La collana «I libri della Bibbia» curata da Mosca Mondadori

Il salmista sta tra gli uomini e Dio

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12 novembre 2020

La prima è stata l’Apocalisse: il commento affidato a Giulio Giorello dell’ultimo libro del Nuovo Testamento, e quindi l’ultimo della Bibbia, nonché uno dei testi più enigmatici e difficili da interpretare, ha aperto nel giugno scorso la collana I libri della Bibbia, curata per Piemme da Arnoldo Mosca Mondadori. La scelta di affidare al matematico e filosofo della scienza l’Apocalisse riflette il senso di una iniziativa editoriale che, con volumi brevi e agili, intende presentare i libri biblici a un pubblico di non addetti ai lavori. Al saggio introduttivo affidato a intellettuali interessati a confrontarsi con questi grandi libri, e non a esperti del settore, segue il libro biblico nella traduzione della Conferenza episcopale italiana. Un approccio laico al testo religioso per cercare di evidenziarne i contenuti universali. All’Apocalisse di Giorello, sono seguiti il Libro di Giona letto da Benedetta Tobagi, il Cantico dei Cantici con la prefazione di Salvatore Veca e i Salmi introdotti da Ennio e Valentina Morricone.

Giorello (recentemente scomparso a causa del covid-19) legge dunque l’Apocalisse, grido di dolore contro l’oppressione che accompagna l’avventura umana per mano di nemici potenti che vengono tutti rovesciati dalla collera divina. Rifacendosi alle parole di Jean Guitton, Giorello scrive di preferire «una lettura dell’Apocalisse che ne mantenga intatto il carattere poetico e profetico, servendosene però come di una parola liberatrice, senza cadere nella trappola di qualsiasi ingiunzione autoritaria, perché sono proprio ordini del genere che fanno sì che ognuno che vi si sottomette porti il nome di vivente e invece sia già morto (3, 1)».

È uno strano tipo di profeta, Giona, protagonista del libro biblico commentato da Tobagi. Giona, uomo in fuga dal proprio compito e dal proprio destino, refrattario alle richieste del suo Dio, la cui storia — con «il passo, il tono, la brevità e la pirotecnica di trovate fantastiche di una leggenda o di una fiaba» — mette in scena un’esperienza universale: per ciascuno infatti esiste una chiamata, e affrontarla è una delle sfide più importanti della vita di ciascuno. E lo è in particolare, scrive ancora Tobagi, «in una società che esalta in massimo grado la razionalità, il controllo e la performance». Per noi infatti «accettare lo smarrimento, il vuoto, il “deserto”, la necessità di dover fluttuare in questo genere di incertezza, aspettando che l’orizzonte si chiarisca (…) senza perdere la fiducia, è una sfida enorme». È quindi Veca a leggere il Cantico dei cantici, «il libro forse più misterioso ed elusivo della Bibbia», da sempre al centro di letture contrastanti e confliggenti. Il libro in cui si gioca la tensione fra l’esperienza del tripudio amoroso, espresso nel desiderio infinito degli amanti, e la consapevolezza della fragilità e della finitezza di ogni amore umano. Il libro che, inducendo subito il lettore «ad abbandonare la prospettiva o lo sguardo impersonale», lo situa «entro il processo dell’offerta musicale di una delle prime grandi poesie d’amore di tutti i tempi». Una poesia che Veca ripercorre con rigore e passione.

«Sono invitato a parlare dei Salmi, per quanto a volte possa essere limitante parlare, quando c’è solo da osservare. Osservare la straordinaria bellezza poetica e realistica di quella che mi viene da definire una poesia nascosta. La definisco nascosta perché, in casi come questo, uno scritto che abbiamo davanti, che possiamo vedere e ascoltare, ha un’origine impossibile da rintracciare. Possiamo ammirarne il risultato in forma di parole, ma quel sentimento che c’è dietro appartiene a un Altrove talmente sopra di noi». Così Morricone apre il suo commento ai salmi, scelti e annotati con la nipote Valentina poco prima di morire, nei mesi in cui l’Italia si è dovuta fermare per il covid-19. È, quella del maestro, una riflessione originale e partecipata, ricca di spunti. Unendo canto e preghiera, innalzando l’umanità verso Dio, i salmi, che hanno un ruolo fondamentale nella storia della musica avendone sancito la prima testimonianza scritta, ne manifestano l'aspetto spirituale. «Il poeta è un mediatore tra se stesso e gli uomini — scrive Morricone —, il salmista è un mediatore fra gli uomini e Dio. Questo discorso dell’intercettazione mi riporta al mio lavoro, in quanto anche la musica assume il ruolo di un intermediario tra un sentimento inesprimibile e una forma di comunicazione universale. Sia la musica sia le parole sono portatrici di un messaggio che deve stimolare non tanto una comprensione razionale, aspetto più terreno dell’essere umano, ma un sentimento più alto, perché la coscienza può raggiungere quei luoghi dove la logica non arriva».

di Silvia Gusmano