Ricordo del cardinale olandese Johannes Willebrands

Tutta la vita per il dialogo e l’unità

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28 ottobre 2020

«Rendo grazia per questo pastore infaticabile al servizio del popolo di Dio e dell’unità della Chiesa, che fu chiamato dal mio predecessore Paolo vi a dare nuovo slancio al dialogo ecumenico»: così Papa Benedetto xvi volle ricordare il cardinale Johannes Willebrands nel telegramma inviato al cardinale Adrianus Johannes Simonis, arcivescovo di Utrecht, suo successore alla guida della Chiesa olandese, all’indomani della scomparsa di Willebrands, il 1° agosto 2006, a poche settimane dal suo 97° compleanno. Della costruzione dell’unità visibile della Chiesa Willebrands è stato «un ardente sostenitore fin dall’inizio del sacerdozio e, in modo particolare, all’indomani del concilio Vaticano ii» contribuendo a sviluppare e a intensificare il dialogo tra tutte le Chiese e le comunità cristiane, come scrisse, sempre Benedetto xvi, al cardinale Walter Kasper, allora presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. L’impegno ecumenico ha caratterizzato tutta la vita di Willebrands, ben prima della celebrazione del concilio Vaticano ii, del quale egli fu un assoluto protagonista. La sua stessa formazione teologica, completata a Roma, con una tesi di dottorato presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino-Angelicum sulla figura del cardinale John Henry Newman, nel 1937, dopo l’ordinazione presbiterale il 26 maggio 1934, nella diocesi di Haarlem, contribuì a indirizzare il giovane sacerdote sulla strada di un ripensamento delle forme per il superamento delle divisioni tra cristiani. In questo ripensamento fondamentale fu la tragica esperienza della guerra che coinvolse direttamente l’Olanda, aprendo nuove prospettive di dialogo e cooperazione tra coloro che erano impegnati nella difesa dei valori umani per l’assistenza degli ultimi e per la costruzione della pace, pur appartenendo a tradizioni cristiane che, per secoli, anche nei Paesi Bassi si erano contrapposte. Anche da questa tragica esperienza, che rimase sempre viva nei ricordi del futuro cardinale, nacque l’idea della creazione di un organismo, la Conferenza cattolica per le questioni ecumeniche, con il quale Willebrands si proponeva di approfondire la posizione della Chiesa cattolica sull’unità e di osservare i passi compiuti dal Consiglio ecumenico delle Chiese, che era stato istituito nel 1948 nell’assemblea di Amsterdam. L’attività della Conferenza negli ultimi anni del pontificato pacelliano indica quanto possibile e difficile fosse portare avanti una riflessione sull’unità che tenesse conto di quanto avveniva nel cristianesimo con la prospettiva di offrire un contributo alla pacificazione dell’Europa, tenendo conto delle diverse identità confessionali, senza abbandonarle, ma rilette in un orizzonte che favorisse la scoperta degli elementi in comune.

La creazione di un Segretariato per l’unione dei cristiani, all’interno della “macchina” per la preparazione del concilio Vaticano ii, il 5 giugno 1960, da parte di Giovanni xxiii, segnò profondamente la vita di Willebrands che, poche settimane dopo, il 28 giugno, venne nominato segretario del nuovo organismo, presieduto dal cardinale Augustin Bea. Del Segretariato rimanevano apparentemente indefiniti i compiti in vista del futuro concilio, anche se era evidente che la sua stessa creazione manifestava un’attenzione del tutto nuova a quanto veniva fatto, in tanti luoghi, per l’unità, talvolta con la partecipazione dei cattolici, nonostante le perplessità manifestate da Pio xi e da Pio xii riguardo al movimento ecumenico.

Nel neonato Segretariato, che si impegnò, al di là delle indicazioni ufficiali, nella redazione di documenti per il futuro concilio, Willebrands divenne il motore, sviluppando una filiale collaborazione con il cardinale Bea, tanto da coinvolgere teologi che egli aveva conosciuto negli anni della Conferenza cattolica per le questioni ecumeniche. A lui si deve la creazione di un gruppo di lavoro che avrebbe segnato la stessa celebrazione del concilio Vaticano ii, anche per i rapporti fraterni che si instaurarono con il gruppo degli osservatori delegati delle Chiese cristiane e degli organismi ecumenici presenti al concilio. Pochi giorni dopo l’apertura del Vaticano ii, l’11 ottobre 1962, Giovanni xxiii decise di equiparare il Segretariato alle altre commissioni, chiamate a redigere i documenti conciliari, mostrando, ancora una volta, quanto egli considerasse centrale il tema dell’unità per la vita della Chiesa e per la celebrazione del concilio.

