Il cardinale Parolin a Pescara per la festa del patrono san Cetteo

Nessuno si salva da solo

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Un aspetto particolare nella vita san Cetteo, patrono della città e della arcidiocesi di Pescara-Penne, è «la responsabilità sociale». Lo ha evidenziato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato,  durante la messa in occasione della memoria liturgica del santo vescovo. Il rito si è svolto nella cattedrale di Pescara, sabato pomeriggio, 10 ottobre, alla presenza dell’arcivescovo Tommaso Valentinetti e di alcuni membri del clero, dei religiosi e dei fedeli della diocesi.

Si tratta di «una responsabilità  — ha sottolineato il porporato — che nasce dall’amore». A questo proposito, ha ricordato la recente enciclica di Papa Francesco, Fratelli tutti , firmata il 3 ottobre ad Assisi, nella quale si evidenzia che «dall’intimo di ogni cuore, l’amore crea legami e allarga l’esistenza quando fa uscire la persona da sé stessa verso l’altro». Questo documento, ha detto il cardinale, è «un solco tracciato  verso un  futuro».  I tempi e le situazioni cambiano nel corso della storia, «ma per tutti resta la grande questione di una scelta di fondo nella propria vita».  E questa scelta, ha affermato, «nella nostra situazione mi pare sia riassunta dal Papa nella convinzione, resa più viva dalla tragedia globale del covid-19, che nessuno si salva da solo, che solo insieme è possibile salvarsi».
D’altronde, ha fatto notare il segretario di Stato, «navighiamo nella stessa barca» e «siamo responsabili gli uni degli altri». Per il credente, ha aggiunto, si ripete «il paradosso» di cui parla l’anonimo autore della nota lettera a Diogneto. I cristiani, infatti, «sono pienamente inseriti nella storia della propria terra» e come «cittadini partecipano giudiziosamente a tutto», anche se «tendono a una “cittadinanza” superiore», e per questo «sono chiamati a essere per il mondo quello che è l’anima per il corpo».

Il cardinale ha quindi fatto riferimento al brano evangelico di Giovanni, nel quale si presenta «una condizione essenziale della sequela di Gesù». Si tratta, ha detto, di «un cammino di maturazione nella fede». Poi, ha osservato che per essere discepoli di Gesù è necessario “rimanere” nella sua Parola, «perseverando nella fedeltà e vivendo in stretta relazione con lui». Il vero discepolo, infatti, è colui che «accoglie, penetra e vive la Parola di Dio, dimorando in essa». L’unione con Gesù «nella comprensione della sua Parola e nel dono di questa ai fratelli nell’amore è ciò che caratterizza il seguace del Maestro». Questo porta a conoscere la “verità”, cioè la «rivelazione della persona di Gesù», e permette «di sperimentare la sua presenza salvifica e liberatrice».  Essere discepoli di Gesù vuol dire, dunque, «lasciarsi ammaestrare interiormente dallo Spirito di Cristo e dalla sua Parola». La verità che «rende liberi per l’evangelista è Dio stesso, che per amore dell’uomo ha donato il proprio Figlio».
Attualizzando le sue riflessioni, il segretario di Stato ha fatto riferimento ad alcune realtà ecclesiali che contrassegnano la comunità diocesana di Pescara. Tra queste, Radio Speranza che diffonde programmi di cultura cattolica dalla nuova sede, al primo piano del palazzo della curia: è stato lo stesso cardinale a inaugurare e benedire i locali  prima della concelebrazione eucaristica.  Il porporato ha anche ricordato le opere sorte «per rispondere alle esigenze sociali dei nostri tempi», quelle fondate grazie «al fervore e alla lungimiranza» dell’arcivescovo Antonio Jannucci, che «strutturò e guidò» la Chiesa locale dal 1955 al 1990.

«Ho apprezzato particolarmente — ha detto — l’impegno dell’intera Chiesa di Pescara-Penne per accogliere e aiutare le persone in difficoltà attraverso le strutture della Caritas». Anche nel periodo di «massima emergenza sanitaria, non hanno mai arrestato le proprie attività di assistenza». Da qui il ringraziamento a Dio per la realtà ecclesiale «così bella, vivace e feconda», che, sotto la guida del suo pastore e con l’apporto di molteplici carismi ed energie, «annuncia e testimonia il Vangelo in questo angolo dell’Abruzzo e continua a offrire a tutti ragioni per vivere e per sperare».  Poi, l’affidamento di tutta la realtà ecclesiale all’intercessione del patrono, il vescovo e martire san Cetteo, del quale peraltro si conosce molto poco, per l’insufficienza delle notizie storiche pervenute. La sua memoria risale all’alto Medioevo. Si fa riferimento a lui nel Martirologio Romano. La tradizione vuole che Cetteo, ha spiegato il porporato, fosse vescovo «della città italica di Amiternum», intorno all’anno 590. Egli condusse un’assidua «opera di mediazione per giungere alla pacificazione tra due capi di opposte fazioni, nella speranza di interrompere i disordini, i conflitti e le uccisioni che non accennavano a placarsi e che turbavano la pace del suo popolo». Sembra che Papa Gregorio Magno in persona gli abbia dato l’incarico di svolgere l’opera di riportare la concordia tra i due contendenti. Ingiustamente accusato di tradimento venne annegato nel  fiume Aterno-Pescara  con una mola di pietra legata al collo nel 597.