Sulle tracce del figlio venuto da Nazareth

Che lingue parlava Gesù?

Particolare da un manoscritto del XV secolo
23 novembre 2020

Anticipiamo uno stralcio dal libro del biblista ed esegeta Daniel Marguerat Gesù di Nazareth. Vita e destino curato da Alice Campetti, Eliana Bouchard e Yann Redalié per l’editore Claudiana (Torino, 2020, pagine 295, euro 24,50, traduzione dal francese di Alice Campetti) in libreria dal 26 novembre.

Gesù che lingua parlava? Viene spontaneo rispondere: l’aramaico, ma la questione è più complicata. Nel I secolo, in Palestina si parlavano quattro lingue: latino, greco, ebraico e aramaico. Lasciamo stare il latino, poiché era adottato soltanto dalle autorità romane per gli scambi politici o amministrativi. Le uniche iscrizioni in latino sono state trovate a Cesarea Marittima (dove risiedeva il governatore) e a Gerusalemme.

Viceversa, dopo le conquiste di Alessandro Magno, il greco era diventato quel che oggi è l’inglese: la lingua di comunicazione universale. Le iscrizioni sulle monete battute sotto il regno di Erode il Grande sono esclusivamente greche. A Qumran, il cinque per cento dei manoscritti è in greco. Chiunque concludesse degli scambi commerciali, o avesse rapporti con non giudei, si esprimeva in greco. Tutte le volte che, insieme alla famiglia, andava in pellegrinaggio a Gerusalemme, città santa ma ellenizzata, Gesù entrava in contatto con la cultura greca. Per intrattenersi con un centurione romano era necessario ricorrere a una lingua comune (Mt 8, 5-13). Non per questo possiamo essere certi che padroneggiasse il greco parlato, meno ancora il greco scritto, ma si può desumere che lo conoscesse tanto da capire e farsi capire, questo sì. Al tempo del suo processo potrebbe aver conversato in greco con Ponzio Pilato (Gv 18, 28 — 19, 12), ma è verosimile che fosse presente un interprete.

E l’ebraico? La lingua sacra, la lingua delle Scritture, era stata progressivamente riservata all’uso scritto più che parlato. È stato obiettato che la biblioteca di Qumran, contenente per lo più testi ebraici, prova che nel i secolo si praticava un ebraico vivo. Tuttavia la moltiplicazione dei commentari scritturali (targumim) in aramaico, anche a Qumran, indebolisce l’idea che, al tempo di Gesù, sopravvivesse un ebraico popolare.

Leggeva l’ebraico? La scena della sinagoga di Nazareth (Lc 4, 16-30), dove Gesù svolge il rotolo di Isaia e legge prima di predicare, fa pensare di sì. Purtroppo, la rappresentazione potrebbe essere una composizione tardiva di Luca che ha attinto alla sua conoscenza della liturgia sinagogale: la storicità non è garantita. Invece, Gesù che predica nella sinagoga e discute con gli scribi dell’interpretazione della Torah rende verosimile che leggesse l’ebraico biblico, poiché in caso contrario non sarebbe stato preso sul serio. L’ebraico era la lingua della memorizzazione dei testi biblici.

In Israele, come nel Vicino Oriente, nel i secolo la lingua corrente è l’aramaico. Gesù, ovviamente, conversa con i suoi interlocutori, predica e insegna in aramaico. Il Nuovo Testamento conserva tracce di espressioni idiomatiche: abbà («padre») per rivolgersi a Dio (Mc 14, 36; Gal 4, 6), talitàcum («ragazza, alzati») alla figlia di Iairo (Mc 5,41), effatà («apriti») a un sordomuto, e soprattutto il suo grido sulla croce in Marco 15, 34 Eloí, Eloí lamà sabactàni («Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»). Joachim Jeremias ha elencato, esclusi i nomi propri, ventisei termini aramaici attribuiti a Gesù dai vangeli o da fonti rabbiniche.

Riassumendo, Gesù era trilingue. Parlava un poco di greco per rivolgersi agli stranieri e ai romani, leggeva le Scritture in ebraico e parlava l’aramaico, sua lingua materna.

di Daniel Marguerat