A colloquio con padre Cecchin, presidente della Pontificia Accademia mariana internazionale

La donna di Nazaret

Alberto Gálvez, «Madre»
29 ottobre 2020

Il ruolo della donna, con Maria, è «essenziale per la storia della salvezza», e «non può che esserlo per la Chiesa e per il mondo». Il Pontefice è tornato sul ruolo della donna, parlando di Maria, la Donna per eccellenza. Lo ha fatto ultimamente nell’udienza ai docenti e agli studenti della Pontificia facoltà teologica Marianum di Roma, lo scorso 24 ottobre. Sulle parole del Pontefice abbiamo chiesto un commento a padre Stefano Cecchin (o.f.m), presidente della Pontificia Accademia mariana internazionale.

Papa Francesco si è soffermato sul ruolo della mariologia nel nostro presente. Sulla sua importanza, oggi. Si è chiesto e vi ha chiesto: «La mariologia oggi serve alla Chiesa e al mondo? Ovviamente la risposta è sì. Andare a scuola da Maria è andare a scuola di fede e di vita». E, allora, chiedo a lei, quanto la mariologia può incidere sul cammino della Chiesa, nel nostra contemporaneità?

La mariologia, oggi, deve fare i conti soprattutto su un dato: togliere la polvere da Maria. Lo dice bene il Pontefice: bisogna togliere «la polvere che si era depositata su di essa nei secoli». Infatti è stato fatto nel tempo? Abbiamo rivestito la madre di Gesù, di corone e argenti, di abiti splendidissimi per far risaltare la gloria in cui ora lei si trova. Ma, esaltando questo, inevitabilmente abbiamo messo in secondo piano o dimenticato che Maria è — prima di tutto — la serva del Signore, umile ancella. Il coprirla di sovrastrutture non ha fatto bene alla sua figura, perché l’ha resa una donna “irraggiungibile”. È necessario, dunque, ridare a Maria la sua immagine evangelica. Proprio come dice il concilio, citato dal Pontefice. Solo ritornando al valore antropologico è possibile ritrovare la vera Maria. Così da poterla imitare come la Chiesa è chiamata a fare.

Quali sono, dunque, i nuovi orizzonti della mariologia?

La mariologia è una realtà che dobbiamo conoscere e quindi studiare tutti. Su questo siamo tutti d’accordo. La Chiesa, che ha Maria come suo modello, per realizzarsi deve comprendere, capire chi è realmente Maria. Non si può imitare il “modello” se non lo si conosce. Il rischio di oggi è che abbiamo tante realtà mariane, tanti libri su di lei (magari di basso profilo teologico), ma pochi conoscono «la vera dottrina cattolica su Maria». Come aveva detto san Paolo vi nel concilio, «costituirà sempre la chiave per l’esatta comprensione del mistero di Cristo e della Chiesa». Dunque, l’aspetto mariologico è fondamentale per quello mariano: va benissimo tutto l’apparato devozionale, come il rosario, le varie consacrazioni, ma non possiamo e non dobbiamo dimenticare che devono condurre ad imitare i valori e le virtù della donna di Nazaret, divenuta madre di Dio. Per tutto questo è necessario lo studio della mariologia, che purtroppo, sembra stia scomparendo da molti centri di studio con le poi inequivocabili conseguenza di ridurre la madre di Dio a una semplice devozione, che spesso — ormai — sfocia in una devozione esagerate o nella ricerca di fenomeni fantastici e nei messaggi apocalittici (soprattutto nel tempo della pandemia).

La domanda nasce spontanea, allora: Maria, dunque, chi è?

È una donna soprattutto. Una donna di fede, di preghiera che ha ascoltato la Parola e che si è fatta serva della Parola, tanto da generare la carne del Figlio di Dio. Della Parola. «E il Verbo si fece carne», non dobbiamo mai dimenticarlo.

«La Madonna ha reso Dio nostro fratello e in quanto madre può rendere più fraterni la Chiesa e il mondo». Il Pontefice con queste parole ritorna al concetto di fraternità umana, tema della sua ultima enciclica, «Fratelli tutti». Come poterci accostare a questo mistero del vedere Maria come nostra madre?

Il Pontefice è molto chiaro: sottolinea come sia possibile trovare il lei la madre dell’intera famiglia umana. Questa non può che essere interpretata come la creazione. Il Pontefice cerca di continuare il discorso che già aveva cominciato Giovanni Paolo ii con la sua Mulieris dignitatem e la Lettera alle donne, mettendo in luce la maternità di Maria. Giustamente Papa Francesco si chiede: può esserci un mondo senza madri? La riposta è no. In Maria avviene qualcosa di speciale, unico: il Padre si rivela come Madre perché ha nel grembo il Figlio. Crea l’universo per il Figlio e attraverso il Figlio. Il fine stesso della creazione è, dunque l’incarnazione del Verbo. E dove avviene se non in un grembo di madre? Nel grembo di una donna. È la madre che riesce ad accogliere la vita e lascia spazio alla vita. Così fa Maria. Questo senso dell’accoglienza è profondo in Maria, tanto da spingerla a perdonare subito addirittura chi ha rinnegato, chi ha tradito il Figlio. È la Madonna che troviamo nel Cenacolo. Non chiude la porta, anzi riesce — perché appunto madre — ad accogliere tutti.

Accogliere tutti: viene, dunque, in mente l’immagine della Chiesa. Giusto?

Certo. Maria è accoglienza, così come deve esserlo la Chiesa. Perché? Perché vivere Maria — così come la Chiesa è chiamata a fare — vuol dire innanzitutto vivere il sacro Vangelo. Tutti noi, suoi figli, dobbiamo custodire Maria: e questo vuol dire vivere il Vangelo. Assieme a ciò, non possiamo dimenticare però lo studio su lei, e anche la cosiddetta “via della Bellezza”, tanto cara a Papa Paolo vi. Nella lettera che ci ha indirizzato il Pontefice lo scorso quindici agosto, nella festività dell’Assunta a queste due vie aggiunge quella della solidarietà. La Pontificia Accademia mariana internazionale sta indirizzando i propri sforzi proprio verso queste tre vie indicate dal Pontefice.

di Antonio Tarallo