«Fratelli tutti» - Per una lettura dell’enciclica di Papa Francesco

Con tesori nuovi e antichi

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09 novembre 2020

«Ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13, 52)

Con questa significativa immagine Gesù include — secondo l’ordine del capitolo 13 di san Matteo — un’importante serie di parabole sul regno dei Cieli. L’intento del Maestro di Galilea è di precisare che non è venuto per “fare tabula rasa” della religione, delle ere, della cultura, delle tradizioni e della memoria della fede ebraica. Certo, il suo annuncio kerigmatico inaugurava una nuova era per la fede e per tutta l’umanità. Non si trattava però di una decostruzione distruttiva astorica; al contrario significava una costruzione inclusiva di tutti i tempi e gli spazi sociali, antropologici e religiosi.

In modo analogo, Papa Francesco ci avverte dei pericoli ai giorni nostri di questa tendenza: «Per questo stesso motivo si favorisce anche una perdita del senso della storia che provoca ulteriore disgregazione. Si avverte la penetrazione culturale di una sorta di “decostruzionismo”, per cui la libertà umana pretende di costruire tutto a partire da zero. Restano in piedi unicamente il bisogno di consumare senza limiti e l’accentuarsi di molte forme di individualismo senza contenuti» (Fratelli tutti, n. 13).

È molto significativa l’immagine del “padre o capofamiglia” che Gesù delinea nel suo insegnamento. L’immagine di pater familias che sa interpretare con saggezza il kairos storico che sta vivendo è molto accogliente da tanti punti di vista, anche da quello generazionale. Attingendo allo scrigno dei tesori, sia nuovi sia antichi, mostra all’immaginario dei suoi ascoltatori l’impronta del regno dei Cieli, dove non ci sono né esclusi né scartati. Sono tutti tesori per il Dio di questo nuovo regno!

In più occasioni Gesù si preoccupò d’insegnare, con la sua pedagogia della semplicità e della profondità della scena quotidiana, che gli estremi generazionali, invece di essere disistimati, andavano visti visti quali esempi di cui fare tesoro.

Questa visione ci avvicina nuovamente ad alcuni concetti fondamentali espressi da Papa Francesco nella sua enciclica Fratelli tutti, come, ad esempio: «La mancanza di figli, che provoca un invecchiamento della popolazione, insieme all’abbandono delle persone anziane a una dolorosa solitudine, afferma implicitamente che tutto finisce con noi, che contano solo i nostri interessi individuali» (n. 19).

Gesù offre pubblicamente una visione dei bambini, e dei figli nel concetto di famiglia umana, con un contenuto inclusivo molto forte per i suoi discepoli e tutti i presenti. Nella scala sociale di quei tempi, i bambini occupavano un posto dimenticato e marginale, soprattutto se si trattava di figli di famiglie povere o di stranieri: «Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li sgridavano. Gesù però disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli”. E dopo avere imposto loro le mani, se ne partì» (Mt 19, 13-15). I discepoli agiscono in linea con quei mandati culturali e sociali di scarto. Gesù indica loro un cammino nuovo non solo d’inclusione fraterna ma anche di referenzialità dei bambini, con i loro tesori di purezza nell’economia sociale del suo regno. I tesori nuovi necessari per la fraternità umana!

Lo stesso avviene con gli anziani. Gesù si sofferma di fronte al luogo delle offerte, spesso utilizzato come scenario pubblico per dimostrare il potere economico, la supremazia delle caste e delle élite sociali, il tutto mascherato da religione. Nel racconto evangelico si legge: «E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: “In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”» (Mc 12, 41-44). Ancora una volta il tesoro inclusivo e referenziale della donna povera e anziana dimostrava che, nella sua controcultura del regno, era necessario adottare altri parametri come la fraternità umana. Gesù, nel mettere in risalto il fatto che la donna anziana stava dando tutto quello che aveva e non il superfluo, offre un chiaro insegnamento, esemplificatore di una saggezza che i presenti hanno bisogno di assimilare. In essa è riflessa la riserva indispensabile dell’anzianità umana, che ci esorta a insegnare che il vero tesoro consiste nel dare, nell’offrire, nell’essere e non nell’accumulare, nel trattenere o nell’apparire. I tesori antichi imprescindibili per la fraternità umana!

La cecità che c’impedisce oggi come famiglia umana di percepire l’importanza dell’esemplarità e della saggezza degli anziani è chiaramente segnalata nell’enciclica: «Non ci rendiamo conto che isolare le persone anziane e abbandonarle a carico di altri senza un adeguato e premuroso accompagnamento della famiglia, mutila e impoverisce la famiglia stessa. Inoltre, finisce per privare i giovani del necessario contatto con le loro radici e con una saggezza che la gioventù da sola non può raggiungere» (Fratelli tutti, n. 19).

Il padre saggio della pedagogia di Gesù c’invita a sforzarci di avvicinare gli estremi della società umana per poter fare tesoro del buono che è in loro, unire ciò che è diviso e ricomporre il nostro senso di appartenenza sociale, religiosa, umana e fraterna. «L’impegno arduo per superare ciò che ci divide senza perdere l’identità di ciascuno presuppone che in tutti rimanga vivo un fondamentale senso di appartenenza. Infatti, la nostra società vince quando ogni persona, ogni gruppo sociale, si sente veramente a casa. In una famiglia, i genitori, i nonni, i bambini sono di casa; nessuno è escluso» (Fratelli tutti, n. 230).

di Marcelo Figueroa