Le novità della terza edizione del Messale Romano in lingua italiana in uso da domenica

Celebrare Dio
paterno e amorevole

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26 novembre 2020

Cambiano poche parole ma il loro impatto sulla partecipazione dei fedeli alla liturgia è notevole: le novità presenti nella nuova e terza edizione del Messale Romano in lingua italiana — che numerose diocesi hanno scelto di introdurre sin dal 29 novembre, prima domenica di Avvento — a cominciare dalla variazione della traduzione della Preghiera del Signore, segnano una vera svolta, anche per la preghiera personale. Il Padre nostro costituisce la «scelta più nota, anche attraverso le risonanze mediatiche, e più discussa, con l’introduzione del testo approvato a suo tempo per la Bibbia Cei 2008», osserva la Conferenza episcopale italiana nel sussidio che accompagna la presentazione del nuovo volume. La preghiera insegnata da Gesù prevede l’inserimento di un «anche» («come anche noi li rimettiamo»). Ma sopratutto, la frase «non ci indurre in tentazione» sarà sostituita da «non abbandonarci alla tentazione». Una decisione «giustificata dal fatto che la connotazione dell’italiano “indurre” esprime una volontà positiva mentre l’originale greco eisferein racchiude piuttosto una sfumatura concessiva (non lasciarci entrare)». Con la nuova traduzione, proseguono gli autori del sussidio, «si esprime nello stesso tempo la richiesta di essere preservati dalla tentazione e di essere soccorsi qualora la tentazione sopravvenga, evitando di attribuire la tentazione a Dio».

I ritocchi che dovranno essere memorizzati dall’intera assemblea — che mirano a presentare l’Eucaristia «come sacramento dell’amore sconfinato di Dio per il suo popolo», spiega monsignor Claudio Maniago, vescovo di Castellaneta e presidente della Commissione episcopale per la liturgia della Cei, in un colloquio con «L’Osservatore Romano» — riguardano anche il Gloria. Nell’inno si dirà «uomini, amati dal Signore» invece di «uomini di buona volontà»: una modifica che intende porre l’accento sulla «paternità» di Dio, indica il presule.

È stato rivisto inoltre l’atto penitenziale con un’aggiunta “inclusiva”: accanto al vocabolo «fratelli» ci sarà «sorelle». Reciteremo così: «confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle», poi «e supplico la beata sempre Vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli e sorelle». Un cambiamento ancor più rilevante che risponde all’appello di Papa Francesco per una maggiore apertura alle donne nella Chiesa. «Nelle nostre comunità la presenza femminile è sempre stata ben viva nella concretezza delle cose — commenta monsignor Maniago — ma in questo momento c’è bisogno di una sua manifestazione anche a livello verbale, per ribadire che il popolo di Dio naturalmente non fa distinzione nella dignità tra l’uomo e la donna».

Altre modifiche riguardano le parole del celebrante nei riti di comunione. Ad esempio, la nuova enunciazione «scambiatevi il dono della pace» subentra a «scambiatevi un segno di pace». Più rilevante è invece la variazione nell’invito del sacerdote alla comunione, che diventa: «ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla cena dell’Agnello». Per la conclusione della Messa è consigliato di privilegiare la frase «andate in pace» invece di «la messa è finita, andate in pace». È prevista anche la nuova formula: «andate e annunciate il Vangelo del Signore». Ma i vescovi danno la possibilità di congedare i fedeli con le tradizionali parole latine: Ite, missa est.

L’idea cardine della terza edizione, il cui utilizzo diventerà obbligatorio il 4 aprile 2021, solennità della Risurrezione, al posto della precedente versione che ha scandito la liturgia per quasi quarant’anni, dal 1983, è di fare in modo che «l’Eucaristia sia celebrata da una Chiesa radunata dal Signore e posta di fronte a un Dio che è Padre», insistendo «su questo amore gratuito e generoso di Dio verso ciascuno di noi» e «sulla misericordia divina, su cui con il magistero di Papa Francesco si è riflettuto molto», riassume monsignor Maniago.

