"The Law of Innocence" di Michael Connelly

Colpa o non colpa?

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02 dicembre 2020

L’innocenza non è un termine legale. Mai nessuno guadagna la propria intima innocenza in un tribunale. Mai nessuno è veramente discolpato dal verdetto di una corte. La vera innocenza è “altrove”. Quando il legal thriller si carica di una riflessione di carattere filosofico che trascende la dimensione della giurisprudenza si produce un’alchimia che se da un lato può apparire pretenziosa, dall’altro sortisce un effetto di salda presa sul lettore, il quale si trova a domandarsi non solo chi è il colpevole, ma anche a interrogarsi su principi che vanno al di là della finzione narrativa. Tale alchimia rappresenta il filo conduttore del giallo di Michael Connelly The Law of Innocence (New York, Little, Brown and Company, 2020, pagine 423, dollari 29) appena uscito negli Stati Uniti. L’avvocato Mickey Haller è accusato di omicidio e finisce in una cella del Twin Towers Correctional Facility di Los Angeles. Proprio dalla sua cella dovrà adoperarsi per riottenere la libertà. Connelly, già autore di legal thriller di alta qualità, anche in questo caso confeziona un meccanismo perfettamente oleato, entro il quale si dipanano le incalzanti arringhe e le spumeggianti schermaglie tra l’accusa e la difesa. La legge dell’innocenza — afferma l’avvocato Haller — è una legge non scritta, che non si trova in un codice rilegato in cuoio. Secondo le leggi della fisica, a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria; secondo la legge dell’innocenza, a ogni persona presunta colpevole corrisponde una persona colpevole. E per provare la propria innocenza occorre trovare il vero responsabile del crimine, e «denunciarlo al mondo». Ma la verità, in questo gioco delle parti, è che nessuno è mai veramente innocente, e che anche chi viene inchiodato dal giudizio della corte, conserva in sé un fondo di innocenza.

di Gabriele Nicolò