Paolo Maria Ponziglione affascinante figura missionaria nell’America dell’Ottocento

Il gesuita delle praterie

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04 novembre 2020

Un serpente raggomitolato tra l’erba alta, pronto a scattare alla prima occasione. È così che appare ancora oggi, dall’alto, la vasta area del fiume Osage, quando abbandona le praterie per immettersi nei territori boscosi sulla linea di confine tra il Missouri centrale e il Kansas orientale. Nonostante gli interventi della mano umana, la bellezza dello scenario naturale rimane ancora alta e sicuramente apparve idilliaca ai primi coloni che risalivano il fiume in cerca di nuove opportunità di vita, e portatori di quel seme della distruzione che avrebbe irrimediabilmente spazzato le antiche popolazioni pellerossa.

Il “popolo delle stelle” abitava in quelle affascinanti terre della frontiera occidentale americana, negli anni in cui vi giunse il giovane Paolo Maria Ponziglione, in veste di missionario. Sconfitti nella guerra di Pontiac e da numerosi altri scontri con l’esercito americano, pressati da Cree e Cherokee, gli Osage (questo il nome dato al popolo delle stelle dai coloni) resistettero per anni alle pressioni esterne, difendendo gelosamente il loro territorio, ma non si opposero alla predicazione del giovane italiano, i cui ascendenti parlavano di lui come fiero e strenuo difensore della libertà. Gli indiani intuirono l’animo ribelle nel giovane missionario e si legarono indissolubilmente a lui, divenendone i figli prediletti nei quaranta anni e più trascorsi da Ponziglione nelle zone della loro riserva.

Dotato di un fascino magnetico, Paolo Maria Ponziglione non rivelò a nessuno, se non a pochi giorni dalla morte, il suo lignaggio nobile, ma nella lunga vita usò tutte le strategie racchiuse nel suo cromosoma nobile, per guadagnare favori alla causa della Chiesa e al benessere della missione Osage. E vi riuscì quasi sempre.

Era nato a Cherasco, in provincia di Torino, l’11 febbraio del 1817, il futuro gesuita delle praterie. Unico figlio maschio del conte Felice Ferrero Ponziglione di Borgo d’Ales e della marchesa Ferrari di Castelnuovo, il giovane Paolo deluse presto le aspettative paterne, dimostrando una chiara vocazione per la vita religiosa. Educato inizialmente nella scuola dei gesuiti di Novara, Ponziglione si era trasferito a Torino per intraprendere gli studi di giurisprudenza, ma dopo pochi anni abbandonò il corso per entrare nella Compagnia di Gesù. Novizio a Chieri, venne trasferito nel collegio di Genova nel 1848, per vivere in prima persona i tumulti repubblicani contro la corona sabauda. Arrestato insieme ad altri diciotto confratelli, venne accusato di cospirazione per il suo attivo impegno in favore della causa mazziniana e incarcerato in una nave nel porto di La Spezia. Fatto segno di violenze personali durante il viaggio di trasferimento nel confino della Sardegna, Ponziglione capì di aver definitivamente bruciato i propri sogni italiani e affrontò volentieri la tranquillità di un esilio religioso a Modena e a Roma, dove conobbe padre John Anthony Elet, appena eletto vice provinciale per la zona del Missouri. Affascinato dai racconti di padre Elet, il giovane e scomodo religioso insurrezionale piemontese usò tutta l’influenza della propria ascendenza per far breccia nei confratelli più anziani: la sua richiesta di essere inviato sulla frontiera americana venne accolta. Nel 1849, esule volontario, arrivò infine a St. Louis per completare gli studi teologici e assaporare il gusto inconfondibile della terra di confine. Inviato quale novizio a St. Stanislaus, a Florissant, Ponziglione si ambientò per un anno ai duri compiti che lo attendevano e dopo un anno completò la propria istruzione nel St. Joseph College di Bardstown, in Kentucky, per perfezionare i rudimenti di inglese.

