Alla scoperta delle chiese sul lago di Lugano

Scrigni di storia

La chiesa di Carpoforo di Bissone
30 ottobre 2020

Chi si pone domande relative al ruolo del cristianesimo nella formazione del sentire comune europeo trova qualche risposta in Passeggiate sul lago di Lugano, di chiesa in chiesa, tra arte e storia di Lorenzo Sganzini (Lugano, Casagrande, 2020, pagine 160, euro 20). L’autore, direttore della radio culturale svizzera di lingua italiana e in seguito realizzatore del centro Lac, Lugano Arte e Cultura, dichiara fin nelle prime pagine di non credere, per aggiungere subito, come a scusarsi di ritenere ugualmente che «le chiese, più di qualsiasi altro edificio, esprimano una grande continuità di tracce di fede, storia e cultura». L’assunto diviene ricerca sul terreno in una serie di visite, di brevi esplorazioni, poco più che passeggiate, fatte dall’autore a Lugano e nei dintorni alla ricerca degli edifici sacri più significativi, dei quali sono descritte le caratteristiche senza gli intenti di uno storico dell’arte, ma più con quelli del sociologo. Quasi dello storico delle religioni, che scopre quanto profonde siano le radici del cristianesimo nel territorio nel quale indaga. Sotto questo sguardo Lugano e i dintorni prossimi, i luoghi tutti raggiungibili a piedi o al più con una piccola barca, che circondano il capoluogo ticinese e il suo lago, si trasformano in un universo compiuto.

I nomi di piccoli centri, sconosciuti per la stragrande maggioranza dei lettori, Barbengo, Carona, Gandria, Morcote, Osteno, Rovio, indicano tappe obbligatorie di un percorso compiuto di fede e di devozione. Esempio per qualsiasi altro itinerario europeo, nel quale di necessità si incontrano edifici, pitture, arredi, decorazioni e rifacimenti simili, o comunque prodotto di una comune visione del mondo.

L’introduzione è illuminante su almeno due aspetti. Il primo è costituito dalla posizione storica e geografica di Lugano, rifugio per molti, al centro del continente ma riparata dalle montagne e da una robusta tradizione di liberalismo. Hermann Hesse meglio della stagione anarchica della città descrive questo appartamento, nel quale il premio Nobel trascorse la seconda metà della vita scrivendo tra l’altro Siddharta e Il Gioco delle Perle di Vetro. Sganzini cita Hesse che, ne L’ultima estate di Klingsor, scrive di aver sbirciato “mille volte” nella grata della porta di una chiesa poco fuori Carona per intravvedere il luccichio della doratura del quadro della Madonna d’Ongero. Guardandola si dice dispiaciuto di non essere cattolico.

Il secondo aspetto riguarda la pervasività dell’evento fisico della religione riguardo al territorio. Non sono solo le città d’arte, Roma, Venezia, Palermo, a essere descritte e narrate dalle chiese distribuite nel reticolo delle strade. Anche una regione impervia, montagnosa, si racconta attraverso i suoi edifici sacri, forse non altrettanto significativi dal punto di vista artistico, ma impregnati della medesima spiritualità, della stesso desiderio di rendere gloria a Dio e di segnalare la compattezza della comunità attorno a un credo condiviso.

Allora acquistano tutto il loro senso le visite a San Carpoforo di Bissone, con la statua di san Bartolomeo scorticato, all’affresco dedicato alla battaglia di Lepanto nella cappella del Rosario della chiesa di Pazzalino, o agli stucchi della cappella dedicata a sant’Antonio da Padova nella chiesa di San Vigilio a Gandria. Sganzini segnala questi ultimi come rappresentanti del «miglior rococò del lago». Un viaggio lungo e complesso insomma, che testimonia la centralità dell’esperienza religiosa, la sua contiguità con l’espressione artistica e la convocazione dei migliori fra quanti potevano produrla. Niente di nuovo, tutto questo lo sapevamo già, ma una conferma conforta sempre.

di Sergio Valzania