Cambiamento d'epoca

Diventare un cyborg nel quotidiano

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24 ottobre 2020

Per andare avanti approfondendo le idee del post-umano e del trans-umano che sfidano oggi i nostri contemporanei nel comprendere il valore della persona e la sua inviolabile dignità dobbiamo tornare a guardare al cyborg. Rimanendo fedeli alla descrizione del cyborg di Clynes e Kline, con gli attuali progressi delle scienze biomediche, un individuo che abbia subito l’impianto di un pacemaker, che utilizzi un apparecchio acustico o abbia un cuore artificiale o delle protesi cibernetiche potrebbe essere considerato un cyborg. In realtà non tutti i soggetti in questione sono, o sono sempre stati cyborg, poiché il termine “cyborg” si riferisce sia alla creatura in cui confluiscono il vivente e l’artificiale, sia alla relazione stessa fra l’organico e il mecchinico. La caratteristica peculiare del cyborg, da quanto emerge dallo scritto di Clynes e Kline, è il rapporto omeostatico tra l’organismo e le componenti aggiuntive che ne espandono le funzioni di autoregolamentazione. Il cyborg non è solamente un uomo con qualche tipo di inserto tecnologico inserito nella carne o nelle ossa, in una certa misura occorre che la persona sia plasmata e modellata dall’intervento tecnologico. La prima difficoltà che si incontra nel parlare di cyborg è proprio definire con precisione chi oggi sia da considerare come appartenente a questa categoria di organismi cibernetici.

Dai primi studi compiuti nell’ambito aerospaziale, nell’arco di pochi anni, il termine cyborg si è diffuso in molti altri ambiti. Oltrepassando il confine della ricerca e colonizzando l’immaginario collettivo è arrivato a indicare sempre più generalmente operazioni di ibridizzazione prodotte dal progresso tecnologico: queste hanno come oggetto l’essere umano e come risultato modificare la persona con l’utilizzo delle tecnologie. Di fatto l’originaria definizione di Clynes e Kline ha trovato numerose revisioni e ripensamenti che debbono essere tenuti in debita considerazione per poter impostare correttamente un discorso sui cyborg.

Dobbiamo comunque rilevare come emerga, fin dai primi utilizzi del termine, una questione di fondo che attraversa i diversi studi: l’uomo avverte come problematico più che l’incremento della tecnologia nel suo vissuto quotidiano una certa qualità di rapporto che con questa si instaura e contemporaneamente si sente aggredito dalla tecnologia nella sua identità tanto da dover coniare un termine, il cyborg appunto, che esprime, nella sua essenza, un’esistenza non più semplicemente umana.

di Paolo Benanti