PER LA CURA DELLA CASA COMUNE
Don Pietro Pavan già negli anni Quaranta del secolo scorso parlava dell’unità della famiglia umana nel rispetto del Creato

Un sogno cominciato
nei tempi bui della guerra

Ciriello_17_x.jpg
17 ottobre 2020

L’unità della famiglia umana è un sogno che non appartiene solamente alle persone di questo secolo, ma è cominciato tempo fa, proprio all’inizio degli anni Quaranta del secolo scorso, nel cuore di un giovane sacerdote veneto, Pietro Pavan, che credeva fermamente nella uguaglianza e nella stessa dignità degli esseri umani, destinati a far parte di un’unica famiglia umana. I tempi erano difficili. I nazionalismi imperversavano ed avevano messo un popolo contro l’altro. Pio xii  nella sua enciclica Summi pontificatus  condannando l’autorità illimitata dello Stato affermava che il genere umano, nonostante le divisioni «in gruppi sociali nazioni o stati, indipendenti gli uni dagli altri… è tuttavia legato, da mutui vincoli morali e giuridici, in una grande comunità, ordinata al bene di tutte le genti e regolata da leggi speciali, che ne tutelano l'unità e ne promuovono la prosperità». Ma come realizzare un così grande sogno, anche solo pensarlo, mentre imperversavano logiche di morte? Giovane, ma non certo ingenuo, Pavan ha ben chiaro un pensiero: educare donne ed uomini di quel tempo e di ogni epoca futura a pensare universalmente, convincendosi che il bene di ogni singolo individuo poteva e può essere realizzato solamente in consonanza con il bene comune, di tutta l’umanità. In modo particolare Pavan aveva in mente categorie di persone più fragili, poco considerate e spesso umiliate: i lavoratori delle fabbriche, i contadini, le donne. E per queste ultime egli sognava la “piena cittadinanza” e diritti, non solamente doveri. Prendeva così pian piano corpo l’idea di “democrazia” quale luogo politico in cui il centro è l’uomo in quanto persona, nella sua corporeità e spiritualità, e l’obiettivo è il bene comune da attuarsi operando attraverso il principio della sussidiarietà. Questo grande progetto di “unità della famiglia umana” non poteva, però, prescindere da un fondamentale atto di riconciliazione con il creato, con quella natura che già in quegli anni appariva “vandalizzata” da insensati processi di industrializzazione, con giganteschi sfruttamenti del sottosuolo ed inquinamento di cui oggi in particolare vediamo le drammatiche conseguenze. Negli anni Ottanta Pavan scrive: «Nello sviluppo economico e nel progresso sociale non si può più procedere nella direzione fin qui seguita: è indispensabile che si cambi rotta e la si cambi radicalmente. Urge, soprattutto, che gli esseri umani invertano la direzione nei confronti del pianeta terra» (Cresci in quello che se i, 82).

Nel 2015 Papa Francesco, facendo sue le inquietudini di Paolo vi  e dei suoi predecessori più recenti ed affascinato dalla spiritualità ecologica di san Francesco, con  Laudato si’  ha finalmente aperto la strada per una seria riflessione sul mondo in cui viviamo e su quanto accade alla “nostra casa comune”. Le preoccupazioni di quel giovane sacerdote veneto, poi divenuto cardinale ed “amico sapiente” dell’allora cardinale Ratzinger, hanno finalmente il sapore di un sogno che comincia a realizzarsi a grandi passi. Anche oggi, infatti, Papa Francesco afferma con forza che «manca la coscienza di un’origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti» (Laudato si’,  202). E ciò che sembra messaggio di altri tempi, quello del cardinale Pavan, prende forma nella più grande sfida di questo millennio: educare le persone a pensare al bene di tutti in un cammino di riconciliazione che inizia dall’abbraccio alla Madre Terra oltraggiata e ferita. Dobbiamo, dunque, avere una chiara e decisa “educazione e spiritualità ecologica” e cambiare il nostro stile di vita perché «in questo orizzonte non esiste nemmeno un vero bene comune» (Laudato si’ , 204). Ed in tutto ciò l’idea di democrazia posta da Pavan, come cammino verso la piena realizzazione della persona umana e del riconoscimento di quella dignità inalienabile dell’uomo e di tutta la creazione, trova piena conferma. L’essere umano nella sua libertà è capace di operare scelte buone, per cui «è sempre possibile sviluppare una nuova capacità di uscire da sé stessi verso l’altro. L’atteggiamento fondamentale di auto-trascendersi, infrangendo la coscienza isolata e l’autoreferenzialità, è la radice che rende possibile ogni cura per gli altri e per l’ambiente. Quando siamo capaci di superare l’individualismo, si può effettivamente produrre uno stile di vita alternativo e diventa possibile un cambiamento rilevante nella società» (Laudato si’ , 208).

Nel 1939 riflettendo sulla dignità umana Pavan scriveva: «Dal Vangelo si determinò la più profonda rivoluzione sociale e politica, forse la più vera rivoluzione sociale che si sia mai verificata nella storia. La precisazione del rapporto fra uomo e Dio si ripercosse in tutti gli altri rapporti umani. In quella fondamentale precisazione era inclusa la riaffermazione della dignità suprema della vita umana» (L’ordine sociale. Ragione e rivelazione , 26). Cura del creato, cura delle persone e della loro dignità: grandi sfide che la Chiesa ha voluto far proprie nel nome di Cristo e del suo Vangelo, una solida “rivoluzione culturale” necessaria in un tempo di crisi umana e spirituale potenziata dalla solitudine ed insicurezza generata da questa pandemia globale. E sarebbe veramente bello essere tutti fratelli e sorelle, nello spirito di san Francesco e della nuova lettera enciclica di Papa Francesco Fratelli tutti .

di Caterina Ciriello