Ad Assisi il cardinale Vallini presiede a nome del Papa la beatificazione di Carlo Acutis

Un ragazzo dei nostri tempi conquistato da Cristo

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12 ottobre 2020

«La beatificazione di Carlo Acutis, figlio della terra lombarda, e innamorato della terra di Francesco di Assisi, è una buona notizia, un annuncio forte che un ragazzo del nostro tempo, uno come tanti, è stato conquistato da Cristo ed è diventato un faro di luce per quanti vorranno conoscerlo e seguirne l’esempio. La sua vita è un modello particolarmente per i giovani, a non trovare gratificazione soltanto nei successi effimeri, ma nei valori perenni che Gesù suggerisce nel Vangelo, vale a dire: mettere Dio al primo posto, nelle grandi e nelle piccole circostanze della vita, e servire i fratelli, specialmente gli ultimi». Sono le parole pronunciate dal cardinale Agostino Vallini, legato pontificio per le basiliche di San Francesco e di Santa Maria degli Angeli in Assisi, durante la messa per la beatificazione di Carlo Acutis (1991-2006) celebrata nella cittadina umbra sabato pomeriggio, 10 ottobre.

Nell’omelia il porporato ha tracciato un efficace ritratto del giovane, morto ad appena 15 anni. La sua «forza», ha deto, stava proprio nell’«avere con Gesù un rapporto personale, intimo, profondo», e nel «fare dell’Eucaristia il momento più alto della sua relazione con Dio». Era «un ragazzo normale, semplice, spontaneo, simpatico  — basta guardare la sua fotografia —, amava la natura e gli animali, giocava a calcio, aveva tanti amici suoi coetanei, era attratto dai mezzi moderni della comunicazione sociale, appassionato di informatica, e da autodidatta costruiva programmi “per trasmettere il Vangelo, per comunicare valori e bellezza”», come ha ricordato il Papa nell’esortazione apostolica  Chistus vivit  (n.105)». Aveva anche «il dono di attrarre e  veniva percepito come un esempio» ha evidenziato il cardinale Vallini. E il segreto del suo cammino spirituale stava nel fatto che «fin da bambino sentiva il bisogno della fede e aveva lo sguardo rivolto a Gesù. L’amore per l’Eucaristia — ha ribadito — fondava e manteneva vivo il suo rapporto con Dio. Diceva spesso: “L’Eucaristia è la mia autostrada per il cielo”. Ogni giorno partecipava alla santa messa e rimaneva a lungo in adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Lui che diceva: “Si va diritti in Paradiso se ci si accosta tutti i giorni all’Eucaristia”. Gesù era per lui Amico, Maestro e Salvatore, era la forza della sua vita e lo scopo di tutto ciò che faceva».

Interiormente rafforzato dalla presenza del Signore, Carlo aveva un ardente desiderio: «Quello di attrarre quante più persone a Gesù facendosi annunciatore del Vangelo anzitutto con l’esempio della vita» ha proseguito il legato pontificio, precisando che «fu proprio la testimonianza della sua fede che lo spinse con successo a intraprendere un’opera di evangelizzazione assidua negli ambienti che frequentava, toccando il cuore delle persone che incontrava e suscitando in esse il desiderio di cambiare vita e di avvicinarsi a Dio. E lo faceva con spontaneità, mostrando col suo modo di essere e di comportarsi l’amore e la bontà del Signore. Straordinaria infatti — ha sottolineato ancora — era la sua capacità di testimoniare i valori in cui credeva, anche a costo di affrontare incomprensioni, ostacoli e talvolta perfino di essere deriso. Carlo sentiva forte il bisogno di aiutare le persone a scoprire che Dio ci è vicino e che è bello stare con lui per godere della sua amicizia e della sua grazia».

