Presentato il rapporto «Italiani nel mondo 2020» della Fondazione Migrantes

Lontano da casa conservando radici cristiane

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29 ottobre 2020

Negli ultimi quindici anni sono diventati quasi cinque milioni e mezzo, sempre più giovani e più istruiti, prediligono gli spostamenti in Europa, ma non disdegnano il continente americano partendo soprattutto dal nord della Penisola, mantenendo le radici cristiane e rappresentando l’unica comunità in crescita di una nazione longeva e penalizzata demograficamente. È in sintesi il quadro che emerge dal quindicesimo rapporto «Italiani nel mondo 202o», redatto da Fondazione Migrantes e presentato in diretta streaming sul canale YouTube dedicato e sulla pagina Facebook della Conferenza episcopale italiana (Cei). All’evento sono intervenuti, tra gli altri, il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Giuseppe Conte, e quello della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, nonché il presidente della Fondazione Migrantes, monsignor Guerino Di Tora. «La mobilità fa parte della nostra quotidanità — ha affermato il porporato — e come Chiesa e come Paese in cui la cristianità affonda le sue radici abbiamo la consapevolezza dell’importanza della relazione umana solidale, dell’essere prossimi all’altro, con le sue ricchezze e con le sue diversità, e proprio per questo pieni di Dio». Siamo chiamati quindi, ha aggiunto, «a una sfida di civiltà: andare incontro al diverso perché migranti tra i migranti ed essere popolo accogliente per chi arriva».

Nel dossier, alla cui realizzazione hanno contribuito 57 autori nazionali e internazionali raccogliendo analisi socio-statistiche delle fonti ufficiali sulla mobilità dall’Italia dal 2006, si evidenzia, secondo i dati dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire), un significativo aumento di espatri: dai poco più di 3 milioni nel 2006 si è giunti agli attuali quasi 5 milioni e mezzo. Si tratta, precisa il dossier, di una collettività che, nella sua generalità rispetto a 15 anni fa, si sta ringiovanendo a seguito delle nascite all’estero, pari a un +150,1 per cento, e di una nuova mobilità costituita sia da nuclei familiari con minori al seguito sia da protagonisti giovani da inserire nel mercato del lavoro. Si parte molto dal nord nord-ovest del Paese, con la Lombardia a guidare la classifica, e poco dal sud a causa della “circolarità del protagonismo regionale”, cioè quella situazione di alcune regioni come Sardegna, Sicilia, Abruzzo e Basilicata in cui la “desertificazione e la polverizzazione sociali”, è scritto nel rapporto, impediscono di fatto la mobilità.

Per quanto riguarda le destinazioni, è l’Europa la meta preferita grazie anche alla maggiore mobilità che ha segnato un aumento di quasi un milione e duecentomila residenti in 15 anni fino ad arrivare ai quasi 3 milioni attuali divisi soprattutto tra Germania e Svizzera, con il Regno Unito a essere il più gettonato nell’ultimo anno. Considerevole anche il numero degli italiani nel continente americano, ma qui giocano un ruolo decisivo le acquisizioni di cittadinanza. Anche sul versante dell’istruzione si è registrato uno sviluppo importante rispetto a 15 anni fa: se allora il 68,4 per cento dei residenti ufficiali all’estero, secondo dati Istat, aveva un titolo di studio basso, ad oggi, il 29,4 per cento risulta invece laureato e il 29,5 per cento diplomato.

Fondamentale, si rimarca in conclusione del dossier, il ruolo delle Missioni cattoliche di lingua italiana (Mcli) nel costituire un punto di riferimento per la collettività trasferitasi fuori confine, bisognosa di ritrovare elementi identitari di appartenenza religiosa fuori dal loro contesto di origine. E questo grazie a équipe interculturali che gestendo processi pastorali in continuo cambiamento, trasformano in realtà concreta la tanto auspicata “unità nella diversità”.

di Rosario Capomasi