«La Tavoletta dei Destini» di Calasso

Quella lotta contro il caos

William Adolphe Bouguerau, «Omero e la sua guida» (1874, particolare)
19 novembre 2020

«La Tavoletta dei Destini» di Roberto Calasso, appena edito per i tipi di Adelphi (Milano, 2020, pagine 146, euro 18) costituisce l’undicesima parte della gigantesca opera che l’autore ha iniziato nel 1983 con la pubblicazione de La rovina di Kasch. Dopo quasi quarant’anni risulta ancora difficile definire in modo univoco intenti e modalità di un lavoro del tutto originale.

È evidente che in esso la scrittura e il rapporto autore lettore hanno il sopravvento su ogni diversa considerazione. Calasso vuole soprattutto raccontare, collocarsi nel mainstream dell’esperienza narrativa umana, andando alla ricerca delle sue origini e impiegando ogni modalità espressiva consentita dalla forma libro. In un intervento dello scorso anno presso la fondazione Cini, inserito nel suo recente Come ordinare una biblioteca (Adelphi), ha difeso la longevità futura dell’oggetto libro suggerendo che «per qualche tempo l’e-book ha soprattutto offerto il destro a molti per enunciare stoltezze di vario genere».

Come andrà a finire con le forme della lettura non lo sappiamo. Dalle tavolette al rotolo il cammino è stato lungo e altrettanto lo è stato quello per giungere al codice, al libro con le pagine che si sfogliano nato agli albori del medioevo. Le storie hanno dimostrato una capacità di permanenza elevata, sono riuscite a transitare senza sofferenza da una forma espressiva all’altra. Omero era il cantore cieco e dovettero trascorrere dei secoli dalla fine della guerra di Troia perché le sue narrazioni trovassero una redazione definitiva nell’Atene di Pisistrato. Salvo subire, come qualcuno sostiene, un inquinamento di origine lacedemone con l’inserimento surrettizio della visita di Telemaco a Sparta, altrimenti troppo marginale nel ciclo troiano.

Se tutte le storie costituiscono materiale a disposizione di chi intende raccontare, Calasso si sente nel pieno diritto di saccheggiare questo immenso deposito di racconti e di modalità di presentazione, permettendosi ogni possibile ibridazione. E anche ogni attenzione filologica, dato che tra i due termini non c’è contraddizione, dato che vivono su piani diversi.

La Tavoletta dei Destini a cui si riferisce il titolo del suo ultimo lavoro è uno strumento in possesso di divinità mesopotamiche, superumane senza essere onnipotenti, gli Anunnaki, che alcuni considerano persino estraterrestri, giunti dallo spazio a dare inizio alla storia dell’umanità. Il suo utilizzo permette di lottare contro il caso, che circonda l’universo da ogni parte e lo costringe a trasformarsi di continuo. Ciò che si scrive sulla tavoletta si avvera e questo consente di dare ordine e indirizzo alla realtà, senza che per questo essa cessi di essere sfuggente. Divinità diverse approfittano in vario modo di questo carattere, che consente trasferimenti tra dimensioni diverse, il cielo, la terra e gli inferi, e trasformazioni repentine. Alcune entità sono luoghi, altre masse liquide, la loro immortalità è incerta e votata a un cambiamento che a volte inseguono, altre fuggono. Anche i loro nomi sono mutevoli a seconda delle circostanze, degli incontri e del maturarsi della personalità.

A fornire l’occasione per il racconto di queste avventure, alle quali partecipano occasionalmente l’umanità, il suo campione Gilgamesh e la città di Uruk, chiamata l’Ovile, è l’incontro tra due personaggi centrali dell’immaginario arabo-persiano: Sinbad il Marinaio e Utnapishtim. Uno è il viaggiatore per vocazione, l’uomo che vuole conoscere il mondo e accetta di mettersi a rischio per questo scopo, l’altro è il navigatore di necessità, il Noè mesopotamico, convocato dal dio Ea per salvare umanità e animali dal diluvio universale e traghettarli nel mondo nuovo che li aspetta. Altri dei lo hanno punito per aver fatto questo, imprigionandolo su di un’isola deserta a trascorrere un’eternità solitaria. Calasso aggiunge al mito del salvatore dell’umanità l’incontro con un ascoltatore d’eccezione.

di Sergio Valzania