostra voglia e capacità di sognare.

di Giulia Alberico