L’Onu denuncia metropoli affollate ma non inclusive

Città a misura d’uomo
Una sfida globale

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30 ottobre 2020

Le città del mondo sono sempre più affollate ma non inclusive, luoghi dove si vive faticosamente con i trasporti ingolfati, i servizi di base non sempre accessibili, dove il vicino di casa è uno sconosciuto, che abbiamo visto, forse per la prima volta, solo quando siamo stati costretti a frequentare i balconi per sfuggire al lockdown.

Agglomerati di palazzi dove la quotidianità è pesante e la solitudine tangibile, dove si vive male ma dove tutti vogliono stare perché la città promette più occasioni di lavoro, crescita economica e sviluppo. Fino al 2009 la popolazione rurale era di gran lunga maggiore di quella urbana. Ormai, invece, vive in città più della metà della popolazione mondiale, ed entro il 2050 si stima che le metropoli del mondo ospiteranno più del 68 per cento degli abitanti della terra.

Un’urbanizzazione dilagante che si concentra soprattutto in Asia ed Africa, in particolare in Cina, India e Nigeria, che non significa però inclusione sociale, uguaglianza, accesso ai servizi di base, nuove opportunità. Attualmente le città occupano meno del 2 per cento del territorio mondiale ma producono l’80 per cento del prodotto interno lordo e più del 70 per cento delle emissioni di carbonio.

A Chongquing, Shangai, Pechino, ma anche ad Istanbul, San Paolo, Lima, Città del Messico, gli abitanti si contano in decine di milioni e il ritmo accelerato dell’urbanizzazione pone sfide importanti per garantire disponibilità di alloggi, infrastrutture e trasporti adeguati. Luoghi in cui il malessere è spesso fonte di conflitti e violenze, dove le periferie accolgono quasi un miliardo di persone, definite dalle statistiche “poveri urbani”, la maggior parte delle quali vive in insediamenti urbani informali. E l’evoluzione demografica che ci si aspetta non gioca a favore del miglioramento delle città, e allontana sempre più il raggiungimento dell’obiettivo 11 dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile che mira ad assicurare che «città ed insediamenti umani siano inclusivi, sicuri e resilienti».

Le stime fornite dalle Nazioni Unite, rilevano che il numero delle persone che vive sul pianeta crescerà di 2 miliardi entro il 2050 passando da 7,7 miliardi a 9,7 miliardi per raggiungere gli 11 miliardi entro la fine del secolo. In questo lasso di tempo è previsto che la popolazione mondiale diventi sempre più urbana e che il numero di persone di età superiore ai 65 anni continui a crescere in maniera esponenziale. Nel 2018 per la prima volta il numero di anziani nel mondo ha superato quello dei bambini e nel 2050 supererà anche quello degli adolescenti (15-24 anni) con un aumento delle difficoltà di assistenza e di cura. Europa e Asia Orientale hanno già notevoli problemi nell’assistenza agli anziani e con l’aumento dell’aspettativa di vita queste difficoltà cresceranno. Le città dovranno dunque adattare i loro sistemi di salute e protezione sociale per fornire servizi adeguati e una rete di sicurezza pubblica per queste fasce d’età.

Dunque è comprensibile quanto sia importante che l’urbanizzazione venga gestita efficacemente dai governi. Per questo l’Onu, il 31 ottobre di ogni anno celebra la Giornata mondiale delle città per sensibilizzare le comunità all’importanza di programmare la crescita delle nostre metropoli, per favorire l’inclusione, garantire le stesse opportunità per tutti, l’innovazione e il benessere. In questa giornata le Nazioni Unite invitano allo scambio di esperienze per migliorare i sistemi urbani, imparare gli uni dagli altri al fine di accelerare la transizione verso città che assicurino l’accesso dei cittadini ai servizi essenziali gestendo le risorse con oculatezza e producendo il minimo di rifiuti.

Man mano che le dimensioni delle città esistenti cresceranno e ne nasceranno di nuove, il consumo di beni aumenterà ancora più velocemente. Si tratta dunque di impegnarsi in una sfida enorme di fronte alla scarsità di risorse e all’intensificarsi dei problemi ambientali, tra cui l’inquinamento e il cambiamento climatico. Di lavorare a livello globale per realizzare centri urbani più a misura d’uomo, risparmiando asfalto e cemento, con inferiori consumi di elettricità e acqua, che invoglino ad una mobilità “morbida”, come camminare e andare in bicicletta, e ad un uso più intensivo degli spazi pubblici.

di Anna Lisa Antonucci