Ben presto, anche per gli interventi in aula conciliare del cardinale Bea, il Segretariato divenne un punto di riferimento non solo nella redazione del documento sui principi cattolici dell’ecumenismo, il futuro decreto Unitatis redintegratio, ma nello stesso dibattito sulla dimensione ecumenica dei singoli documenti, tra i quali, in particolare, le costituzioni Lumen gentium sulla Chiesa e Dei verbum sulla divina rivelazione e le dichiarazioni Nostra aetate sulle religioni non cristiane e Dignitatis humanae sulla libertà religiosa. Già durante la celebrazione del Vaticano ii si era aperta la questione di come promuovere la recezione di quanto era stato promulgato e discusso in concilio. Per la recezione ecumenica del Vaticano ii, durante il quale era stato eletto vescovo titolare di Mauriana, il 4 giugno 1964, Willebrands si spese in prima persona, soprattutto con la sua nomina a presidente del Segretariato, dopo la scomparsa del cardinale Bea. Fu Willebrands a sostenere l’importanza di promuovere la recezione ecumenica del Vaticano ii in una duplice direzione: da una parte lo sviluppo dei dialoghi bilaterali tra la Chiesa cattolica e le Chiese cristiane e gli organismi ecumenici, dopo i primi incerti passi nell’immediatezza della conclusione del concilio, tanto da definire un’agenda che avrebbe guidato il confronto e la riflessione per decenni. Dall’altra per Willebrands era fondamentale che la Chiesa cattolica pubblicasse dei documenti con i quali indicare cosa si doveva fare per l’unità visibile della Chiesa, a tutti i livelli, secondo quanto indicato dal Vaticano ii. In questa direzione si colloca la pubblicazione della prima edizione del Direttorio ecumenico, in due parti, rivisto poi nel 1993. In quegli anni Willebrands sostiene anche la peculiarità del dialogo ebraico-cristiano, riprendendo un’idea tanto discussa in concilio, cioè l’importanza di questo dialogo per il cammino ecumenico, radicato sul riconoscimento della perenne elezione del popolo ebraico.

Chiamato da Paolo vi (che lo aveva creato cardinale il 28 aprile 1969) alla guida della Chiesa olandese, con la nomina ad arcivescovo di Utrecht, il 6 dicembre 1975, in un tempo nel quale i cattolici dei Paesi Bassi si confrontavano con una pluralità di letture e di interpretazioni del Vaticano ii che stavano provocando tensioni e fratture, Willebrands non abbandonò la presidenza del Segretariato. Conclusa, il 3 dicembre 1983, con le sue dimissioni, l’esperienza olandese, dove non era riuscito a ricomporre un’armonia ecclesiale, nonostante i suoi sforzi per vivere l’unità nella diversità, Willebrands rimase presidente del Segretariato, anche dopo la riforma della Curia, voluta da Giovanni Paolo ii, con la costituzione apostolica Pastor bonus (28 giugno 1988) che trasformò l’organismo creato da Giovanni xxiii e confermato da Paolo vi nel Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Una volta abbandonata la sua presidenza, il 12 dicembre 1989, nelle mani del cardinale Edward Idris Cassidy, non venne mai meno la sua passione per l’unità, come testimoniano alcuni interventi con i quali si proponeva di rilanciare il cammino ecumenico anche per sostenere l’Europa nelle nuove sfide alle quali era chiamata dopo il crollo del Muro di Berlino.

Come recenti studi hanno messo in evidenza, anche grazie alla possibilità della consultazione di gran parte del suo archivio personale, il cardinale Willebrands si è speso per la ricerca di un dialogo, sempre e comunque, con il quale iniziare un cammino per scoprire come i cristiani potevano vivere insieme il mistero dell’unità della Chiesa. Con la sua opera e la sua testimonianza quotidiana per l’unità il porporato olandese fu uno dei pionieri del cammino ecumenico della Chiesa cattolica e nella Chiesa cattolica. La sua opera per l’unità ha percorso mille strade, con una mitezza evangelica che è un ricordo ancora vivo in chi lo ha conosciuto. La sua vita è stata strettamente legata a quel “granello di senape”, che è il Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, secondo un’immagine biblica usata dal cardinale Bea e ripresa, in occasione del 60° anniversario della sua istituzione, dal cardinale Kurt Koch, per esprimere la gioia per i passi compiuti verso la piena e visibile unità senza mai dimenticare che «la crescita non è una conquista umana, ma un dono di Dio».

di Riccardo Burigana