Iniziative di solidarietà a Cremona in ricordo del santo patrono «padre dei poveri» Iniziative di solidarietà a Cremona in ricordo del santo patrono «padre dei poveri»

La borsa sempre aperta di Omobono

Giulio Campi, «Sant’Omobono» (1555)
13 novembre 2020

Una semplice borsa di stoffa appesa alla cintura dell’inconfondibile casacca. Le mani aperte nel distribuire la proverbiale generosità, talvolta le forbici da sarto e il pesante mantello di lana, per richiamarne il lavoro di mercante di stoffe. Questa l’immagine iconografica inconfondibile del patrono della citta di Cremona.

Omobono Tucenghi uomo, laico, commerciante, vissuto nella cittadina lombarda nel xii secolo, in un contesto culturale in profondo cambiamento. Tempi, quelli di Omobono, che non erano certamente più facili di quelli che attraversiamo noi oggi: c’erano guerre tra le città, anzi anche al loro interno, tra città vecchia e città nuova (quelle che noi oggi chiamiamo periferie), le lotte nella Chiesa, con la fallimentare impresa delle crociate. Anche nel xii secolo la gente migrava, e tanti erano i nuovi poveri che affollavano le contrade.

Omobono era uno dei tanti uomini che intraprendevano i nuovi mestieri della mercanzia e della finanza, diventando velocemente importanti e ricchi, una nuova classe sociale con cui fare i conti.

La sua memoria liturgica è il 13 novembre, data della sua morte nel 1197 a ottant’anni di vita, uomo di preghiera, cultore della verità, costruttore di pace e «padre dei poveri», secondo le parole utilizzate nella bolla papale della canonizzazione, avvenuta a soli due anni dalla morte per volere della cittadinanza tutta, che riconosceva nel suo figlio illustre una figura dall’alto spessore spirituale e non solo. Omobono: un nome che dice tutto.

Omobono vive in un periodo in cui le calamità naturali coglievano le persone fragili e impreparate: terremoti e carestie, pestilenze ed epidemie. Non fu facile per la moglie e i figli capire la conversione caritativa che intuì Omobono, quando a sessantacinque anni diede una svolta profonda alla sua vita, ormai stava diventando — senza saperlo — «padre dei poveri» come i cremonesi ancora oggi lo chiamano e acclamano nelle preghiere. La città era diventata la sua famiglia. Prima di tutto nell’impegno politico, cercando di sedare le rivolte e gli astiosi conflitti che creavano tumulti e litigi nelle diverse contrade cittadine. Le guerre, la peste e le carestie imponevano di non guardare dall’altra parte, e Omobono senti finalmente che i suoi beni li doveva condividere, generosamente e naturalmente, con chi soffriva.

La generosità di sant’Omobono è divenuta proverbiale: la sua borsa non si esauriva, proprio perché sempre pronta ad aprirsi ai bisogni. In tempo di pandemia la Caritas diocesana ha fatto suo l’impegno del patrono cittadino trovando nell’iniziativa chiamata la Borsa di Sant’Omobono una felice immagine che potesse raccontare l’impegno in aiuto a sostenere soprattutto coloro che hanno un lavoro precario oppure lo hanno perso a causa del coronavirus; un modo per non essere lasciati soli in un momento di grande difficoltà. Un fondo speciale creato per  esprimere prossimità e offrire un  aiuto concreto  a coloro che, a causa della pandemia, non hanno alcuna forma di sostentamento oppure sono in gravi, anche se temporanee, difficoltà economiche. La Borsa di Sant’Omobono ha come scopo la prossimità nell’emergenza alimentare, nel pagamento delle utenze e nella ricollocazione nel mercato del lavoro.

La Borsa di Sant’Omobono è un aiuto concreto per dare sostegno alla povertà creata dall’emergenza sanitaria. Ma l’impegno proseguirà, anche dopo l’emergenza, continuando nel tempo, perché divenga uno strumento permanente ed efficace di carità. 

Sant’Omobono, patrono della città e della diocesi di Cremona, riposa nella cripta della cattedrale, ma non è inerte, vive in Cristo e nella comunione dei santi. Il suo messaggio e il suo testamento sono ancora oggi preziosa testimonianza ed esempio di vita, per le città frenetiche dell’odierno. Uomo capace d’imbastire con il filo umile e povero, ma allo stesso tempo robusto del dialogo i rapporti tra le persone che compongono la società di ieri come quelle odierna. Di rammendare con il filo del perdono e della misericordia, gli strappi della discordia e della divisione. Di ricucire, con un filo forte, ma non troppo, che riprenda trame e orditi e armonizzi colori, che ricucia gli strappi, come il chirurgo le ferite. Di ricamare con filati come l’oro e l’argento, gli abiti preziosi del bello e del buono. Di tessere la stoffa preziosa che ripara e protegge, veste la persona e crea l’abito adatto, dove trovarsi bene.

Omobono uomo del suo tempo, laico impegnato, marito fedele, padre saggio, mercante accorto, cristiano credente, ha saputo fare della sua vita un prezioso esempio per tutta la città. La sua Borsa aperta non solo è l’iconografia che lo rende riconoscibile, ma è anche l’inconfondibile carità che anima ancora la città.

di Gianluca Gaiardi
Direttore dell’Ufficio dei Beni culturali della diocesi di Cremona