PER LA CURA DELLA CASA COMUNE
Tra i Waorani in Amazzonia

Una foresta umana
da preservare

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26 ottobre 2020

«Devo ammettere che il resto del mondo è scivolato via, se con esso intendiamo per esempio cultura, abitudini, problematiche, relazioni e tutto ciò che fa parte della realtà da cui provengo», spiega Marina Tana che nel 2017 ha intrapreso un viaggio in solitaria attraversando l'Amazzonia, dall'Ecuador al Brasile, ed oggi espone sino al 30 ottobre a Milano presso la Galleria al 142 le foto di quell'esperienza racchiuse in una mostra curata da Paola Riccardi, intitolata “Human Forest”.

Nella remota Zòna Intangible del Parque Nacional Yasunì (creata in Ecuador nel 1999 a protezione del territorio di alcuni gruppi indigeni ) Marina Tana ha voluto vivere recandosi anche presso la comunità dei Waorani di Bameno, presentata per la prima volta al mondo nel 1956 da «Life Magazine» quale “The worst people on Earth”: oggetto tra gli anni ‘50 e i ‘70 di una vera e propria colonizzazione determinata dalla presenza di petrolio nei loro territori, i Waorani tornarono a vivere nella foresta, il loro mondo così distante dal nostro: «La cosmogonia amazzonica si basa su paradigmi completamente diversi rispetto alla nostra cultura occidentale, dominata dal dualismo ontologico tra materia e spirito — prosegue Marina Tana — per loro esseri viventi e foresta, natura e spiriti, corpo e anima, non sono mai concepiti come pura dualità; tutto è immanente. È una prospettiva difficile da comprendere per noi».

Il coronavirus ha messo in ulteriore pericolo le popolazioni amazzoniche, affette cronicamente da fragilità economica e sanitaria. «L'anno scorso durante l'emergenza incendi in Amazzonia molti Paesi si sono mobilitati per dare il loro contributo a combattere le fiamme. E ora? — si domanda la Tana — in Amazzonia le persone hanno un peso secondario se non del tutto marginale rispetto alla questione ambientale che, impattando invece tutti noi a livello globale, richiede un certo numero di azioni internazionali concrete. Qualora vi fossero aiuti sanitari chi li dovrebbe gestire? Le comunità indigene, pur all'interno dello stesso Stato, non formano un corpo politico coeso e questo fa gioco ai governi che non vogliono dar loro voce nelle questioni che riguardano persino sicurezza e salute». Anche il fotografo brasiliano Sebastiao Salgado ha fatto un appello a difesa e tutela di queste comunità così a rischio: «Senza alcuna protezione contro questo virus altamente contagioso — ha scritto — le popolazioni indigene affrontano un reale rischio di genocidio per la contaminazione causata da ingressi non controllati nelle loro terre e l'accesso praticamente inesistente alle strutture sanitarie». Grandi guerrieri e cacciatori, i Waorani vivono in armonia con la foresta da cui traggono sussistenza attraverso la pesca e la caccia alle quali partecipano donne e bambini: «Per quattro settimane nel villaggio di Bameno, sono stata testimone del vissuto quotidiano scoprendo, al di là del folklore ricercato da un certo tipo di turismo, le difficoltà di questa comunità impegnata a preservare la memoria delle proprie usanze e a contrastare la minaccia ambientale, la corruzione e la seduzione dell'Occidente».

Oltre sei mesi di preparazione, fra studi ed organizzazione pratico logistica, il viaggio in Amazzonia corona un sogno che Marina Tana aveva sin dall'infanzia, assieme al desiderio di conoscere il mondo. Ogni suo progetto è analizzato nei dettagli per evitare inutili problemi, attraverso studi e letture in grado di ampliare la conoscenza antropologica e storica dei Paesi nei quali sceglie di fermare il dito sul mappamondo. Una laurea in ingegneria, un lavoro come manager nel settore della tecnologia e dell'innovazione in ambito internazionale, Marina Tana inizia a viaggiare da sola nel 2014, e non si ferma più: la scelta di muoversi in solitaria non è un futile principio di femminile indipendenza bensì il modo per non essere influenzata da compagni di viaggio e vivere in maniera esclusiva ogni esperienza. La voglia di fotografare si trasforma in necessità non solo per testimoniare quanto visto ma diviene strumento che la relaziona con i paesaggi e le persone che di quei luoghi sono l'anima pulsante: «La fotografia è il mezzo espressivo che ho scelto per dare voce alle riflessioni scaturite da questa incredibile esperienza umana — prosegue Tana — sul restituire la giusta dignità e il giusto ruolo alle persone e promuovere l'idea di un'ecologia integrale per il nostro futuro». I Waorani di Bameno, attraverso l'appello di Penti Baihua, leader della comunità, rivendicano il diritto di essere liberi di vivere nel loro ambiente, la foresta amazzonica, la cui sopravvivenza è garanzia essenziale per il mondo: «Quando si parla di sostenibilità, questa non può limitarsi ai soli aspetti ecologici e ambientali — termina Marina Tana — deve includere anche gli esseri umani. È il concetto di ecologia integrale promosso da Papa Francesco nell'enciclica Laudato si’».

di Susanna Paparatti