Un dibattito online sulla fraternità verso i più deboli

Ci si salva insieme

Jacob Jordaens, «Il buon samaritano» (1616)
27 novembre 2020

Occorre comportarsi come il buon Samaritano che si ferma, rinuncia al tempo che doveva impiegare in altro modo e si fa interpellare dalla realtà: vede nell’altro un fratello che ha bisogno e agisce di conseguenza. Lo ha detto Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione, intervenendo al dibattito su «La fraternità verso i più deboli all’epoca del covid: la lezione dell’enciclica Fratelli tutti» andato in onda nei giorni scorsi in modalità virtuale sulla pagina facebook di Emergenza sorrisi onlus.

Un dialogo a tutto campo sul documento di Papa Francesco, moderato da Fabio Abenavoli, fondatore della onlus, a cui hanno partecipato anche fra Giulio Cesareo, responsabile editoriale della Libreria editrice vaticana, e Riccardo Bonacina, fondatore di Vita non profit.

Si deve dunque ripartire dall’esempio del buon Samaritano, ha detto Ruffini, perché da lì ricomincia la storia che spesso è fatta di ricorsi. Il messaggio della parabola evangelica è essenzialmente riconducibile a considerarsi tutti fratelli: non come un’utopia, ma come una realtà da comprendere e su cui scommettere la vita. Basterebbe cominciare da se stessi, finirla con alimentare i rancori, le piccole guerre, e non giudicare duramente il fratello che si ha accanto. Il Papa, ha evidenziato il prefetto del Dicastero, invita a riconoscere la fraternità non solo nel piccolo della vita quotidiana, ma anche in grande, a livello politico, nel rapporto tra le religioni e tra le nazioni. È necessario, poi, legare l’enciclica a questo drammatico tempo di pandemia che sta attraversando il mondo. Ruffini ha poi fatto notare che Fratelli tutti è un’enciclica “politica”, nel senso nobile e alto del termine. Con questo testo il Papa dice alla politica due cose: quanto essa sia al servizio del prossimo e quanto sia connessa all’economia, al lavoro e all’attenzione per gli ultimi. Il Pontefice poi ammonisce a non equivocare e a non tradire il popolo: alla fine, infatti, c’è sempre il rischio di fare i propri interessi e non quelli della gente. Un altro elemento da prendere in considerazione è che l’azione politica riguarda tutti e non solo i governanti e i politici. Allo stesso modo, l’economia non deve essere un’aritmetica avara, ma la cura della casa comune, l’attenzione e l’ascolto dei più deboli.

Altro tema sollevato nell’enciclica è quello dello “scarto” a livello mondiale. Una questione conessa a un’illusione ricorrente nell’umanità, accecata dal miraggio di salvarsi da sola. Uscire dalla crisi, ha concluso Ruffini, non significa trovare un escamotage di facciata, ma cercare una soluzione tutti insieme, popoli, culture e generazioni diverse.

Nel moderare l'incontro, Abenavoli si è soffermato su alcuni punti. Quante volte, ha detto, si vede come la fraternità sia difficile da applicare. Lo si riscontra anche in questi giorni, quando il senso di unità nell’affrontare insieme la pandemia sembra venire meno. Per questo, ha aggiunto, l’enciclica Fratelli tutti si inserisce in quel percorso di sostegno a tutti gli uomini e le donne del mondo che Francesco ha costantemente offerto durante l’emergenza sanitaria. In effetti, ha detto, l’umanità, formata da credenti e non credenti, vede nel Papa l’unico leader a livello mondiale capace di offrire un’alternativa credibile al mainstream dominante a livello politico e sociale. Con la crisi le diseguaglianze sociali si stanno drammaticamente allargando e molti timori vi sono anche rispetto alla diffusione del vaccino. Abenavoli poi ha invitato a comprendere che nell’aiuto concreto verso chi soffre non vi è solo beneficio per chi riceve, ma anche per chi dona. Nelle missioni si vive poco la virtualità, ha detto il fondatore di Emergenza sorrisi onlus, perché serve la realtà dello sguardo, dell’operare, dello stare accanto. Serve uscire da questa morsa che sta sempre più portando in un mondo virtuale e meno attento all’altro.

Gli ha fatto eco fra Giulio Cesareo, il quale ha fatto notare come il Papa nell’enciclica sottolinei che le nostre società hanno elaborato un modo di pensare, di gestire il tempo e il lavoro in cui ci sono delle persone che valgono più delle altre. Al contrario, il Vangelo è l’annuncio che siamo tutti uguali nel senso di tutti amati. A questo proposito, Fratelli tutti lancia una scommessa: il Vangelo può diventare il modo di pensare e quindi di agire. È la radice dell’esperienza di Francesco d’Assisi. Questa enciclica, ha aggiunto, invita a riscoprire il Vangelo, tanto attuale e pieno di speranza, perché chi si avvicina a Dio si avvicina al prossimo. C’è, invece, spesso la tentazione di volersi avvicinare a Dio senza i fratelli, perché è più facile e non ci si sporcano le mani. In questo senso, la fede autentica è sempre relazione, perché chi si accosta al Padre scopre i fratelli, e viceversa.

Da parte sua Bonacina ha riproposto il modello del buon Samaritano. Egli non è uno che fa professione di fede, ma uno che guarda la realtà e posa gli occhi sull’altro che incontra lungo il suo cammino. Il suo esempio, ha detto, è quello di chi non volta le spalle né alla realtà, né al dolore, né alla persona. C’è bisogno, ha aggiunto, di costituirsi non come singoli, ma come comunità. Questa pandemia, dunque, può aiutarci a capire che non ci si salva da soli, ma insieme.

di Nicola Gori