Appunti di viaggio

I ragazzi delle stelle
A Gaza rinasce l’astronomia

Ibrahim Saad, (c) a telescope expert, and education engineer with Mohammad Baraka (R) , the son of ...
13 novembre 2020

Aveva quattro anni quando vide in una televisione sgranata e in bianco e nero il primo uomo atterrare sulla luna. Fu allora che Suleiman Baraka, il maggiore di quattordici figli di un contadino di Gaza, decise che da grande avrebbe lavorato alla Nasa. C’era quasi riuscito perché nel 2008, dopo studi accademici a Parigi, aveva ottenuto un dottorato di ricerca all’Istituto nazionale aerospaziale statunitense in Virginia. Era un astrofisico di fama internazionale. Poi, una tragedia personale, il bombardamento della sua casa e la morte del figlio Ibrahim, un bambino di 12 anni, durante la guerra tra Israele e Hamas, cambiò per sempre la sua vita. Rientrò in patria e fece un gesto semplice e straordinario. Incontrò i compagni di classe di suo figlio e, calata la notte, cominciò a parlare loro della volta celeste. «Tornai a Gaza unicamente per insegnare astronomia agli amici di Ibrahim — raccontò Suleiman, all’inizio della sua nuova avventura, alla rivista “Terrasanta” — e per mostrare loro quanto sia bello il cielo».

Fu così che all’uomo delle stelle, come veniva chiamato, si sono affiancati nell’ultimo decennio tanti ragazzi delle stelle e l’astronomia, antica scienza nel mondo musulmano, ha avuto una rinascita imprevedibile proprio nella Striscia di Gaza. È qui che nel 2012 è stata creata, con il sostegno dell’Unesco, la prima cattedra di astronomia e astrofisica di tutto il mondo arabo. Sono ormai centinaia gli studenti laureati e specializzandi, allievi di Suleiman. C’è chi è riuscito ad ottenere un dottorato in centri prestigiosi come il Laboratorio di Plasma Physics di Parigi e chi come Mima al Sabbah, una giovane assistente di Suleiman, spera di divenire ricercatrice presso la Stanford University in California e già segue su internet le lezioni del celebre fisico Leonard Susskind. «Tutti, qui a Gaza, pensano che il cielo sia solo una fonte di distruzione e di morte — osservava Suleiman quando cominciò ad insegnare —. Se chiedi a un bambino: cosa vedi se guardi il cielo? Risponderà: un F16 o un elicottero Apache. Io voglio lavorare per cambiare questa percezione. Là fuori, nel cielo, ci sono stelle bellissime e affascinanti, nebulose e pianeti… È stato incredibile vedere come, immediatamente, solo usando un telescopio, è cambiata l’idea delle persone a proposito del cielo. Un telescopio per la gente di Gaza rappresenta una porta di libertà e di pace. Una finestra attraverso cui vedere il meraviglioso universo. Una strada di speranza e di ispirazione per tutta la comunità».

Nella Striscia, il Centro di astronomia e scienze spaziali organizza attività e serate dedicate alle stelle. Sulla pagina Facebook sono oggi 180 mila gli iscritti che ne seguono gli eventi. L’osservazione delle stelle avviene alcune volte al mese sulla base dei passaggi astrali, ma anche della situazione politico-militare. La pandemia di covid, che sta colpendo duramente la Striscia, ha diradato le serata collettive, a cui, fino ad inizio 2020, partecipavano talvolta centinaia di persone. C’è chi però non rinuncia. Gli studenti di Suleiman continuano a salire di notte, a piccoli gruppi di tre-quattro, sulla terrazza dell’Università di Al Aqsa, portandosi in spalla le loro attrezzature. Piazzano i telescopi sui treppiedi e cominciano a scrutare il cielo. «Guardando le stelle lontane anni luce, ti accorgi di quanto sia piccola la terra. La noia, le sofferenze e i problemi di tutti i giorni qui spariscono di fronte a qualcosa di così bello come una stella sospesa nello spazio», dice Ibrahim Saad, un giovane laureato. Era compagno di classe di un altro Ibrahim, il figlio di Suleiman. Ricorda ancora quando tanti anni fa quel professore, appena tornato dall’America e distrutto dal dolore, gli parlò per la prima volta dell’Universo, con un entusiasmo e una passione contagiosi.

di Elisa Pinna