«Le parole valgono» di Valeria Della Valle e Giuseppe Patota

Comunità significa parlare

Alighiero Boetti «Alternandosi e dividendosi» (ricamo su tela, particolare, 1989)
03 novembre 2020

Si è da poco conclusa la xx edizione de «La settimana della Lingua Italiana nel mondo» organizzata dal ministero degli Affari Esteri, la rete consolare-diplomatica, gli Istituti italiani di cultura in collaborazione, tra gli altri, con l’Accademia della Crusca e la Società Dante Alighieri. L’iniziativa, nata per diffondere e celebrare la bellezza dell’italiano fuori dai confini della Penisola e accompagnata negli anni da un interesse crescente, può diventare anche per gli italiani stimolo a conoscere meglio la propria lingua. L’occasione è data dal bel volume di due grandi linguisti, Valeria Della Valle e Giuseppe Patota. Le parole valgono (Roma, Treccani, 2020, pagine 169, euro 15) ripropone il titolo di una campagna di sensibilizzazione avviata nel 2015 dal prestigioso Istituto della Enciclopedia Italiana, più noto come “la Treccani”, che Valeria Della Valle nel capitolo introduttivo definisce «una vera e propria officina di parole» destinata ad accogliere i protagonisti della nostra cultura a partire dal 1925, anno della sua fondazione.

Il viaggio tra le parole inizia intorno all’anno Mille con Il Placito di Capua, una sentenza che segna la data di nascita della lingua italiana. Segue una canzone d’amore annotata su una pergamena del xii secolo, la cui scoperta nel 1997 rimescolò i tempi della letteratura italiana delle origini poi, passando per un’opera “rivoluzionaria” come il Cantico di frate Sole di san Francesco d’Assisi, si arriva a quel “prodigio” che è il poema dantesco. Dopo i versi belli e famosi che aprono l’Orlando Furioso, le parole umili di quel genio che fu Leonardo da Vinci e le pagine del Vocabolario degli Accademici della Crusca pubblicato ai primi del Seicento, si prosegue con l’appello forte e dolente di Cesare Beccaria contro la tortura e la pena di morte, i canti che accompagnarono il farsi dell’Italia e quello di libertà che risuonò durante la Resistenza, per approdare all’italiano di due presidenti, Luigi Einaudi e Carlo Azeglio Ciampi fedeli custodi della Repubblica, e alle parole usate «per migliorare il mondo» dell’enciclica Laudato si’, la seconda del pontificato di Francesco.

I contributi dei due studiosi si succedono, si avvicendano, creano delle piccole sequenze per poi tornare a intersecarsi, in una struttura che mantiene salda un’armoniosa coesione. Seguendo un irrinunciabile criterio cronologico, Della Valle e Patota propongono percorsi affascinanti e in poco più di 160 pagine non solo danno conto dell’affermarsi di una matrice identitaria — fare comunità è parlare la stessa lingua — ma riescono a restituire il senso e la grandezza del patrimonio letterario italiano.

Le parole valgono è così una storia della lingua e insieme un modo nuovo di raccontare la letteratura. Gli ingredienti di questa felice formula sono molti: una competenza sconfinata che nasce da tanto lavoro; una freschezza che corre lungo tutto il volume e che traduce una passione negli anni rimasta intatta; una lettura mai convenzionale dei testi che mantiene il gusto della scoperta, alla ricerca del non ancora detto, del non ancora osservato; la stessa amorevole attenzione riservata a testi celebri — quelli di cui resta una traccia anche nella memoria degli studenti più distratti — e a luoghi letterari rimasti in ombra. E ancora una prospettiva sempre aperta, dialogica, inclusiva che guarda in più direzioni: si amplia il canone che va oltre i nomi consolidati delle nostre storie letterarie; si citano studiosi non come generiche autorità di riferimento ma attivando un colloquio a distanza che spesso suona come affettuoso omaggio a chi ha speso la vita tra lo scrittoio e i palchetti polverosi delle biblioteche e degli archivi; si aprono finestre sul presente, che non vuol dire attualizzare forzando l’interpretazione dei testi, ma ascoltare e dare voce a un passato più vicino di quanto non si pensi.

A tutto questo si aggiunge una scrittura intensa, limpida e scorrevole dal passo avvincente di narrazione che attrae e coinvolge il lettore. «Chiamasi eleganza tutto ciò che si esprime con semplicità e chiarezza», disse Francesco De Sanctis fuggito dall’esilio e in cerca di lavoro a Terenzio Mamiani che lo interrogava per saggiarne la preparazione. La risposta laconica non piacque a Mamiani e De Sanctis non ebbe il posto di insegnante, ma le sue parole restano una perfetta definizione di eleganza. Semplicità e chiarezza che non sono mai frutto di sottrazione, ma nascono dal rispetto e dall’attenzione, un impegno che i due autori ormai da anni hanno stretto con i lettori.

Più che scrittori di libri a due firme Della Valle e Patota somigliano a due pianisti che interpretano magistralmente una partitura a quattro mani. Non accostano le loro pagine come avviene di solito nelle opere a più firme, ma vivono lo spazio fisico del volume come fosse una tastiera, tra equilibrio dei registri e ritmo accordato del suono, pur dando ciascuno il suo colore alle parole. «Sono destinati a conoscersi tutti coloro che cammineranno per strade simili» scriveva il grande poeta Rabindranāth Tagore. E la strada comune è la vocazione a condividere quanto si sa, un senso nobile del magistero che nei due autori si esprime a tutto campo, nell’insegnamento, nella ricerca, nella scrittura. Così Le parole valgono è una storia rigorosa di forte densità concettuale, ma insieme il racconto delle scoperte, delle suggestioni e degli incanti che la lingua italiana regala.

di Francesca Romana de’ Angelis