Nonostante la sua giovane età, si era attrezzato per comunicare il Vangelo, servendosi di vari strumenti, «anche dei mezzi moderni della comunicazione sociale, che sapeva usare benissimo, in particolare internet, che considerava un dono di Dio e uno strumento importante per incontrare le persone e diffondere i valori cristiani».  Per il nuovo beato la rete non era  «solo un mezzo di evasione, ma uno spazio di dialogo, di conoscenza, di condivisione, di rispetto reciproco, da usare con responsabilità, senza diventarne schiavi  e rifiutando il bullismo digitale; nello sterminato mondo virtuale bisogna saper distinguere il bene dal male». In questa «prospettiva positiva — ha proseguito il celebrante — Carlo incoraggiava a usare i mass media come mezzi a servizio del Vangelo, per raggiungere quante più persone possibili e far loro conoscere la bellezza dell’amicizia con il Signore. A questo scopo si impegnò a organizzare la mostra dei principali miracoli eucaristici avvenuti nel mondo, che utilizzava anche nel fare catechismo ai bambini».

È stata anche ricordata la sua grande devozione mariana. Recitava infatti il rosario ogni giorno e si è era consacrato più volte a Maria «per rinnovare il suo affetto e per impetrare la sua protezione». Così, rinvigorito dalla Parola, dall’Eucaristia, dall’amicizia con Gesù che ha servito con grande carità nel prossimo e dall’amore filiale verso la Vergine Maria, Carlo «visse la malattia che affrontò con serenità» fino alla morte, avvenuta  il 12 ottobre 2006, ripetendo: «Voglio offrire tutte le mie sofferenze al Signore per il Papa e per la Chiesa. Non voglio fare il Purgatorio; voglio andare dritto in Paradiso». Carlo «non si è mai ripiegato su se stesso, ma è stato capace di comprendere i bisogni e le esigenze delle persone, nelle quali vedeva il volto di Cristo. Una vita luminosa dunque tutta donata agli altri, come il pane eucaristico» ha sottolineato Vallini.  Riferendosi al Vangelo della vite e dei tralci letto nella solenne circostanza, il porporato ha ribadito che «Carlo è andato e ha portato il frutto della santità, mostrandolo come meta raggiungibile da tutti e non come qualcosa di astratto e riservato a pochi. Egli ha testimoniato che la fede non ci allontana dalla vita, ma ci immerge più profondamente in essa, indicandoci, la strada concreta per vivere la gioia del Vangelo».

Con il cardinale Vallini hanno concelebrato il vescovo di Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino, l’arcivescovo Domenico Sorrentino, gli altri membri della Conferenza episcopale dell’Umbria,  tra i quali il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia - Città della Pieve e presidente della Conferenza episcopale italiana, il vescovo ausiliare di Milano, Paolo Martinelli, il custode del Sacro Convento, padre Mauro Gambetti, quello della basilica di Santa Maria degli Angeli, padre Massimo Travascio, alcuni provinciali delle famiglie francescane e molti sacerdoti.  Più di tremila pellegrini hanno seguito la cerimonia, molti dei quali su maxi schermi allestiti sulle piazze delle basiliche di San Francesco e Santa Maria degli Angeli, di San Pietro e del santuario della Spogliazione.

Un grande e prolungato applauso si è levato quando è stato scoperto l’arazzo con il volto  del nuovo beato, collocato nell’abside della basilica superiore di San Francesco, dopo che il cardinale Vallini ha dato lettura della lettera apostolica con la quale il Pontefice ha iscritto nel numero dei beati il servo di Dio. I genitori di Carlo hanno poi portato in processione all’altare il reliquario contenente il cuore del figlio, mentre il coro cantava l’inno O Carlo beato   composto da padre Giuseppe Magrino.

Al termine della celebrazione, è con le parole del Magnificat che l’arcivescovo Sorrentino ha espresso la sua gratitudine e quella della Chiesa assisana prima di tutto al Signore, «che ha fatto cose tanto belle nella vita breve ma intensa» del nuovo beato; poi a Papa Francesco «che ha fatto questo regalo alla Chiesa, riconoscendo in Carlo un modello di santità soprattutto per i giovani»; quindi ai genitori del nuovo beato — Andrea e Antonia — «che hanno accolto nella loro vita questo dono dall’alto e hanno rispettato e assecondato il suo cammino di santità»,  e infine alla Chiesa di Milano.  «Voglia Gesù, con l’esempio di Carlo, aiutarci a prendere sempre più sul serio la fede. Soprattutto i giovani possano trovare la strada della gioia vera, vivendo la bellezza di questa terra senza smettere di guardare al Cielo», si è augurato in conclusione monsignor Sorrentino.  (jean-baptiste sourou )