Colloquio con il patriarca di Gerusalemme dei Latini

Preghiera e speranza

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06 novembre 2020

Preghiera e speranza: sono le bussole che guideranno la missione del nuovo patriarca di Gerusalemme dei Latini. Nominato da Papa Francesco il 24 ottobre e ricevuta l’imposizione del pallio quattro giorni dopo, Pierbattista Pizzaballa ieri ha fatto ritorno nella Città santa. Salutando i presenti ha detto: «Mettiamo la nostra volontà nella Volontà di Dio, sotto la protezione della Vergine Maria Regina di Palestina. Lei proteggerà tutti noi, la nostra Chiesa e questo nuovo inizio di servizio nella Chiesa di Gerusalemme». Il patriarca spiega che, soprattutto in occasioni come questa, «la speranza cristiana non è il semplice ottimismo che ci fa dire che tutto va bene. Spesso confondiamo le due cose. La speranza cristiana è dare un senso a ciò che si vive». Il nuovo patriarca indica anche quale dev’essere il vero compito del vescovo che ha nel cuore l’orazione: «È quello di imparare e poi guidare il suo popolo a vivere dentro una determinata situazione, facendo nascere un atteggiamento di resilienza e non di disfatta o frustrazione. Ovviamente la preghiera è la pre-condizione per ottenere tutto questo. È l’orazione che dà la forza».

Quali sono le sfide spirituali che pensa siano più urgenti?

Bisogna rafforzare il senso di comunità in un contesto di frammentazione sociale, politica ed economica che influisce necessariamente sulla sfera religiosa. E poi avere cura dell’unità in un contesto diocesano pluriforme (il patriarcato di Gerusalemme dei Latini ha giurisdizione sui cattolici di rito latino in Israele, Palestina, Giordania e Cipro) dove convivono diverse nazioni, differenti lingue e culture.

In una sua recente lettera ha scritto che vuole intraprendere questo impegno insieme a sacerdoti, religiosi e religiose, a diaconi e laici. Insomma, pensa che debba essere un cammino fatto in comune?

Certamente. Il vescovo non deve occupare gli spazi ma crearli. E deve diventare elemento di unità: che non significa che esiste solo lui ma deve fare in modo di riunire il gregge, la comunità.

Sul fronte sociale, quali sono le principali criticità che si troverà ad affrontare?

Ci sono problemi vecchi e nuovi. I problemi vecchi sono, ad esempio, il conflitto israelo-palestinese, l’economia che arranca, uno stato sociale molto fragile, soprattutto in alcune parti del territorio. Le situazioni nuove sono le conseguenze della pandemia che aggravano le nostre precarie condizioni, arrivate al limite.

Ha già pensato a quale sarà il suo primo atto di governo?

Non è il momento. È chiaro che bisognerà pensare ai primi collaboratori, perché il vescovo non lavora da solo, quindi si passerà a riflettere sulla nomina dei vicari nelle varie regioni pastorali, dei consigli presbiterali e così via. Insomma, per prima cosa occorre creare un bel gruppo di collaboratori con il quale disegnare insieme le linee del prossimo futuro.

di Federico Piana