#CantiereGiovani - La scuola alle prese con il coronavirus a un mese dalla riapertura

Tra incognite e volontà di riscatto

Marc Chagall «La vie» (particolare, 1964)
12 ottobre 2020

Giorni di ansie, lunghe ore di lavoro e spostamenti hanno preceduto il tanto atteso e discusso primo giorno di scuola. Dopo mesi di didattica a distanza, le lezioni in presenza, fissa o alternata, si stanno svolgendo, pur nella fatica accentuata dall’ansia e dalla legittima preoccupazione. Ogni sforzo o misurazione, ogni ordine di materiale o collocazione di adesivo è stato progettato per cercare di rendere gli ambienti sicuri e idonei. La sera del giorno prima — per alcuni istituti a metà settembre per altri alla fine — è stata ricca di trepidazione: come sarà l’inizio, come sarà riaccogliere gli studenti garantendo la didattica e la dovuta sicurezza dal contagio? Nessun monitor ha lontanamente ricreato la giornata scolastica, la sensazione del suono della campanella, l’allegro vociare di bambini e ragazzi. Un tuffo al cuore trovare ancora il calendario fermo agli inizi di marzo, le lavagne con le ultime attività svolte, gli scaffali con i materiali rimasti dopo l’improvviso esodo.

In una scuola primaria di uno degli istituti comprensivi della periferia Est di Roma, il 14 settembre 2020, primo giorno dopo il dpcm del 4 marzo, rimarrà tra i ricordi indelebili. Bambini tesi e emozionati con accanto i propri genitori o i nonni, tutti muniti di mascherine e opportunamente distanziati, attendono di rivivere i luoghi a loro familiari ormai così nuovi. Le comunicazioni pubblicate sul sito nei giorni precedenti annunciavano già una giornata diversa scandita da vari ingressi per permettere il rapido fluire delle classi, di cui alcune molto numerose divise in gruppi. I collaboratori vigilano evitando assembramenti, l’insegnante guida la fila fino ai banchi adeguatamente posizionati raccomandando la distanza costante di sicurezza. Alle pareti meno cartelloni colorati e più pannelli con le norme anti covid, sui pavimenti adesivi per la collocazione degli arredi scolastici, frecce con il senso di percorrenza e monito del metro da rispettare. Il tutto scandito da norme per la correzione, l’affluenza ai bagni, la ricreazione, la mensa.

Da allora le giornate trascorrono tra l’igiene frequente delle mani, i banchi da far rimanere distanti, la mascherina che si abbassa se tutti sono seduti e si indossa quando si percorrono spazi comuni o si ha necessità di spostarsi all’interno della classe. È necessario, inoltre, lasciare aperte le finestre e la porta per arieggiare l’ambiente. Maestri e professori si mantengono distanti, guidano con lo sguardo e con la voce, indossano, soprattutto gli insegnanti di sostegno, anche i guanti e la visiera. Nessuno si sfiora, nessuno si abbraccia. Crescerà una generazione più forte o rimarrà il trauma del distacco forzato, dell’incertezza e della paura del contagio? Come sembrano lontane le giornate del precedente anno scolastico e quanto relativi i problemi che ci preoccupavano.

Un’estate tra le polemiche della didattica in presenza, dei banchi, del presunto plexiglass e adesso, come ogni anno, mancano ancora i docenti. Eppure ora che le classi sono divise occorrerebbe potenziare le risorse, perché le ore in più gravano maggiormente.

Tra i rumori delle notizie e il caos di chi alza i toni, numerose storie scorrono silenziosamente. Sono quelle dei bambini e dei ragazzi con disabilità che attendono faticosamente quell’insegnante a cui hanno diritto e che è necessario per la loro didattica. È avvilente notare come la scuola rappresenti sempre l’ultimo anello, quello in cui si improvvisa, in cui si modifica senza criterio. Ci si muove costantemente con indicazioni sommarie, che si susseguono spesso contraddicendosi.

Stiamo percorrendo la seconda parte di un anno buio, colmo di rischi e paure. Ne risentono le classi in presenza da un lato e dall’altro quelle che a settimane alterne seguono a distanza. Ancora in difficoltà le famiglie per conciliare il proprio lavoro con i turni e gli orari ridotti dei propri figli; in apprensione insegnanti e dirigenti scolastici che seguono impotenti il rapido aumento dei contagi. Con l’arrivo dell’autunno e il conseguente cambiamento della temperatura, pediatri e medici di famiglia sono in allarme per l’alto numero di tamponi richiesti, Asl e ospedali a lavoro costante per distinguere malanni stagionali dai casi positivi al covid-19. 

Da Nord a Sud differenti date di ripresa scolastica e medesimo caos circa i certificati medici per la riammissione in classe dopo un’assenza per malattia. Non c’è, infatti, una linea comune a causa dell’autonomia delle regioni in materia di sanità. In Liguria, Piemonte, Lombardia e Veneto, per la famiglia è sufficiente consultare il pediatra e firmare un’autocertificazione. Nel Lazio il certificato è obbligatorio dopo tre giorni per le scuole dell’infanzia e, come nella maggioranza delle regioni, dopo cinque per gli altri ordini di scuola. In Sicilia, invece, scatta l’obbligo al decimo giorno di assenza. In ogni istituto, i dirigenti scolastici possono richiedere il tampone preventivo dove necessario.

Quanto resisteremo? Nessuno è in grado di rispondere. Tuttavia, più del previsto se ognuno, anche fuori dalle mura scolastiche, facesse la sua parte rispettando le norme di sicurezza per il bene e la salute comune. L’attuale sforzo delle scuole in materia di prevenzione del contagio è un dato certo; l’incoscienza di coloro che si ostinano a negare il pericolo del virus, anche.

di Virginia Di Mauro