La lezione di padre Bartolomeo Sorge

Lucidità e profezia

L’abbraccio tra Papa Francesco e padre Sorge
03 novembre 2020

«Poco tempo fa ho letto qualcosa di una chiarezza che ha fatto tremare, non dico la politica italiana, ma sicuramente almeno la Chiesa italiana!»: queste le parole di Papa Francesco nell’abbracciare padre Bartolomeo Sorge dopo aver letto su «La Civiltà Cattolica» una sua riflessione sulla storia della Chiesa italiana dal i Convegno ecclesiale del 1976 a oggi. E in quelle pagine veniva auspicato un vero e proprio Sinodo italiano.

Quell’articolo è quasi il testamento di una vita spesa ad affrontare il tema dei cattolici in politica a partire dal popolarismo: non una generica ispirazione ideale, ma un progetto originale di società che si propone di giungere alla democrazia matura. E soprattutto da direttore de «La  Civiltà Cattolica»   (1973-1985), p. Sorge ha segnato la vita del nostro Paese grazie alla sua capacità di interpretazione della vita politica ed ecclesiale. Nei complessivi 18 anni di permanenza alla rivista, ha firmato circa 110 articoli.

Nato il 25 ottobre del 1929 a Rio Marina nell’Isola d’Elba, ha sempre ricordato con fierezza le sue radici siciliane per parte di padre e venete per parte di madre. Entrato a 17 anni nella Compagnia di Gesù, fu ordinato sacerdote nel 1958. Si specializzò in Scienze sociali a Roma all’Università Gregoriana. Nel 1966 venne destinato a «La Civiltà Cattolica», allora diretta dal padre Roberto Tucci (poi cardinale), per coprire il campo delle scienze politiche e sociali e delle questioni di attualità alla luce dell’insegnamento sociale della Chiesa.

Erano gli anni immediatamente seguenti al concilio Vaticano II, densi di tensioni, entusiasmo e ansia di rinnovamento. Padre Sorge con i suoi scritti, le sue conferenze e la sua partecipazione ai dibattiti sui media — sempre col sorriso e con una cordialità inscalfibile — è riuscito a essere una voce profetica che ha accompagnato la ricezione del concilio in Italia, e un servitore di altissimo profilo della vita sociale ed ecclesiale del nostro Paese.

Il suo rapporto con san Paolo VI fu molto stretto e il dialogo con la Segreteria di Stato — in particolare con la Sezione per gli Affari Straordinari della quale era allora il responsabile mons. Achille Silvestrini — intenso. Anche nella Chiesa italiana, guidata allora dal card. Antonio Poma e da mons. Enrico Bartoletti, la voce di Sorge è stata una delle più ascoltate, fino al momento culminante del grande Convegno ecclesiale nazionale su «Evangelizzazione e promozione umana» del 1976, dove è fra i promotori e protagonisti. Per lui sempre l’evangelizzazione doveva essere accompagnata dalla promozione umana.

Il convegno doveva essere una prova concreta di come attuare in Italia l’«aggiornamento» voluto dal concilio, sia instaurando un dialogo fraterno fra tutte le componenti del popolo di Dio sia proponendo forme diverse di missionarietà, richieste dai tempi nuovi. Il risultato fu straordinario, anche se Sorge — che tenne la relazione conclusiva riscuotendo vasti consensi — ha poi lamentato che le conclusioni di quel «convenire» non ebbero il seguito che meritavano.

Nel 1985 lasciò «La Civiltà Cattolica». Erano già mutati i tempi e le sintonie di una volta non c’erano più. Il suo campo di azione si spostò da Roma a Palermo, città simbolo dove i gesuiti erano già attivi da anni in campo sociale. L’impegno dei laici cristiani nella società e nella politica, nello spirito del concilio, ha segnato i suoi anni siciliani alla direzione dell’Istituto di formazione politica Pedro Arrupe, che animò quella che fu chiamata la «primavera di Palermo».

