Allarme dopo gli attacchi in Francia e Austria

Il terrore torna in Europa

Militari di fronte alla cattedrale di Santo Stefano nel centro di Vienna (Afp)
06 novembre 2020

L’Europa è tornata nel mirino del terrorismo. Parigi, Nizza e Vienna sono state colpite al cuore proprio nel momento più difficile e il sangue è tornato a scorrere sulle strade del vecchio continente.

La decapitazione dell’insegnante francese Samuel Paty, la strage nella chiesa di Nizza che ha provocato la morte di tre persone e la sparatoria a Vienna che ha visto quattro vittime hanno una matrice e soprattutto un obiettivo comune. La volontà di fiaccare una popolazione, quella europea, messa a dura prova dalla pandemia, nel pieno della sua seconda ondata. L’Austria e la Francia sono state costrette a varare provvedimenti restrittivi delle libertà personali e civili nel tentativo di arginare la diffusione del contagio.

Si è trattato di una scelta sofferta e difficile destinata ad avere ricadute economiche e psicologiche su molte persone, che speravano di essersi lasciate alle spalle il periodo più buio attraversato in primavera. Non è un caso che la galassia jihadista — oppure i cosiddetti “lupi solitari” afferenti ad essa — abbiano deciso di agire proprio quando l’Austria e la Francia si apprestavano a vivere un nuovo periodo di lockdown. Le tensioni sociali sono ormai fortissime ed il tessuto socio-economico di alcuni stati è sul punto di collassare.

Lo riconoscono tutti i principali analisti e commentatori: per il terrorismo — sia esso di matrice politica o religiosa — non esiste terreno di coltura più fertile delle tensioni sociali e di una popolazione angosciata dall’incertezza e dalla crescente povertà. Basta poco, durante i momenti di difficoltà, per far collassare un’impalcatura che inizia a scricchiolare pericolosamente e che potrebbe franare con facilità.

L’obiettivo finale degli attentatori è quello di scatenare il panico, ovviamente, ma anche quello di dar vita ad un sentimento di odio e rivalsa tra le diverse comunità, non solo religiose, che popolano le nazioni europee. Una guerra tra gruppi religiosi, tra le città e le periferie diseredate, tra i ricchi ed i poveri: questo è ciò che vogliono i terroristi.

L’unico antidoto al terrorismo è quello del dialogo, dell’accoglienza e dell’accettazione di chi ha usi ed abitudini diverse dalle nostre ma non per questo meno valide. Non meno importante è la capacità della popolazione civile di resistere a quanto sta accadendo nel mondo. Il dramma sanitario, il pesante carico di morti che ogni giorno affolla le televisioni e le notizie e lo stravolgimento delle vite quotidiane, hanno portato sconforto e disperazione. La resistenza, innanzitutto psicologica, può rivelarsi una vera e propria ancora di salvezza. In questo, la solidarietà — le tante reti di assistenza e conforto — può davvero fare la differenza.

Altrettanto importante è la capacità dei servizi segreti e degli apparati di polizia di prevenire eventuali episodi violenti e di identificare chi potrebbe essere più portato a commetterli.

I terroristi possono operare in due modi: cercare di compiere azioni esemplari, che richiedono un’organizzazione laboriosa e che possono provocare un elevato numero di morti. L’attentato alle Torri Gemelle del 2001 è uno dei tanti esempi in tal senso. Ci sono, poi, le azioni dei “lupi solitari” che talvolta non sono nemmeno in contatto con le organizzazioni centrali del terrore (come ad esempio il sedicente stato islamico). Queste azioni, per la loro stessa natura, provocano un numero di vittime decisamente inferiore ma a differenza di quelle esemplari non possono essere prevenute. Nelle società democratiche è impossibile esercitare un controllo totalitario sulla vita degli individui e non è difficile, in caso si abbiano cattive intenzioni, procurarsi armamenti destinati ad offendere ed a provocare la morte. I “lupi solitari” sono quindi un vero e proprio incubo per le forze dell’ordine perché, potenzialmente, possono colpire in ogni momento ed in ogni luogo senza bisogno di particolari preparativi.

È verosimile che in futuro la galassia jihadista, dopo le sconfitte in Iraq ed in Siria, punterà sempre di più sui “lupi solitari” che, a differenza dei commando di esperti, agiscono in centro come in periferia, nei pressi di un monumento importante come in una strada anonima. Questi “lupi” sono spesso figli di immigrati di terza o quarta generazione e vengono radicalizzati attraverso la propaganda in internet.

Nei prossimi mesi, con tutta probabilità, continueranno a verificarsi attacchi di “lupi solitari”. L’inverno della pandemia rischia di far distrarre gli esecutivi europei, alle prese con problemi molti seri e richiederà, invece, una certa attenzione in questo ambito.

di Andrea Walton