Il diario di James Boggs

Dalla fabbrica

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10 novembre 2020

«Un bambino non nasce con l’odio, ma un mucchio di bambini negli Stati Uniti vengono educati all’odio. I più potenti hanno maggiore possibilità di formare e di educare e se educano in una maniera che io ritengo sbagliata, penso che il potere debba essere loro tolto». Così scriveva James Boggs aprendo La rivoluzione americana. Pagine dal block-notes di un lavoratore negro. Era il 1° maggio 1963. Edito in Italia nel 1968, Jaca Book (che proprio oggi offre ai lettori una prima selezione di titoli in versione e-book) lo ripropone in questo complesso 2020 (pagine 122, euro 12, traduzione di Donata Ferrari). Per ventott’anni operaio del settore automobilistico («ma ho altri interessi oltre al lavoro di fabbrica»), militante nell’estrema sinistra statunitense, attivista politico, scrittore e marito della filosofa e attivista Grace Lee, Boggs (1919-1993) ha trascorso quasi tutta la vita a Detroit. Il libro — scritto quando era già chiaro «che certi miti e mistiche riguardo agli operai nei Paesi capitalisti avanzati erano caduti in disuso», e che «antiquato era pure l’antico colonialismo nella sua forma nuda di dominazione politica sui popoli coloniali» — torna molto utile oggi per comprendere movimenti come Black Lives Matter in grado di riportare al centro dell’attenzione mondiale la questione dei diritti civili e sociali. Militante, arrabbiata, dura, anticipatrice, la voce di Boggs punta una luce accecante negli occhi del lettore, richiamando l’attenzione su «un popolo colonizzato mantenuto sistematicamente in tale status da ogni settore della popolazione». Oltre mezzo secolo dopo, in un mondo in cui qualcosa è cambiato e tanto è rimasto uguale, merita di essere ancora infastiditi da questa luce sparata negli occhi.

di Giulia Galeotti