Prima edizione del concorso «Opera Prima»

Una verità senza barriere

La copertina dell’e-book edito da Il Castoro
16 novembre 2020

«Mi sono divertita. Ho ritagliato del tempo per me e ho scritto. L’ho fatto persino la mattina presto sul tram, quando ancora si andava a scuola». «Io scrivo da sempre, ma stavolta ho capito che i miei scritti possono avere un valore e piacere alla gente». «Di solito, vado in giro con un taccuino, la scrittura è una presenza costante nella mia vita, ma se mi chiedessero perché scrivo non saprei rispondere: probabilmente lo faccio per me stesso».

Queste sono solo alcune delle voci dei dieci ragazzi vincitori della prima edizione del concorso di narrativa Opera Prima, ideato e diretto dal docente Marco Ferrari e organizzato dall’istituto Toniolo, ente fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e dall’associazione Amore per il sapere, in collaborazione a numerosi partner. Tra questi, l’editrice Il Castoro, la quale, dopo aver offerto ai giovani la possibilità di venire affiancati da un editor come fossero autori professionisti, ha pubblicato i loro testi in un unico volume. L’opera — disponibile soltanto in versione e-book — è intitolata A modo nostro (Milano 2020, pagine 77, euro 0,99) ed è, appunto, costituita dai dieci racconti degli studenti prescelti, grazie al lavoro di una qualificata giuria, da una rosa di 150 candidati, tra i 14 e i 19 anni, provenienti da 40 scuole secondarie di secondo grado di tutta Italia. L’e-book, a tema Mode. Modi, reca, inoltre, la postfazione dello psicoanalista, scrittore e, in tal caso presidente di giuria, Luigi Ballerini. Quest’ultimo, sul valore particolare dell’antologia e sull’importanza dell’esperienza vissuta dai ragazzi, non ha dubbi: «Più che un concorso, Opera Prima ha rappresentato un percorso, un lavoro insieme (fatto di videolezioni sulla scrittura per tutti), culminato nell’affiancamento dei vincitori agli editor de Il Castoro e poi nella pubblicazione. Un’esperienza d’arricchimento reciproco. I giovani hanno lavorato come veri e propri professionisti e noi abbiamo avuto modo, tramite racconti capaci di esprimere una precisa visione sul mondo, di conoscerli, insieme ai loro timori, ai loro desideri, ai dubbi, alle aspettative: quando qualcuno si apre a noi, ci sta aiutando a capire noi stessi». Soddisfatta anche l’editor de Il Castoro Loredana Baldinucci, che, del resto, pure a nome degli altri suoi colleghi, sottolinea «la maturità riscontrata nei ragazzi, i quali, con guizzi o con la cosiddetta zampata dell’autore, hanno scritto, modificato, sapendo mettersi in gioco». Ora si apre la seconda edizione del concorso che, come ricorda il suo direttore Marco Ferrari, «ha per tema Virtuale è reale e, stavolta, oltre a quella relativa ai racconti brevi, aggiunge la categoria sui soggetti per film e serie tv».

Ma andiamo a questa prima specialissima pubblicazione. A modo nostro è sorprendente. Gli autori — aspiranti scrittori o semplicemente ragazzi che per curiosità si sono cimentati nell’avventura — sono Matteo Bordoni, Vittorio Boschini, Pietro Camussi, Carlo Danelon, Valeria De Stasio, Maria Rita Sofia Di Stasio, Beatrice Lanzillo, Maddalena Rossi, Sara Sardisco, Anna Tomatis. E con stili, ritmi, generi, contenuti, ambientazioni differenti hanno dato vita a storie originali e disarmanti, tutte accomunate da una sorta di filtro della verità, prive di barriere. Non manca narrazione senza che il giovane scrittore prenda posizione sui fatti del mondo con coraggio, con gusto, con educazione. Nell’e-book c’è, così, chi dice che quel che indossiamo «non dovrebbe essere motivo di giudizio o di definizione», chi riflette sul fatto che per conoscere sé stesso sia necessario conoscere l’altro, chi cita il Dialogo della Moda e della Morte di Leopardi, chi si interroga su quanto gli altri influenzino il nostro modo di essere e chi, ancora, parla di memoria come uno «SharigWear, una moda prestata, da condividere, che mette su stoffa con le parole, i racconti del passato, le tradizioni».

In A modo nostro ci sono pure i racconti pieni di suspense, quasi thriller, che si ispirano, denunciandolo, al fenomeno social Blue Whale, che nel 2016 ha condotto alla morte più di 150 ragazzi nel mondo; ci sono realtà distopiche e i flussi di coscienza potenti delle donne («È colpa tua, perché gli hai sorriso, perché tu non hai detto “no”, ma tu hai tredici anni e lui trentacinque, tu hai gli occhi sbarrati dalla paura mentre lui lo vede il disagio»); ci sono le riflessioni sul tempo che scorre e, infine, l’esperienza dell’autismo, descritta con grande consapevolezza e serietà («C’è una infinita dolcezza attorno a questa trasparente parola, “disabilità”, e chi non è capace di coglierla non sa cosa di straordinario sta facendo sfuggire al suo tocco. Esiste uno spazio nel nostro corpo abitato da un qualcosa che noi chiamiamo “anima”, e che possiamo riempirla con umanità»). C’è poco da dire davanti a tutto questo, davanti a tale sensibilità.

I dieci vincitori di Opera Prima sono testimoni del mondo, le mode e i modi della vita, quelli a cui, in maniera molto ampia, la traccia del concorso si riferiva, li hanno interpretati con l’intento — sembrerebbe proprio così — di spezzare la catena dell’omologazione, del pensiero comune, acritico, mostrando d’essere informati, formati e fantasiosi. Dunque, se i ragazzi, o meglio i giovani adulti del volume, scrivono e pensano in questi termini, probabilmente la comunità — una piccola parte di comunità che li circonda e che può essere indistintamente la scuola, la famiglia, la parrocchia, la biblioteca di quartiere e via dicendo — ha, come loro e prima di loro, coraggio, gusto ed educazione.

di Enrica Riera