L’idea delle «scuole di formazione politica» si diffuse rapidamente, dando luogo a una stagione di iniziative simili in ogni parte d’Italia. Erano anni drammatici, gli anni degli attentati a Falcone e Borsellino. Anche padre Sorge fu minacciato dalla mafia e per lungo tempo dovette spostarsi con la scorta. Nel 1996 partì per Milano per essere direttore della rivista «Aggiornamenti Sociali». Lo sarà fino alla fine del 2009 e lì proseguirà il suo impegno di riflessione socio-politica. Ritiratosi a Gallarate in una comunità di gesuiti anziani, padre Sorge ha continuato a girare l’Italia per conferenze, a pubblicare nuovi libri e a far sentire la sua voce nel dibattito pubblico fino ai suoi ultimi giorni.

Roma, Palermo e Milano sono state le basi solide di una esuberante attività pubblicistica vissuta con passione a servizio della piena maturazione della coscienza democratica dei cittadini; e ha ribadito l’importanza dell’impegno dei cattolici in politica, collaborando con partner di diverso orientamento culturale e ricercando il maggior bene concretamente possibile.

Per padre Sorge il problema più urgente è stato quello di ridare un’anima alla politica, aiutando la democrazia a ritrovare la sua fondazione etica. Per questo ha cercato sempre di contrastare la tentazione di rifugiarsi nello spiritualismo intimistico e disincarnato, che porta la Chiesa all’autoreferenzialità, a ripiegarsi su sé stessa, a preoccuparsi soprattutto dei suoi problemi interni, a chiudersi tra le mura del tempio, ossessionata dall’osservanza delle norme canoniche.

Durante gli anni di Civiltà Cattolica — gli ultimi quattro anni del pontificato montiniano, tra il 1974 e 1978 — si trovò impegnato a favore della politica di solidarietà nazionale, della ricomposizione di tutte le forze che avevano fatto insieme la Costituzione.

È stata convinzione di p. Sorge che dopo la fine delle ideologie del Novecento, tutte smentite dalla Storia, i «liberi e forti» ai quali il popolarismo si rivolge siano tutti coloro — credenti e non credenti — che si riconoscono in un programma riformista di cose da fare, ispirato ai valori di un umanesimo trascendente, ma mediato in scelte laiche, condivisibili da tutti gli uomini di buona volontà.

Ciò implica quello che padre Sorge chiamava «laicità positiva», che consiste nell’incontrarci in ciò che ci unisce tra diversi, per crescere insieme verso un’unità sempre maggiore, nel pieno rispetto dell’identità di ciascuno. Il concetto di «laicità positiva», quindi, si applica bene ai rapporti politici fra i partiti: il dialogo necessario per realizzare una «buona politica» suppone che si superi ogni rigido «confessionalismo», non soltanto religioso, ma anche ideologico. Quest’ultimo, infatti, può bloccare la possibilità di incontro e di collaborazione tra forze diverse in vista del bene comune, che è poi il fine stesso della politica. In questo senso, è da considerare superata per sempre l’innaturale contrapposizione tra «partiti laici» e «partito dei cattolici», tipica dell’epoca, ormai tramontata, delle grandi ideologie di massa.

Questo richiede ai cristiani di acquisire un’abilità non semplice: collaborare con partner politici di diverso orientamento culturale, senza rinunciare mai a testimoniare la forza profetica e critica del Vangelo in cui credono. Tocca poi alla Chiesa intera annunciare profeticamente, con la parola e con la vita, che il potere di Dio è diverso dal potere di chi comanda nel mondo.

Due cose nel mio ricordo hanno caratterizzato la lezione di padre Sorge, anche come suo successore nella direzione de «La Civiltà Cattolica»: da una parte, la lucidità di un pensiero che si è formato grazie allo studio, all’approfondimento e alla forza di un’esperienza, a suo modo unica, che egli ha vissuto e di cui è testimone.  D’altra parte, la «profezia» e la parresia, l’ispirazione spirituale, nonché l’onestà, per dire che non sempre oggi abbiamo tutte le risposte certe che vorremmo avere, e che quindi l’impegno reale e concreto con la storia — errori possibili inclusi — è fondamentale per capire e agire bene nel prossimo futuro.

di Antonio Spadaro