Un incontro sull’urgenza di educare

Prendersi cura dello sguardo

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06 novembre 2020

Educare è prendersi cura dello sguardo altrui, ripete spesso Eraldo Affinati, scrittore, insegnante e fondatore della scuola Penny Wirton di Roma parlando del suo lavoro. Un lavoro difficile e bellissimo, troppo spesso sottovalutato, frainteso, dato per scontato, sommerso dalla burocrazia, umiliato dall’indifferenza di decisori e sedicenti esperti, quando invece si tratta del campo di battaglia in cui un’intera società si gioca il futuro.

Educa «non chi fa propaganda, ma chi si impegna a suscitare qualcosa che è nell’altro, a metterne in moto la libertà», chi punta tutto su quel punto infiammato dell’animo, come lo definiva Cesare Pavese che è in grado di ridestare la voglia di vivere anche nel ragazzo più apatico e rassegnato, scrive don Julián Carrón nel suo ultimo libro Educazione. Comunicazione di sé. Un contributo all’evento voluto da Papa Francesco «Ricostruire il patto educativo globale» (Cinisello Balsamo, San Paolo, 2020, pagine 96, euro 5). Il volume è stato presentato in un incontro online moderato dalla giornalista Monica Maggioni che si è svolto il 5 novembre scorso. Sono intervenuti monsignor Angelo Vincenzo Zani, segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, Eraldo Affinati e l’autore del libro. «È difficile immaginare una sfida più grande di quella educativa — scrive il presidente della Fraternità di Cl — lo sconcerto domina, infatti, dappertutto per la vertigine che sperimentano gli adulti (genitori e educatori di ogni genere) e i giovani. Mai come in questi tempi è stata così pregnante l'espressione Emergenza educativa. Per questo l’iniziativa che ha come tema il patto educativo globale è un’occasione per tutti». Un’occasione per tutti; anche per chi non è cristiano, chiosa Zani, parlando della vasta attenzione che ha suscitato anche in chi non appartiene a nessuna confessione religiosa: hanno risposto all’appello fondazioni, associazioni, enti educativi e non attivi in tutto il mondo. C’è bisogno di luoghi in cui i ragazzi possano sentire abbracciata, compresa e sostenuta la loro fragilità, scrive don Carrón, e c’è bisogno di maestri; nessuno genera se non è generato. Si può proporre agli altri solo quello che permette anche a noi di camminare.

«È stato un dono conoscere una persona appassionata all’educazione, alla vita di chi incontrava, come don Luigi Giussani — dice don Julián Carrón, rispondendo alle domande di Debora Donnini di Vatican News — quindi, per gratitudine per quanto lui ci ha comunicato, cerchiamo di proseguire con quella sua passione, per continuare a trasmettere il contributo che la fede cristiana può dare. Perché solo se possiamo affrontare la vita con una speranza affidabile, possiamo stare davanti non solo ai sintomi che vediamo in tante persone — della paura o della fragilità o dell’incertezza — ma a quella paura profonda di cui questi sono appunto sintomi. E questa paura profonda, questo smarrimento, per noi trova una risposta adeguata solo nell’avvenimento di Cristo. E questo si può comunicare attraverso persone che vivono questa fede, con tutto il fascino che suscita in chi le incontra. Per questo noi siamo desiderosi di poter dare il nostro contribuito implicandoci in tanti tentativi di risposta che già sono in atto»

di Silvia Guidi