Il Melville di Jean Giono

Per salpare da fermi

Un particolare della copertina di «Moby Dick» (nell’adattamento di Olivier Jouvray e Pierre Alary, Edizioni Dib Buks)
08 ottobre 2020

Mezzo secolo fa moriva lo scrittore francese


Moby Dick viene pubblicato per la prima volta in Francia nel 1939, nei «Cahiers du Contadour». A firmare la traduzione insieme a Lucien Jacques e Joan Smith è Jean Giono, che per tutti gli anni Trenta ha ingaggiato col capolavoro americano («il mio compagno straniero», lo definirà) un corpo a corpo di rara intensità e coinvolgimento.

Nel periodo in cui lavora alla traduzione, Giono scrive una sorta di diario di lavorazione con l’intenzione di ricavarne un’introduzione al libro di Melville. Ma tale è il trasporto vissuto dallo scrittore francese che ben presto il saggio straborda, si trasforma, cambia natura, diventando una narrazione a tutti gli effetti centrata su Herman Melville. Giono la pubblica nel 1941 con il titolo Pour saluer Melville , opera finora inedita in Italia e meritoriamente pubblicata da Guanda con il titolo Melville. Un romanzo (2020, pagine 144, euro 16, traduzione di Leila Beauté). Nel suo racconto Jean Giono immagina Melville negli anni che precedono e accompagnano la stesura della Balena, e lo fa con le caratteristiche che ben conosciamo: prosa limpida e sicura, trasporto per i personaggi, una pensosità appassionata che non smette mai di indagare l’umano in rapporto a ciò che lo circonda. Con rapidi cenni biografici Giono ci fa conoscere la giovinezza dell’americano, i rapporti con la famiglia e i primi viaggi per mare. Offre poi alcune pagine di scoperta ammirazione in cui celebra l’importanza che la prosa melvilliana ha avuto su di lui («La frase di Melville è come un torrente, una montagna, un mare […] questa frase avanza, si solleva e ricade con tutto il suo mistero»). E lo coglie infine in una fase di stallo: Melville è in viaggio a Londra per incontrare i suoi editori, pieno di dubbi su ciò che scriverà; vive un conflitto di desideri, inesorabilmente attratto dalla grande sfida ancora senza nome eppure recalcitrante alla lotta che quella storia, proprio quella, sembra richiedergli: «sono un uomo smarrito». È da questo punto in poi che sovente i piani si confondono, tale è l’immedesimazione di Giono con Melville sul piano della creazione letteraria. E se non è del tutto sbagliato considerare questo romanzo come secondario nella vasta produzione di Giono, tuttavia questa piccola finestrella ci regala uno sguardo inedito e intrigante su molta della produzione del francese, che parlando di Melville parla di sé e sembra raccontarsi con intimità appena velata. Nel suo viaggio Melville incontra, innamorandosene, Adelina White, il cui cognome (oltre a richiamare Moby Dick ) è un preciso riferimento a Blanche Meyer, donna che Giono ha a lungo amato e che in varie vesti compare spesso nei suoi romanzi. L’incontro si rivela decisivo, per il Melville di Giono, per sprigionare il sogno e l’ardire di scrivere Moby Dick . Nelle pagine forse più intense del romanzo, inoltre, Melville ci viene consegnato come segretamente impegnato in una lotta con un angelo, creatura misteriosa e divina che lo segue tentando di convincerlo all’impresa, rinunciando ai compromessi e a una scrittura che si accontenta, quando invece «l’opera è interessante solo se è in lotta continua con l’alto mare sconosciuto. Spetta a me costruire i miei passi e le mie vele. Il gioco consiste nel partire sempre per perdere o per guadagnare tutto». Come Giacobbe, Melville esce dalla lotta con l’angelo con un nome nuovo, ricco di grazia e potenza. Come resistere alla suggestione che questo fosse anche il desiderio di Giono, che ha sofferto in vita (e forse ancora oggi) l’etichetta riduttiva di cantore bucolico della campagna provenzale, e che qui racconta la sua lotta con l’angelo? «L’uomo desidera sempre un oggetto mostruoso. E la sua vita assume valore soltanto se la consacra interamente a tale inseguimento. Spesso non ha bisogno né di ostentazione né di cerimonie; sembra essere confinato saggiamente a occuparsi del suo giardino, ma dentro di sé è già salpato da tempo per la pericolosa crociera dei sogni. Nessuno sa che è partito; sembra esserci ancora; ma è lontano, affronta mari proibiti».

di Enrico Zarpellon