Bilanci e prospettive in occasione della Giornata mondiale dello sradicamento della povertà

La battaglia più importante

A Rohingya refugee child peeps out from his hut in Kutupalong refugee camp in Ukhia on October 11, ...
23 ottobre 2020

È un mondo sempre più diviso, povero e senza speranza quello che la pandemia ci sta consegnando. In poco meno di un anno sono andati perduti 3400 miliardi di dollari di reddito da lavoro con gravi restrizioni sul fronte delle protezioni sociali. E questo senza contare la spaventosa impennata del debito pubblico mondiale. Mezzo miliardo di persone rischia di precipitare sotto la soglia della povertà estrema. Un impatto devastante.

Per questo occorre lanciare un grido di allarme e mobilitare le migliori forze della società per un’inversione di rotta che parta prima di tutto dal mondo della politica. Questo appello è stato al centro della Giornata mondiale per lo sradicamento della povertà, celebrata dalle Nazioni Unite il 17 ottobre. Il messaggio lanciato è chiaro: agire insieme per consentire ai bambini, alle loro famiglie e alle comunità di porre fine alla povertà, in linea con l’agenda degli Obiettivi del Millennio.

I dati non lasciano spazio all’interpretazione. Il coronavirus mette sotto gli occhi di tutti il paradosso di società caratterizzate da un altissimo sviluppo tecnologico ed economico che convivono accanto ad aree estremamente arretrate, periferie dimenticate e senza un futuro. Secondo i rapporti di diverse ong umanitarie, il numero di bambini che vivono in condizioni di povertà è salito a circa 1,2 miliardi a causa della pandemia di covid-19. L’Unicef, il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, registra un aumento del 15% del numero di bambini che vivono in condizioni di grave privazione nei paesi a basso e medio reddito, ovvero di altri 150 milioni di bambini da quando la pandemia si è propagata all’inizio di quest’anno. L’Unicef parla di “povertà multidimensionale” utilizzando dati sull’accesso all’istruzione, all’assistenza sanitaria, all’alloggio, alla nutrizione, ai servizi igienici e all’acqua provenienti da oltre 70 paesi.

Su un piano più generale, la pandemia sta distruggendo i progressi ottenuti negli ultimi 10 anni nella lotta alla povertà estrema. In alcune regioni del globo, Africa e sud-est asiatico soprattutto, i livelli di povertà potrebbero tornare addirittura a quelli di oltre 30 anni fa, secondo le analisi del World Institute for Development Economics Research (Wuder) dell’Università delle Nazioni Unite e dei ricercatori del King's College di Londra e della Australian National University. Anche il mondo occidentale potrebbe essere coinvolto in questo drammatico passo indietro.

Il capitolo più preoccupante è quello del lavoro. I dati dell’Organizzazione mondiale del lavoro (Ilo) prefigurano già oggi una preoccupante contrazione degli occupati. La crisi ridurrà il numero di ore lavorate nel mondo del il 6,7 per cento nel secondo trimestre del 2020 — equivalenti a 195 milioni di lavoratori a tempo pieno. Più di quattro persone su cinque (81 per cento) nella forza lavoro globale — che ammonta a 3,3 miliardi di lavoratori — sono attualmente interessate dalla chiusura totale o parziale delle attività produttive. I settori più a rischio sono quelli degli alloggi, della ristorazione, delle manifatture, della vendita al dettaglio e delle attività commerciali e amministrative. Queste stime potrebbero inoltre peggiorare se i nuovi lockdown dovessero perdurare.

Nell’occhio del ciclone, in questo momento, c’è soprattutto l’Europa, che registra ogni giorno decine di migliaia di casi. Tra le polemiche, i governi stanno varando misure restrittive.

A scattare una fotografia molto efficace della situazione è l’ultimo rapporto della Caritas italiana. Analizzando il periodo maggio-settembre del 2019 e confrontandolo con lo stesso periodo del 2020 emerge che da un anno all’altro l’incidenza dei “nuovi poveri” è passata dal 31% al 45%: quasi una persona su due che si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta. Aumenta in particolare il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, dei nuclei di italiani che risultano in maggioranza (52% rispetto al 47,9 % dello scorso anno) e delle persone in età lavorativa. A fare la differenza rispetto allo shock economico del 2008 — rileva la Caritas — è il punto dal quale si parte: nell’Italia del pre-pandemia (2019) il numero di poveri assoluti è più che il doppio rispetto al 2007, alla vigilia del crollo di Lehman Brothers.

Fin dai primi giorni dell’emergenza covid-19, di fronte a queste sfide drammatiche e forti criticità, la Caritas italiana e le Caritas diocesane hanno continuato a stare accanto agli ultimi e alle persone in difficoltà, spesso in forme nuove e adattate alle necessità contingenti. Sul fronte del lavoro, le Caritas diocesane hanno erogato sostegni economici specifici, in ben 136 diocesi sono stati attivati fondi dedicati, utili a sostenere le spese più urgenti (affitto degli immobili, rate del mutuo, utenze, acquisti utili alla ripartenza dell’attività, ecc.). Complessivamente sono stati 2.073 i piccoli commercianti/lavoratori autonomi accompagnati in questo tempo.

di Luca M. Possati