PER LA CURA DELLA CASA COMUNE
Per capire la crisi da coronavirus occorre rileggere i primi passi della Bibbia

Nella «Genesi» un monito inascoltato

Jan Brueghel il Vecchio, «Il Giardino di Eden con la caduta dell’uomo» (1612)
03 ottobre 2020

Riprendiamo ampi stralci dell’articolo del padre gesuita belga Jean-Pierre Sonnet, professore di teologia biblica alla Pontificia Università Gregoriana, che viene pubblicato sul quaderno de «La Civiltà Cattolica» in uscita oggi 3 ottobre. La pandemia di coronavirus è stata annunciata da scienziati lungimiranti, nota il docente, ma molto prima di loro la Bibbia aveva espresso un monito che oggi va ascoltato di nuovo. Lungi dall’essere un’antologia di oscurantismi, afferma l’autore, le sacre Scritture sono «il precipitato di una sapienza immemoriale e profetica»: nel rapporto dell’uomo con gli animali è in gioco qualcosa di divino.

La pandemia di covid-19 e le altre recenti diffusioni di malattie infettive di origine animale nella popolazione umana gettano una nuova luce su uno dei passi più noti della Genesi, il racconto della creazione dell’uomo (...) nei confronti del mondo animale. La crisi del coronavirus è legata, come sappiamo, all’interferenza umana sull’integrità dell’habitat e della vita di animali non domestici; ed è amplificata dal modo di vivere e di spostarsi dell’uomo contemporaneo, che lo rende un propagatore virale ad alta velocità. Lo scoppio della pandemia non ha sorpreso i virologi e gli epidemiologi: il “quadro clinico” del covid-19 era uno degli scenari temuti. Il saggio di David Quammen, pubblicato nel 2012, Spillover: Animal Infections and the Next Human Pandemic, è istruttivo a questo riguardo. In esso il fenomeno dello spillover, il “salto” di un virus da una specie animale alla specie umana, è stato descritto come un copione inevitabile.

Alla voce di Quammen si può aggiungere quella di Richard Leakey, che avverte: «Continuando a mettere sotto pressione gli altri esseri viventi, provocheremo il passaggio di nuovi agenti patogeni dalla fauna all’uomo». Leakey è il paleoantropologo keniota che ha pubblicato nel 1995 un saggio premonitore: The Sixth Extinction: Biodiversity and Its Survival. Cinque importanti estinzioni hanno interrotto bruscamente l’evoluzione naturale dal momento in cui piante e animali hanno iniziato a diversificarsi, circa un miliardo di anni fa. Sono state causate da catastrofi su scala planetaria: grande eruzione vulcanica, cambiamenti climatici, alterazioni nella composizione dell’atmosfera, impatto di un asteroide. Ogni volta il cataclisma ha provocato un’ingente estinzione delle specie viventi. La sesta estinzione ha come causa una specie particolare, la nostra.

Le pagine seguenti vorrebbero indicare che, molto prima di Leakey e Quammen, il testo di Genesi, 1, ha espresso un avvertimento simile. In Genesi, 1, 28, il Dio creatore costituisce Adamo custode delle specie animali e lo rende garante della loro distinzione. Si capisce allora che la Bibbia, lungi dall’essere un’antologia di oscurantismi, è il precipitato di una saggezza al tempo stesso immemorabile e profetica. Essa sa che il (giusto) rapporto tra l’uomo e le specie animali è un luogo temibile, dove è in gioco qualcosa di divino.

Creato dopo gli animali terrestri, l’uomo è, ovviamente, una creatura terrestre, responsabile del dominio terrestre, e questa condizione si riflette sul suo regime alimentare. Egli infatti è creato vegetariano, dedito alla coltivazione e alla raccolta dei frutti della terra. Creato come immagine e a somiglianza di Dio, l’uomo tuttavia diventa, nella missione che riceve in Genesi, 1, 28, l’essere vivente chiamato a esercitare il dominio sugli esseri viventi dei tre regni — aereo, acquatico e terrestre — trascendendo in qualche modo il suo ethos originale.

Come comprendere questa singolare vocazione? La missione di governo affidata all’uomo viene espressa due volte: dapprima nel progetto divino (Genesi, 1, 26: «dòmini [wĕyirdû]»), poi nella sua comunicazione all’uomo (v. 28: «Dominate [ûrĕdû]»). In entrambi i casi questa missione mette in gioco il verbo rādāh («governare, sottomettere, assoggettare»), regolarmente associato a un rapporto di dominio nel contesto delle relazioni umane.

D’altra parte, il contesto non parla in favore di un’interpretazione arbitraria o brutale del governo umano. L’opera creatrice è segnata dalla non violenza divina e l’uomo è l’immagine di questo Dio non violento. Inoltre — come si è visto — egli è stato creato vegetariano, come, d’altra parte, lo sono anche gli animali (cfr. v. 30). Quando riceve la sua missione in Genesi, 1, 28, egli non è né cacciatore né pastore nella sua relazione con gli animali; non ne trae alcun profitto; non esercita alcun rapporto di forza su di loro.

Qual è allora la logica del rapporto fra l’uomo e gli animali come è formulato in Genesi, 1, 26-28? Sono essenzialmente l’essere-immagine e l’essere-a-somiglianza di Dio che rendono ragione del potere dell’uomo sul mondo animale: Dio ha creato i diversi ordini degli esseri viventi sovrastandoli, e l’uomo, immagine di Dio, riproduce in sé qualcosa di questo sovrastare. Come luogotenente (tselem, «statua, immagine») di Dio, l’uomo esercita, nell’immanenza del mondo, una parte della trascendenza divina.

In modo molto elementare, questa trascendenza sta nel fatto che l’uomo è la creatura capace di comprendere il discorso divino sull’ordinamento delle specie (questa capacità cognitiva si riflette e si raddoppia in quella del lettore di Genesi, 1). L’uomo è colui al quale Dio, nel suo discorso, può descrivere il regno animale, biotopo per biotopo. La prospettiva è qui teologica e antropologica.

Il fatto di essere l’unico vivente capace del discorso divino sulle specie conferisce all’uomo un’autorità e una responsabilità che non hanno nulla di formale o di arbitrario. Esse sono dotate di una motivazione profonda, che emerge nella percezione divina della bontà della creazione completata. Dio ha preso atto della bontà delle sue creature durante la settimana della creazione (cfr. Genesi, 1, 4, 10, 12, 18, 21, 25, 31); il sesto giorno, dopo che l’uomo è stato messo in relazione con le specie animali, Dio riconosce che ciò che ha fatto è «cosa molto buona» (v. 31).

Conclusione

Non meno di alcuni approfonditi saggi scientifici degli ultimi anni, la Bibbia si rivela profetica quando si tratta del rapporto dell’uomo con il sistema delle specie animali. Essa sviluppa un «discorso sulle specie», forse arcaico ma coerente, attento al ruolo dell’uomo nell’ambiente degli esseri viventi. Osa fare dell’uomo il custode delle specie, il testimone e il garante della loro distinzione all’interno del sistema dei viventi. Insegna che l’immagine divina nell’uomo è inseparabile dal suo giusto rapporto con l’insieme delle specie animali. La lettura cristiana della Bibbia nel tempo non ha valorizzato questa linea di interpretazione, e c’è stato bisogno dell’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco (2015) perché un documento del magistero fosse dedicato esclusivamente alla questione della protezione della creazione.

di Jean-Pierre Sonnet