Ritratto di Vinicius de Moraes, citato da Papa Francesco nella «Fratelli tutti»

Quell’arte dell’incontro che è la sostanza della vita

Vinícius de Moraes in una caricatura di William22
20 ottobre 2020

Era capace di avvicinarsi con affetto alle più disparate esperienze per poi sintetizzarle in qualcosa di nuovo


Se la vita è l’arte dell’incontro, come ci ricorda il Papa nella Fratelli tutti , colui che ha teorizzato e messo in pratica l’incontro come strumento di ricerca e produzione artistica è stato Vinicius de Moraes al quale si deve proprio la frase citata da Papa Francesco al numero 215 della sua recente  enciclica. Diplomatico, drammaturgo, poeta, musicista Marcus Vinicius da Cruz de Mello Moraes nacque il 19 ottobre 1913 a Rio de Janeiro, città dove morì il 9 luglio 1980.

La sua storia personale e artistica racchiude in sé la capacità di avvicinarsi con curiosità ed affetto alle più disparate esperienze per poi sintetizzarle in qualcosa di nuovo e prezioso. E in fondo cosa è la bossa nova, il genere musicale di cui Vinicius de Moraes è considerato uno dei padri, se non la sintesi di tante suggestioni che in quel periodo, a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso,  attraversavano il Brasile? La bossa nova ha saputo accogliere e fondere con il samba le sonorità jazz che arrivavano dagli Stati Uniti e, con una sensibilità tutta latina, è stata capace di generare una «nuova tendenza» (bossa nova, appunto) che, in una sorta di contro-colonizzazione culturale, ha conquistato i migliori musicisti statunitensi e i mercati discografici di tutto il mondo.

E anche questa è stata una gloriosa storia di incontri. Perché Vinicius de Moraes univa il suo genio a quello di musicisti del calibro di Tom Jobim (a loro si deve la celeberrima Garota de Ipanema  e altri piccoli capolavori come Água de Beber ) di João Gilberto e di Baden Powell. Quest’ultimo scrisse la musica di Samba da Benção  da cui è tratta la frase citata dal Papa nella Fratelli tutti . Il brano venne pubblicato nel 1969 anche in italiano (de Moraes trascorse parecchio tempo  nella penisola negli anni del regime militare brasiliano, raccogliendo  grande successo grazie alle collaborazioni con molti cantanti quali Ornella Vanoni, Patty Pravo e Bruno Lauzi) in un album intitolato non a caso La vita, amico, è l’arte dell’incontro . Sulla copertina del disco, oltre a quello del musicista carioca, compaiono i nomi di Sergio Endrigo e di Giuseppe Ungaretti, al quale è affidata la declamazione di alcune poesie di de Moraes tradotte in italiano. Altri tempi davvero, quelli in cui un disco di successo, invece della voce di un rapper, diffondeva la voce di un anziano poeta. E insieme a quella di Ungaretti, la voce dall’inconfondibile accento brasiliano di Vinicius de Moraes. Non una grande voce, certo, ma capace di raccontare (una dote davvero riservata a pochi) e di suggerire, con molta discrezione, una chiave di lettura dell’esistenza umana. Come nel verso in cui appunto ci avverte che «la vita, amico, è l’arte dell'incontro, malgrado ci siano tanti disaccordi nella vita» o come quando ci ricorda che la bellezza del samba non può prescindere da un briciolo di tristezza.

Un altro grande incontro, quello tra allegria e tristezza. Un incontro tutto brasiliano, di una cultura, a sua volta frutto di un incontro-scontro, che non ha paura di riconoscere e dare diritto di cittadinanza al dolore e alla morte. Una cultura agganciata alla terra e al cielo — dove il trascendente fa parte della quotidianità —  capace di comprendere e trasmettere che senza il dolore non può esistere la gioia e che senza la morte non può esistere la vita. È questo, in fondo, il messaggio che viaggia sulle note del samba, note allegre ma sempre velate — come nella sua saggezza raccomanda  de Moraes — di una nota di tristezza. O meglio  di una nota di saudade , un termine e un concetto che esiste solo in Brasile e che non può essere tradotto, come invece molti pensano, con «nostalgia». La saudade , ha infatti spiegato durante un suo concerto romano Marisa Monte, altra grandissima interprete della tradizione musicale brasiliana, non è la sensazione della mancanza di chi è andato via. È invece la certezza della presenza di chi rimane. Anche se non c’è più.

di Giuseppe Fiorentino