Agli inizi del 1851 il giovane missionario raggiunse la sua destinazione, sul fiume Osage e tra i pellerossa ancora bellicosi del “popolo delle stelle”. Fondata nel 1847, la missione assegnata a Ponziglione divenne in poco tempo la base di un’attività missionaria instancabile. Abile cavallerizzo, il missionario entrò presto in sintonia con i “Grandi Osage” e i “Piccoli Osage” sparsi tra colline e intricati boschi del Kansas e Missouri. Si spostò continuamente nei suoi anni di missione per arrivare spesso in Oklahoma, Arkansas e Texas, sempre pronto a portare parole di conforto a rischio della propria vita. Di fronte a sé, Ponziglione trovò più volte gli indomiti Arapaho, Cheyenne, Pawnee e Miami; qualche volta si imbatté nelle sanguinarie bande Apache, predoni del sud-ovest. Ma la sua abilità oratoria, i suoi modi affabili e ponderati, uniti alla sua fama di “amico degli indiani” ebbero sempre il sopravvento sulle intemperanze dei giovani guerrieri. Per quarant’anni il missionario esule lavorò alacremente per trasformare la Osage Mission in un attrezzato centro per la diffusione dell’insegnamento cattolico e ottenne numerose conversioni. Ma la sua azione non si limitò soltanto ai pellerossa. In un’area che negli anni andava popolandosi di coloni, Ponziglione riuscì a costruire ben sette chiese, seguendo forse d’istinto l’antica e affascinante tradizione orale Osage che comprendeva sette fratelli nella sua cosmogonia primordiale. Fondatore di altrettanti collegi annessi alle sue parrocchie, Paolo Maria Ponziglione si adoperò per la realizzazione di ben 180 missioni, tra il Kansas (ben ventisette), il Wyoming, il Missouri, l’Arkansas e l’Oklahoma, assurgendo a vera pietra miliare delle praterie americane. La sua figura in veste nera divenne un profilo familiare nelle difficili terre di confine, tra indiani costantemente in guerra tra loro e con i coloni bianchi usurpatori delle proprie terre. Il piemontese faticò molto a mantenere la giusta equidistanza tra le sacrosante esigenze dei nativi e la tracotanza spiccia di coloni affamati di opportunità e di terra. Con gli anni imparò a frenare il proprio impulso rivoluzionario, accettando in parte anche le antiche usanze Osage e assorbendo molte delle loro tradizioni.

Divenuto corrispondente delle «Woodstock Letters», rivista fondata nel 1872, il gesuita raccontò sempre dettagliatamente la natura delle varie tribù pellerossa, con particolare attenzione nei confronti dei temibili Arapaho. Suo fu un attento ed equilibrato Plan of Reductions for the Indians, che il governo locale lesse con interesse per poi lasciarlo nel solito cassetto dei buoni propositi. Ponziglione divenne a tutti gli effetti anche il missionario dei coloni nel 1869, quando la tribù del popolo delle stelle cedette il territorio della riserva al governo degli Stati Uniti, per trasferirsi nei Territori Indiani dell’Oklahoma. Furono allora i numerosi operai della ferrovia tra Kansas e Missouri a diventare assidui frequentatori delle parrocchie, per lasciare il passo ai minatori di carbone, sul finire dell’Ottocento. Testimone del declino della grande frontiera americana, Ponziglione descrisse puntualmente gli avvenimenti della prateria e realizzò contemporaneamente numerose chiese di ottima fattura architettonica. Nella sua Osage Mission egli fondò la St. Francis Church, dalle cui mura diresse tutta la sua azione pastorale nei confronti dei suoi allievi “rossi”. Rispettato e amato ormai da tutta la variegata nazione indiana, l’ex rivoluzionario di Cherasco, mantenne il suo incarico fino al 1891, dopo aver celebrato nel 1889 il cinquantenario del suo sacerdozio a cospetto di numerose autorità americane e tanti capitribù pellerossa. Ma nonostante l’età, il battagliero gesuita non scelse di ritirarsi nel riposo di qualche parrocchia di città. Accettò infatti l’incarico di andare tra le tribù Crow delle riserve del Montana. La sua nuova avventura durò però solo due anni. Il clima rigido del nord-ovest americano non giovarono infatti all’attempato missionario, che suo malgrado dovette accettare l’incarico di storico presso il St. Ignatius College di Chicago. Negli anni di insegnamento, padre Ponziglione consegnò ai posteri le sue Reminiscences of Half a Century, vera e propria testimonianza scritta della vita di frontiera e compendio di antropologia sociale e culturale dell’ovest americano. Indomabile lavoratore, tra i suoi numerosi incarichi nel collegio di Sant’Ignazio Ponziglione ebbe quello di pastore per la nascente comunità italiana. La morte lo colse proprio durante la sua azione missionaria tra i connazionali, all’età di 83 anni, vero e proprio gigante della Chiesa cattolica negli avamposti della civiltà occidentale in America.

di Generoso D’Agnese