Nella lettera al cardinale segretario di Stato una riflessione sul futuro del continente

Il sogno di Francesco

Il Papa durante la visita compiuta il 25 novembre 2014 al Parlamento e u ro p e o a Strasburgo
29 ottobre 2020

«Europa, ritrova te stessa! Ritrova i tuoi ideali. Non avere paura della tua storia millenaria che è una finestra sul futuro». Papa Francesco ha lanciato questo appello in una lettera al cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, in occasione di tre significativi anniversari per il vecchio continente: il quarantesimo della Commissione degli Episcopati dell’Unione europea (Comece) e i cinquantesimi delle relazioni diplomatiche tra Unione europea e Santa Sede e della presenza della Santa Sede come osservatore permanente al Consiglio d’Europa. Proprio in concomitanza con queste ricorrenze era in programma — dal 28 al 30 ottobre — una visita del cardinale Parolin a Bruxelles, cancellata per l’aggravarsi dell’emergenza sanitaria.

La lettera porta la data del 22 ottobre, memoria di san Giovanni Paolo ii, le cui parole «Europa “ritrova te stessa”», pronunciate nello storico Atto europeistico di Santiago de Compostela, il 9 novembre 1982, «risuonano oggi più che mai attuali», ha spiegato Francesco. Perché, ha aggiunto, «in un tempo di cambiamenti repentini c’è il rischio di perdere la propria identità, specialmente quando vengono a mancare valori condivisi».

Il riferimento è al «contesto di pandemia» che sembra condurre il continente verso situazioni analoghe a quelle della fine della seconda guerra mondiale. «Il progetto europeo — ha ricordato Papa Francesco — sorge come volontà di porre fine alle divisioni del passato; nasce dalla consapevolezza che insieme e uniti si è più forti». Al contrario, «nel nostro tempo... sempre più prevale l’idea di fare da sé». Ed ecco allora che, secondo il Pontefice, «la pandemia costituisce uno spartiacque: o si procede sulla via intrapresa nell’ultimo decennio, animata dalla tentazione all’autonomia, andando incontro a incomprensioni, contrapposizioni e conflitti», o si riscopre la “strada della fraternità” che ispirò i padri fondatori.

Da qui la consegna ideale del Papa all’Europa: «Tu, che sei stata nei secoli fucina di ideali, non fermarti a guardare al passato come ad un album dei ricordi». Insomma, si è chiesto Francesco, «quale Europa sogniamo dunque per il futuro? In che cosa consiste il suo contributo originale?». Per il Pontefice «non si tratta di recuperare un’egemonia politica o una “centralità geografica”, né si tratta di elaborare innovative soluzioni ai problemi economici e sociali». In realtà, «l’originalità europea sta anzitutto nella sua concezione dell’uomo e della realtà; nella sua capacità di intraprendenza e nella sua solidarietà operosa».

«Sogno allora — è la visione proposta dal Papa — un’Europa amica della persona e delle persone. Una terra in cui la dignità di ognuno sia rispettata, in cui la persona sia un valore in sé e non l’oggetto di un calcolo economico o un bene di commercio. Una terra che tutela la vita in ogni suo istante, da quando sorge invisibile nel grembo materno fino alla sua fine naturale, perché nessun essere umano è padrone della vita, propria o altrui. Una terra che favorisca il lavoro come mezzo privilegiato per la crescita personale e per l’edificazione del bene comune, creando opportunità di occupazione specialmente per i più giovani. Essere amici della persona — ha spiegato — significa favorirne l’istruzione e lo sviluppo culturale. Significa proteggere chi è più fragile e debole», come «gli anziani, i malati che necessitano cure costose e i disabili».

di Giampaolo Mattei