Nella nuova edizione per la prima volta le partiture entrano a pieno titolo nel corpo del libro, accanto ai testi della liturgia, e non finiscono in appendice come era accaduto nel messale del 1983. Non solo. Aumentano i brani proposti e si torna a privilegiare le formule ispirate al gregoriano evitando che il libro dell’Eucaristia diventi un luogo di sperimentazione. Altre novità sono legate al formato del volume, alla veste grafica e all’apparato iconografico. Si intende infatti coniugare fedeltà all’edizione latina e comprensibilità per rendere il rito più accessibile possibile, in modo tale che le parrocchie tornino a riscoprire la bellezza della liturgia, i suoi gesti, i suoi linguaggi, e a coinvolgere il popolo di Dio in vista di una piena e attiva partecipazione. «Ribadiamo con forza che questo non è il libro del sacerdote, non è di sua esclusiva competenza; il protagonista della celebrazione dell’Eucaristia è tutta l’assemblea, chiamata a pregare, a compiere gesti e canti insieme, in modo armonico», osserva monsignor Maniago.

La revisione italiana del Messale scaturito dal Vaticano ii arriva a diciotto anni dalla terza edizione tipica latina varata dalla Santa Sede nel 2002, alla quale si è cercato di mantenere «una fedeltà vera e profonda», sottolinea il vescovo di Castellaneta. La complessa operazione coordinata dalla Cei ha visto numerosi esperti collaborare con la Commissione episcopale per la liturgia fino a giungere nel novembre 2018 all’approvazione del testo definitivo da parte dell’Assemblea generale dei vescovi italiani. Poi, dopo il “via libera” di Papa Francesco il ı6 maggio 20ı9, il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha promulgato il libro l’8 settembre 2019.

La liturgia è «luogo privilegiato di trasmissione dell’autentica tradizione della Chiesa e di accesso ai misteri della fede, in un collegamento sempre più stretto con le diverse dimensioni della vita», indica il testo di presentazione elaborato dalla Cei. Quanto si celebra deve tradursi in vita, in «impegno quotidiano», chiarisce. Infatti nella Messa si «mette in gioco tutta la persona, corpo e spirito» e il Messale «indica anche gesti da porre in atto e valorizzare» con cui «si è coinvolti nel mistero celebrato», ricorda il sussidio della Conferenza episcopale. Del resto, il culto liturgico «non è anzitutto una dottrina» ma «sorgente di vita e di luce per il nostro cammino di fede».

Raccogliendo una raccomandazione del Consiglio permanente della Cei, l’Ufficio liturgico nazionale e l’Ufficio catechistico nazionale hanno quindi predisposto un sussidio che propone un percorso di accoglienza e valorizzazione della nuova edizione del Messale con dieci schede tematiche che affrontano da varie angolature la celebrazione di cui il Messale è norma, fornendo spunti di riflessione. L’auspicio, indica la Cei nel messaggio che accompagna la pubblicazione di questa nuova edizione, è che «riscopriamo insieme la bellezza e la forza del celebrare cristiano, impariamo il suo linguaggio — gesti e parole — senza appiattirlo importando con superficialità i linguaggi del mondo». Da qui questo invito finale: «Lasciamoci plasmare dai gesti e dai “santi segni” della celebrazione, e ci nutriamo con la lectio dei testi del Messale».

La prima copia del Messale Romano in lingua italiana era stata presentata al Papa lo scorso 28 agosto dal cardinale Bassetti, accompagnato da una delegazione di esperti in rappresentanza delle oltre cinquanta che hanno messo mano a quest’opera per diciotto anni: un momento «significativo e simbolico», aveva osservato alcuni giorni dopo monsignor Maniago, «perché in questa consegna al Santo Padre, Primate d’Italia, quella che nell’editio typica è ancora una liturgia per certi aspetti asettica e “disincarnata” che diventa, nel Messale tradotto, liturgia viva, pronta per essere celebrata dalle comunità del nostro Paese».

di Charles de Pechpeyrou